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Il prof di Viareggio innamorato dei Beatles: «Ve li racconto a modo mio»

di Stefano Pasquinucci
Una storica foto dei Beatles e il professor Alberto Mario Banti con il suo libro dedicato ai Beatles
Una storica foto dei Beatles e il professor Alberto Mario Banti con il suo libro dedicato ai Beatles

Alberto Mario Banti è l’autore di “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”. «Così i quattro di Liverpool hanno rivoluzionato la musica di ogni tempo»

15 maggio 2024
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VIAREGGIO. Alberto Mario Banti è uno storico di fama nazionale. Insegna Storia Culturale presso l'Università degli Studi di Pisa e le sue lezioni, affollatissime, sono sempre momento di stimolante apprendimento e ventaglio di riflessioni. Stessa cosa vale per le occasioni pubbliche alle quali partecipa e per la piacevolissima lettura dei suoi libri (“La nazione del Risorgimento”, “Eros e virtù. Aristocratiche e borghesi da Watteau a Manet”, “Wonderland. La cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd”, tanto per citarne alcuni). Ed è proprio per il suo ultimissimo volume che lo incontro nella casa di Lido di Camaiore. Ci sistemiamo in salotto, seduti davanti ad un grande mobile che contiene libri, dischi ed un impianto per il loro ascolto. Scenografia ideale per parlare di “The Beatles: Sgt, Pepper's Lonely Hearts Club Band” pubblicato in queste settimane per la Carocci editore, serie “Dentro la musica”, diretta da Giovanni Bietti nella quale possiamo trovare volumi dedicati a Bach, Beethoven, Puccini e Schubert.

Come nasce Professore questa idea?

«Avevo all'incirca trent’anni. In una libreria che oggi non c'è più (La Rinascita a Viareggio) acquistai “Storia sociale del jazz” di Eric J. Hobsbawm. Mi piacque molto, mi appassionò così tanto da indurmi a pensare che anche io avrei scritto una storia sociale: quella del Rock. Non era ancora il momento, però. Accantonai il progetto ed intrapresi la carriera universitaria, vivendo e concretizzando altre esperienze. Ma ecco che qualche mese fa mi telefona Giovanni Bietti che mi chiede un libro per la sua collana. Voleva una storia collegata alla popolar music e, nello specifico, all'introduzione di un album dei Beatles. Non esitai ad accettare e ad indicare “Sgt. Pepper's” che ritengo essere il lavoro epocale del quartetto di Liverpool».

Perché?

«Il gruppo, che all'origine poteva essere considerato una boy band che proponeva canzoncine pop di altissimo livello, dal 1965 inizia un percorso di trasformazione e cambiamento creativo, musicale e poetico. Terminato il tour a fine agosto del 1966, per tre mesi, seguono ciascuno i propri interessi. Si ritrovano in studio a fine novembre. C'è da realizzare il nuovo disco. Paul Mc Cartney ha un'idea, quella di creare il primo “concept album” della storia musicale in cui tutte le canzoni contribuiscano a dare un significato complessivo ai contenuti proposti. Il filo conduttore potrebbe essere quello dei luoghi della memoria e dell'infanzia ai tempi di Liverpool. Lennon condivide. Ci sono già due pezzi pronti. Si tratta di “Strawberry Fields Forever” e di “Penny Lane” che, però, la Emi chiede di pubblicare in un 45 giri, protestando perché il periodo di Natale non aveva fatto registrare nessuna loro nuova uscita. I pezzi arrivano sul mercato a febbraio 1967, proposti come doppio singolo con due facciate A (a ribadire il valore delle canzoni) e riscuotono un grandissimo successo. Vengono così esclusi dalla scaletta dell'LP in fase di lavorazione. “E' stato il più grande errore della mia vita”, dichiarerà anni dopo il produttore George Martin. L'idea del concept, comunque, un poco resta, nel senso che il disco si presenta come un concerto di una fantasticata band psichedelica, quella del Sergente Pepe. Un' unica traccia che inizia con effetti audio del pubblico, gli accordi degli strumenti e la presentazione dei componenti che lanciano il secondo brano, annunciando sulla scena l'ipotetico cantante Billy Shears che, in realtà, è Ringo Starr, voce di "With a Little Help from My Friends" (memorabile la versione di Joe Cocker proposta, tra l'altro, il 17 agosto nell'indimenticabile apparizione al festival di Woodstock). A seguire tutti gli altri, suddivisi tra lato A e lato B».

In tutto i pezzi sono tredici, compresa la ripresa di "Sgt. Pepper", tra gli applausi del pubblico e le strimpellate di una chitarra acustica, preludio a quello che potremmo definire una sorta di bis: “A Day in the Life”, una delle canzoni più belle che i Beatles abbiano mai scritto.

«All'epoca, tanti ragazzini e ragazzine scappano di casa per sperimentare un percorso hippy. Il pezzo è il racconto, di elevata intensità creativa, della storia di una ragazza che decide di andarsene e di tutta la preoccupazione che sta provando, affiancando in controcanto l'ansia dei genitori ed il trauma che coinvolge in particolar modo la madre. L'arrangiamento con arpa e un doppio quartetto d'archi, contribuisce a creare una straordinaria atmosfera in grado di sollecitare profondamente le corde dei sentimenti di chi ascolta».

La puntina dei nostri occhi scorre veloce tra i solchi delle pagine del libro che, al di là dell'album, della qualità dei brani, dà voce a tanti altri argomenti, aggiungendo un interessantissimo contributo sulla comprensione musicale dei testi firmato da Pasquale Laino, una esaustiva cronologia della vita e delle opere dei Beatles, un glossario ed una interessante bibliografia e discografia. Tutte cose da leggere, più che cercare di descrivere e contenere nello spazio limitato di una chiacchierata.

Qualche spunto, prima di concludere, comunque, possiamo aggiungerlo. Quali?

«Il fatto che i Beatles dialoghino consapevolmente con i valori, le pratiche sociali e le esperienze della controcultura statunitense ed in particolare di quella californiana. Le descrizioni delle esperienze con Lsd e l'idea che l'acido lisergico possa aprire la mente. La spiritualità orientale indù tanto cara a George Harrison. Il senso di comunità. La nascita di un gruppo socio-generazionale a parte che sono i giovani, favorito da una scolarizzazione di massa sempre più ampia che individua nei genitori e nei professori la propria controparte. Giovani che usano la musica, scelgono la musica quale elemento identitario. Infine, tornando all'album, la presenza dei testi delle canzoni sul retro (è la prima volta che accade), i circa 70 personaggi e gli oggetti che caratterizzano la copertina, chiaro esempio di pop art al pari della banana creata da Andy Warhol per un disco dei Velvet Underground. Un cartone interno con elementi da ritagliare che divertirono i proprietari, facendo poi disperare i collezionisti che acquistano il vinile senza più la loro presenza... E potrei continuare ancora per molto».

Verissimo, ma dobbiamo fermarci. Una sosta temporanea. Il viaggio, infatti, può continuare leggendo il libro, magari avendo negli occhi e/o tra le mani l'originale dell'album e nelle orecchie l'incredibile esibizione della Banda del Club dei Cuori Solitari del Sergente Pepe che invita tutti a “metterci comodi, perché ha inizio la serata...”. Buona lettura e buon ascolto. E per chi vuole l’appuntamento è per venerdì pomeriggio al Grand Hotel Royal a Viareggio con Alberto Mario Banti e il suo libro con un interlocutore d’eccezione: Mimmo D’Alessandro.
 

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