Alluvione a Campi Bisenzio, tensione all'assemblea pubblica: «Gli argini non erano rinforzati, la Soprintendenza bloccò i lavori»
Il sindaco Andrea Tagliaferri incontra i cittadini e se la prende con la burocrazia. La rabbia dei campigiani: «Non ci avete avvisato in tempo, siamo stati lasciati soli»
CAMPI BISENZIO. «C’è un progetto del 2006 per tutto l’argine della Marina, ma è stato realizzato solo in parte, la parte di Villa Montalvo non è stata fatta per parere negativo della Soprintendenza». Davanti a una sala stracolma e infuriata che chiede perché in una notte ha perso tutto, il sindaco Andrea Tagliaferri tira una stoccata agli enti che avrebbero dovuto fare di più per impedire il disastro che ha colpito 30mila persone. Prova a raccontare quei lavori iniziati: «La difesa arginale non è in capo al Comune, spetta al Genio civile», quell’argine che ha retto nel tratto in cui sono stati eseguiti, per poi crollare sotto la furia della Marina a Villa Montalvo, ed è pronto ad andare oltre: «Ci stiamo muovendo con i legali, non ci tiriamo indietro davanti all’ipotesi di costituirci parte civile».
Più di 500 i campigiani che stasera si sono riuniti per la prima assemblea indetta dal sindaco dopo l’alluvione del 2 novembre, persone che vogliono risposte, che chiedono conto dei ritardi nei soccorsi e nella comunicazione, che vogliono capire di chi è la responsabilità per quello che è successo, che pretendono dal primo cittadino che vada a battere i pugni col governo e la Regione per avere i risarcimenti.
C’è tensione nell’aria, Tagliaferri cerca di ricapitolare cos’è successo, ma tra il pubblico c’è chi protesta, qualcuno ogni tanto alza la voce: «Non si è visto nessuno», «L’hai data alle 21 l’allerta, bisognava passare col megafono», «Bisognava suonare le campane», «Vieni qui se hai coraggio». Di quando in quando il nervosismo sale, poi gli animi si calmano per riaccendersi poco dopo. In un paio di occasioni il sindaco sbotta, fa capire ai cittadini che la loro rabbia è la stessa che prova lui, risponde alle accuse di chi dice che non si è visto: «Ero dove dovevo stare, nella sala della protezione civile per 72 ore, non mi sono fatto le foto a spalare il fango».
Non risparmia frecciate alla Regione: «L’arancione è del tutto inefficiente davanti a una piena del genere» e allo Stato «L’esercito è arrivato 10 giorni dopo e solo con una decina di uomini». Il resto è il racconto di quella notte che ha portato via case, auto e lavoro, i ricordi e i sacrifici di una vita a una popolazione intera, il tentativo di dare una spiegazione davanti a quanti protestano per i mancati avvisi. «Dalla mattina avevamo attivato la sala di protezione civile con tutti i volontari e sei auto sul territorio dalle 17 – ricapitola il sindaco –. Alle 18 la nostra Protezione civile stava già intervenendo sulle emergenze dovute al nubifragio. A quel punto c’è stata prima la rottura del Bisenzio a nord, nella zona industriale di Capalle, poi la Marinella ai Gigli e il Ciliegio che ha tracimato e rotto, dopo ha tracimato il Bisenzio al ponte della Rocca. Avevamo già avvertito i vigili del fuoco e il prefetto, tutte le nostre squadre erano impegnate a gestire l’emergenza e il solo mezzo che avevamo per avvertire i cittadini era online». Poi la rottura della Marina, il fiume di acqua e fango che si riversa sulle strade fino a raggiungere San Piero a Ponti e tutta l’area che diventa raggiungibile solo con i mezzi natanti «ma con solo cinque mezzi – prosegue – non ce l’abbiamo fatta ad arrivare a tutti».
L’acqua che non defluisce intanto trasforma Campi in un gigantesco lago. Le persone ascoltano, ogni tanto qualcuno prede la calma, grida «In 30 anni non è stato fatto niente», Tagliaferri prova a calmare gli animi: «Dal ’91 di interventi ne sono stati fatti, sono stati spesi milioni». Nel mirino della gente anche la vecchia amministrazione: «Perché non hanno battuto i pugni per far rifare quell’argine?». E poi il dramma di centinaia di persone. C’è chi rivive quei momenti tra le lacrime: «Ho solo pensato a salvare mia figlia di 18 mesi, ma ora non ho più dove andare. Rivoglio casa mia». E poi la rabbia per le auto non conteggiate dal governo per i risarcimenti. Tagliaferri cerca di trasformare quella rabbia in forza, in comunità: «Se ci sarà bisogno di una mobilitazione, dovremo esserci tutti».