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Stragi di Firenze, l’anti-mafia indaga sui miliardi di Berlusconi: spariscono gli atti

di Matteo Leoni
Stragi di Firenze, l’anti-mafia indaga sui miliardi di Berlusconi: spariscono gli atti

Firenze, la consulenza trafugata dal fascicolo di inchiesta sulle stragi del ’93-’94. Riguarda somme cash «non tracciabili» comparse all’origine dell’impero Fininvest

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FIRENZE. C’è una consulenza che scotta. È stata disposta dalla procura di Firenze nell’ambito dell’inchiesta sui presunti mandanti esterni delle stragi di mafia del 1993 e del 1994 nella quale sono indagati anche Silvio Berlusconi e l’ex senatore Marcello dell’Utri. È stata affidata a due esperti in materia fiscale. Come anticipato ieri da La Repubblica , i consulenti della procura fiorentina avrebbero individuato oltre 70 miliardi di lire di provenienza non chiara, finiti nelle casse dell’impero (nascente) di Berlusconi. Solo che questa consulenza è scomparsa. Non persa nel marasma degli uffici giudiziari, ma trafugata. Rubata da un plico di atti giudiziari in transito dal tribunale del riesame di Firenze a Roma, direzione Suprema Corte di Cassazione.

Per scoprire chi ha sottratto l’atto, la Procura di Firenze ha già aperto una nuova inchiesta. La consulenza era stata commissionata dai magistrati fiorentini allo scopo di portare eventuali prove sui legami tra gli indagati nell’inchiesta fiorentina e Cosa Nostra. Perciò la procura ipotizza i reati di sottrazione di corrispondenza e favoreggiamento, entrambi contestati con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa. Il sospetto degli inquirenti è che quelle carte, che dovevano restare riservate e sconosciute agli indagati, siano finite nelle mani di persone quantomeno contigue alla mafia. Una situazione molto delicata, anche se il fascicolo è stato ricomposto. E copia della consulenza recuperata. Ma la gravità del fatto resta. Soprattutto perché sono in pochi ad avere accesso ad atti così riservati su cui i consulenti hanno lavorato con grande riservatezza per mesi. I tecnici, infatti, h anno setacciato centinaia e centinaia di documenti, analizzando i flussi finanziari del gruppo Fininvest negli anni Settanta e Ottanta. È quello che emerge è, appunto, una somma enorme di denaro di provenienza non chiara che, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbe finito nelle casse dell’impero di Berlusconi: 70 miliardi e 450 milioni di lire, la cui origine non risulta al momento decifrabile.

Per l’accusa, i soldi finiti sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori sarebbero transitati nelle società che hanno dato vita al gruppo Fininvest, come riportato ieri da La Repubblica , nel periodo compreso tra il 1977 e il 1980. Per la maggior parte si tratterebbe di somme in contanti, definite dai consulenti come degli «innesti finanziari» non tracciabili. Il denaro sarebbe comparso sotto forma di acquisizioni di società, effettuate da Fininvest, che sarebbero state oggetto di cospicue ricapitalizzazioni proprio alcune settimane prima di passare al gruppo del Biscione. Un’analisi dettagliata, quella eseguita dai consulenti dei pm fiorentini impegnati a vagliare possibili legami soprattutto di natura finanziaria con Cosa Nostra, che rileva la presenza di ombre in relazione alla nascita del gruppo Fininvest. Una parte dei flussi di denaro emersi, pari a 16, 9 miliardi di lire, erano già finiti all’attenzione degli inquirenti: indagini finite con un’archiviazione per Berlusconi dall’accusa di riciclaggio. La nuova consulenza disposta a Firenze, però, getta luce su un patrimonio ben più ampio.

La consulenza era tra gli atti depositati dai procuratori aggiunti Luca Tescaroli e Luca Turco (oggi procuratore capo facente funzioni) nel fascicolo destinato al tribunale del riesame di Firenze, incaricato di decidere sull’annullamento delle perquisizioni a Nunzia e Benedetto Graviano, fratelli non indagati del boss Giuseppe Graviano già condannato per le stragi di mafia. I fratelli del boss erano stati perquisiti nell’ottobre del 2021 su delega della procura, alla ricerca di elementi di prova che sostenessero le dichiarazioni fatte in carcere da Giuseppe Graviano, riguardo alla partecipazione finanziaria di suo nonno Filippo Quartararo alle attività economiche di Berlusconi. Dopo che il tribunale del riesame di Firenze aveva rigettato la richiesta di annullamento del sequestro, l’avvocato dei Graviano aveva presentato ricorso in Cassazione, ottenendo un annullamento con rinvio al riesame, che ha nuovamente rigettato. È in questo momento, quando il difensore dei Graviano ha presentato il suo secondo ricorso in Cassazione, che le carte sono sparite. Il plico partito dal Palazzo di Giustizia di Firenze è arrivato negli uffici della Suprema Corte, ma ci è arrivato vuoto. Il fascicolo dal quale provengono quelle carte è il 4703 del 2020. Nel plico, poi ricostituito e inviato nuovamente a Roma, erano presenti deposizioni di alcuni collaboratori di giustizia sui rapporti tra mafia e politica, informative della direzione antimafia e la consulenza di due esperti in materia bancaria sui flussi finanziari relativa agli inizi della storia del gruppo Berlusconi negli anni Settanta.

Sul caso a novembre del 2022 è stata anche un’interrogazione parlamentare da parte del Movimento Cinque Stelle. «La lacerazione del plico – si legge nella risposta inviata dai magistrati fiorentini – induce a ritenere che si sia trattato di una sottrazione volontaria». «La documentazione – prosegue il documento – afferiva ad atti d’indagine non conosciuti e non conoscibili da parte degli indagati». I pm fiorentini hanno aperto un’inchiesta anche sul caso della sparizione, e sono al lavoro per identificare i responsabili. Gli accertamenti effettuati fino a questo momento portano a escludere che il plico sia stato aperto negli uffici della Cassazione a Roma. Il reato sarebbe stato commesso a Firenze, o più probabilmente il fascicolo potrebbe essere stato intercettato nel viaggio tra il capoluogo toscano e la Capitale.

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