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L'intervento

Il fuoco non incenerirà la nostra Storia, le colline della Versilia torneranno alla vita

Adolfo Lippi
Il fuoco non incenerirà la nostra Storia, le colline della Versilia torneranno alla vita

Dal colle di San Jacopo che sovrasta Massarosa a Gualdo, da Fibbialla a Pieve a Elici è prezioso il patrimonio culturale che i luoghi violentati dall’incendio ancora custodiscono

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Massarosa È un territorio, quello che è bruciato, tra Massarosa e Camaiore di grande risonanza storica. Oggi lo abitano molti cittadini della piana, vendute le loro case ai bagnanti. Ma in antico, longobardi, lucchesi, pisani vi costruirono case, strade poiché la piana da Torre del Lago al Cinquale di Versilia era palude e per vivere bisognava salire i colli, quelli a ridosso delle colline che sono bruciate con grave danno ambientale e culturale. Massarosa da “Massa Grausi” (fattoria da Grauso) già dal IV secolo a. C. vide sorgere nuclei abitati. A due passi era stata fatta la bonifica delle Fosse Papiriane (dal nome del console Papiro) e la zona era traversata da una strada, l’Aemilia Scauri che collegava Volterra a Luni.

Perché tanto interesse romano? Lo testimoniano le tante ville ritrovate sul Massaciuccoli. I romani intendevano, già in epoca repubblicana, l e II° secolo a. C. , espandersi a nord. Ma avevano un forte nemico, gli Apuliguri che abitavano le Apuane e difendevano con le armi i territori fino alla bassa Versilia. Ebbene i romani fecero di Pisa il loro accampamento militare e presero a disturbare gli Apui spingendosi al colle di Montramito che divenne testimone dì epiche battaglie. I romani le vinsero (poi, però una loro colonna venne distrutta in Garfagnana) e risalirono fino in Liguria che diventò una colonia fedelissima nelle guerre successive contro i Galli. Ma fu nella successiva epoca longobarda che il nucleo originario prese il nome di “Massa” che voleva dire fattoria e “Grausi” dal possidente germanico Grauso e quei bassi secoli videro accendersi nuove battaglie tra i piccoli feudatari, i Cattani (vassalli versiliesi dell’Impero) fino a che nel 933 il re Ugo di Provenza e suo figlio Lotario donarono il borgo ai canonici di San Martino di Lucca che ne divennero proprietari e protettori. Senza pace. Poiché cominciarono allora le incursioni saracene e i massarosesi dovettero costruire un castello, il “Castellaccio” lungo la via Campaletti.

Ma il castello non impedì che i saraceni assalissero Massarosa deportando ad Algeri buona parte della popolazione. Un’altra rovinosa incursione la fece il capitano di ventura Uguccione della Faggiola nel 1314 che pagato da pisani assalì Lucca e le sue colline distruggendo interamente il Castelluccio.

Nonostante le guerre Massarosa crebbe di importanza. Nel 1487, a piedi del colle di San Jacopo, sorse un ospedale (di “San Lorenzo”), che dava ospitalità ai pellegrini. E grazie alle bonifiche molti coloni poterono discendere verso la piana protetti, dal 1543, da uno statuto, leggi che rimasero inveriate fino all’Unità D’Italia.

Assai importante anche la presenza della Chiesa. Già nel 766 venne fondata la chiesa Domini del Volto Santo che poi per vari accrescimenti divenne la parrocchiale con opere di rilevante importanza quali la “Madonna con bambino” di Bartolomeo Neroni detto il Riccio, la “Madonna in Gloria” di Giovan Domenico Ferrucci, il “Fonte battesimale” di Michele Marcucci. Assai interessanti anche gli altri minori abitati di Massarosa. Gualdo, il paese accerchiato dalle fiamme, dal germanico Wald (selva) , tra boschi di acacie e pini, è una stupenda struttura medioevale ancora intatta. Le case possiedono ancora un forno privato e pochi sono i palazzetti signorili. Già nel 1224 il Papa, nientemeno, dovette intervenire per frenare gli appetiti dei signori di Montemagno che voleva o impossessarsi del borgo che, primo in Lucchesia, si dette uno Statuto nel 1266 che lo rese indipendente da Massarosa. Le case sono tutte in pietra e di pietra è il carattere degli abitanti che hanno dovuto difendersi dalle fiamme. Fibbialla o “Villa di Flavianus”, antico proprietario romano, fu in antico spesso preda del signore di Montemagno, certo Ildebrando che fu però fermato nelle conquiste da Matilde di Canossa e dovette riconoscere la proprietà del borgo ai canonici lucchesi di San Martino. A Fibbialla sorge, tra secolari castagni, l’antica chiesa di S. Pietro mentre è andato perduto uno Spedaletto che serviva a soccorrere i pellegrini. A Fibbialla si giunge adesco con due comode strade asfaltate. La natura ora devastata dall’incendio era intatta e stupenda. Su questi colli, Paolina Bonaparte e Giacomo Puccini fecero, in tempi moderni, le loro scorri bande. Pieve a Elici o Plebes ad Ilacem (Popolo del lecco) possiede una chiesa fantastica, già edificata da Matilda di Canossa, ora sede di concerti ed eventi culturali. E da Pieve a Elici si godono panorami stupefacenti. Tutto dovrà tornare come prima, meglio di prima. l

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