Accusato da una ragazza americana, l’ex carabiniere va in Cassazione: «Violenza? Lei non disse mai di no»
I legali di Costa impugnano la sentenza di appello davanti alla Corte Suprema, chiedono di risentire di nuovo la ragazza americana: «Vogliamo porle altre domande»
FIRENZE. Hanno presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza di secondo grado i difensori di Pietro Costa, uno dei due ex carabinieri, insieme al collega di pattuglia Marco Camuffo, accusati di violenza sessuale per aver abusato di due studentesse americane nella notte tra il 6 e il 7 settembre 2017 a Firenze, dopo averle accompagnate a casa dalla discoteca Flò con l’auto di servizio. Il 5 aprile del 2022 Costa è stato condannato dalla corte di appello a quattro anni di reclusione. Adesso la sentenza è stata impugnata davanti agli Ermellini. Tra le richieste avanzate nell’istanza presentata, quella di disporre un nuovo processo di appello per poter sentire la giovane statunitense che ha denunciato di essere stata violentata da Costa. La giovane è stata ascoltata una sola volta in incidente probatorio durante le indagini che hanno portato al processo di primo grado. «Torniamo in appello e risentiamo la ragazza – afferma l’avvocato Daniele Fabrizi, che difende l’ex militare insieme alla collega Serena Gasperini – e soprattutto torniamo in appello e valutiamo le dichiarazioni che ha reso la ragazza in incidente probatorio, dove ha detto di non aver mai espresso un dissenso a un rapporto sessuale». Secondo l’accusa, la ragazza non sarebbe stata in grado di manifestare la sua volontà, perché in condizioni di minorata difesa dovute all’abuso di alcolici.
«La ragazza disse – aggiunge Fabrizi – , alla domanda se avesse manifestato un dissenso, disse che non ricordava neanche di averci parlato col carabiniere, e quindi non era in grado di dire che cosa avesse detto, però confermava che si erano baciati consensualmente». «Abbiamo fatto ricorso – prosegue – anche su altri aspetti. In sede di incidente probatorio l’accusa verso Pietro Costa era violenza sessuale per induzione, ossia lui era accusato di avere avuto un rapporto consensuale con una ragazza che aveva bevuto. Dopo l’incidente probatorio l’accusa è stata cambiata in violenza sessuale per costrizione. Dopo il cambio d’imputazione in dibattimento abbiamo chiesto di poter risentire la ragazza, per poterle fare altre domande, ma questo non ci è stato concesso».
Ben diverso lo scenario tratteggiato dai giudici che hanno condannato Costa in secondo grado, secondo i quali l’uomo avrebbe dato una versione «irreale» dei fatti, sostenendo in aula di essere stato «sedotto» dalla giovane Usa. Quella sera, affermano i giudici nella sentenza, la vittima «ha espresso il suo no» ripetendolo «più volte». Per tale motivo, a Costa «era palese il dissenso della ragazza». La notte tra il 6 e il 7 settembre i due carabinieri accompagnarono le ragazze a casa dalla discoteca Flò, poi le seguirono nell’androne del palazzo dove alloggiavano e abusarono di loro. Il collega di Costa, Marco Camuffo, è stato condannato in via definitiva e quattro anni e due mesi.
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