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La protesta

Empoli, tutta la scuola scende in strada e si rivolta contro la preside: «Se ne deve andare»

di Martina Trivigno

	Alcuni momenti del sit-in di ieri in via Bonistallo davanti ai cancelli della scuola (Fotoservizio Juri Autovino)
Alcuni momenti del sit-in di ieri in via Bonistallo davanti ai cancelli della scuola (Fotoservizio Juri Autovino)

Il comitato degli studenti del Ferraris-Brunelleschi di Empoli ha organizzato un sit-in fuori dai cancelli della scuola. «Da due anni ci vengono negati i diritti: abbiamo buoni motivi per manifestare»

02 aprile 2023
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EMOPLI. «Vogliamo che la preside se ne vada». Parole dure, vergate di nero su un lenzuolo bianco, appeso fuori dall’istituto. Dicono di volere «una scuola democratica». E che «l’Inferno va bene ma soltanto nella Divina Commedia». L’"inferno" a cui si riferiscono gli studenti del Ferraris-Brunelleschi è l’insieme di tante cose. «Assemblee negate, laboratori cancellati, bagni inutilizzabili, infiltrazioni d’acqua, problemi strutturali al tetto», dicono i ragazzi. La loro voce è ferma, dubbi non ne hanno. Sono lì, in via Bonistallo, fuori dai cancelli della scuola per un motivo. «Crediamo che sia una giusta causa per fare una protesta - commenta Joaquin Tejada, rappresentante d’istituto ma non organizzatore del sit-in di ieri - e, soprattutto, per reclamare i diritti che negli ultimi due anni ci sono stati tolti». Il riferimento dei ragazzi è alla dirigente scolastica Grazia Mazzoni che Il Tirreno ieri ha provato a contattare più volte, senza però ottenere risposta.

Gli studenti, megafono alla mano, si danno il cambio durante gli interventi, gli altri intorno, a semicerchio. Quando finiscono di parlare, parte l’applauso. «Ogni studente di nazionalità straniera ha il diritto di imparare l’italiano - prosegue Tejada - ma qui, al Ferraris-Brunelleschi, non era possibile fino a febbraio. Significa, per chi ha iniziato a settembre, aver frequentato le lezioni senza un docente che gli insegnasse l’italiano. E che dire dello psicologo della scuola? È stato inserito a febbraio, ma senza che venisse spiegato a noi studenti come beneficiare di questo importante servizio». I ragazzi del Ferraris-Brunelleschi sono un fiume in piena. Parlano delle assemblee di istituto che avrebbero voluto organizzare ma che, secondo il loro racconto, sarebbero state negate dalla dirigente scolastica. «Siamo molto dispiaciuti, poi, che sia stato cancellato il laboratorio di teatro - prosegue il comitato degli studenti - . Era un vanto per la nostra scuola, un elemento di prestigio. Molti di noi hanno scelto questo istituto proprio per il laboratorio di teatro. E, ora, è venuto meno».

Ci sono poi i problemi strutturali dell’istituto che, già a dicembre, erano finiti sotto i riflettori con un’altra manifestazione. «Chiediamo le assemblee, i progetti che c’erano prima - sottolineano gli studenti - senza la paura che il tetto crolli da un momento all’altro o che piova in classe. E poi ci sono le prove d’evacuazione che, dall’inzio dell’anno a oggi, non abbiamo mai fatto. Eppure sarebbe importante, visto le condizioni in cui versa l’edificio in cui passiamo la maggior parte del nostro tempo». A un tratto i ragazzi iniziano a mostrare delle foto. Le immagini scorrono sul display dei loro smartphone e mostrano i bagni. «Molti sono inagibili - proseguono - : c’è la muffa e la ruggine sulle pareti e il pavimento in alcuni punti è sollevato. Non capiamo come in una scuola frequentata da oltre 1.000 studenti non sia garantita l’igiene. Spesso, poi, c’è un unico bagno per donne e uomini. Tutto questo è inaccettabile». Ormai hanno deciso: gli studenti del Brunelleschi-Ferraris non si fermeranno. E, ne sono certi, continueranno la loro battaglia per i diritti. «Ci siamo ritrovati qui per far arrivare la nosttra voce il più lontano possibile - conclude il rappresentante d’istituto Tejeda - . Parlo in rappresentenza di tutti gli studenti che hanno partecipato al sit-in davanti all’istituto e anche di chi non ha potuto essere presente. Ciò che reclamiamo è semplice: i nostri diritti che, negli ultimi due anni, ci sono stati tolti. La nostra voce sia ascoltata da tutti. Siamo qui per questo».

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