Sos erosione a Cecina, l’esperto: «Le isole? Ecco perché sono una soluzione di transizione»
Il professor Pranzini: «Si rischia che il problema si sposti a sud». Sabbie e effetti del porto? «Mai più fatto un monitoraggio»
CECINA. Le piattaforma-isola? Possono essere utili, ma sono pur sempre una soluzione di transizione. E poi il rischio è sempre quello, che una volta completate, l’erosione si sposti più a sud. E allora che facciamo: ora difendiamo Cecina poi fra qualche anno saremo costretti a intervenire a Bibbona o a Baratti?
Enzo Pranzini è un’istituzione tra chi si occupa di difesa della costa. Già professore all’Università di Firenze, titolare della cattedra di Dinamica e Difesa dei litorali, conosce bene la costa livornese e soprattutto Cecina. Realizzò, per conto dell’Università, uno studio sugli effetti del porto prima che ne fosse autorizzata la costruzione, si occupò con la Provincia di Livorno del piano di interventi con i pennelli verticali (“già allora avevo suggerito l’applicazione di alcune isole”, spiega oggi), ha scritto più di 300 articoli scientifici e pubblicato 15 libri sulla materia oltre aver coordinato diversi progetti nazionali di ricerca per la gestione integrata delle aree costiere.
Il recente dibattito sullo stato in cui versa la pineta del Tombolo Sud dopo le ultime mareggiate, con la spiaggia che si è ristretta a un fine lembo di sabbia e i pini più prospicienti al mare di cui permangono desolanti scheletri, ha richiamato anche la sua attenzione. Lo abbiamo contattato per fare il punto sulle recenti misure adottate a tutela della costa a sud di Cecina, quella più esposta all’erosione.
Intanto un dato. Pranzini è convinto che oggi non possiamo difendere tutte le coste del mondo di fronte a fenomeni naturali sempre più impattanti come l’innalzamento del livello del mare e il sempre più scarso apporto sedimentario dei fiumi. Ma dovremo fare delle scelte. Decidere, in sostanza, dove è necessario e opportuno intervenire. «Bisognerà rinunciare da qualche parte, arretrare nelle zone non urbanizzate e popolate e concentrarsi laddove ci sono centri, comunità e dove la difesa della costa significa anche difesa oltre che dell’ambiente e del paesaggio anche dell’economia».
E allora gli 8 atolli di pietra di 40 metri di diametro non servono a nulla?
«Intanto io preferisco chiamarli piattaforma-isola – spiega Pranzini –, o secche artificiali come le chiamava il secondo inventore Sirito. Ma non è che non servono a nulla. Gli effetti ci saranno, ma vanno misurati. E poi il rischio è che il problema si sposti a sud di queste barriere. Io ne avrei messe 2-3, sfumate, per analizzare gli effetti. E magari sarei partito da sud verso nord, cominciando con l’ultima sovraflutto. Ma ripeto: stiamo parlando di una soluzione di transizione».
Giusto prevederne di questo diametro e posizionarle a 60 metri dalla costa?
«Non entro nel merito anche perché occorrono studi di modellistica e immagino che siano stati fatti».
Queste isole, in sostanza, non sono una novità?
«No. In Italia ne sono state costruite molte negli anni ’60 e ’70, in particolare in Liguria, e in genere venivano rinforzate e stabilizzate al centro con un anello di calcestruzzo. È evidente che queste opere non creano la sabbia e, se non vogliamo indurre l’erosione nei settori adiacenti, bisogna affiancarle con un ripascimento artificiale».
Lei sostiene che i fiumi, come il Cecina, non portino più nulla. È così?
«Negli anni ’70 facemmo uno studio in cui evidenziammo che uno dei problemi per l’apporto di sedimenti del fiume era quello delle cave. Così decidemmo di chiudere l’attività estrattiva in Provincia di Livorno e Pisa, ma restava la parte di Siena. Oggi, a oltre 40 anni, la potenzialità del fiume si è ristabilita ma non si può dire che ci sia l’apporto di sedimenti di una volta».
Oggi quali sono gli effetti del porto sulla costa?
«Quando fu realizzato il porto erano chiaramente previsti degli effetti tanto è vero che fu commissionato uno studio all’Università il cui esito non era favorevole, ma era stato stabilito, per esempio, che si procedesse all’utilizzo dei sedimenti del fiume e soprattutto era a carico della società del porto l’effettuazione di un monitoraggio della linea di costa che, mi pare, è stato fatto per pochissimo tempo poi è stato abbandonato. Ecco perché, in assenza di rilevamenti, non so dire come oggi interagisca. Mi pare che anche il pennello che è stato fatto sia per cercare di dare un po’ di simmetria alla foce. Ma ripeto, serve un monitoraggio per verificare cosa è cambiato».
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