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La strage di Viareggio
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Strage di Viareggio, assili corrosi e scarsa manutenzione: tutti sapevano i rischi fin dal 2005

Donatella Francesconi
Strage di Viareggio, assili corrosi e scarsa manutenzione: tutti sapevano i rischi fin dal 2005

Le motivazioni della sentenza di Cassazione sono nette sul tema delle responsabilità lungo i binari tra Europa e Italia

08 settembre 2021
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VIAREGGIO. C’è un “cuore” dell’intera vicenda del disastro ferroviario di Viareggio che è stato affrontato di petto fin da subito dai pm della Procura di Lucca, Giuseppe Amodeo e Salvatore Giannino: quello della manutenzione dei carri ferroviari trasportanti merci pericolose e il relativo allarme che era stato lanciato dall’Eba – l’Agenzia per la sicurezza ferroviaria in Germania – con una propria ordinanza del 2007. Un allarme lanciato a un sistema ferroviario europeo, Italia compresa, che due anni dopo ha dovuto fare i conti con il proprio fallimento, di fronte ai 32 morti tra le case di Viareggio. Un punto, quello dell’avvertimento arrivato dalla Germania, sul quale i giudici della quarta sezione penale della Corte di Cassazione, non transigono quando devono esaminare i moti di ricorso presentati da Michele Mario Elia, nel 2009 amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana, e Mauro Moretti, che quel ruolo aveva ricoperto negli anni precedenti, per poi diventare amministratore delegato di Ferrovie dello Stato. «Non risulta superata dai rilievi del ricorrente», si legge nelle motivazioni della sentenza, «l’affermazione della Corte d’Appello secondo la quale nel 2005 (quando il carro deragliato entra in circolazione in Italia, ndr) era certamente noto agli operatori del settore il rischio di rottura degli assili per l’esistenza di corrosioni o danneggiamenti non eliminati nell’attività di manutenzione». Conoscenza che «si accrebbe nel 2007» e rispetto alla quale «la misura individuata per fare fronte a tale rischio, per quanti non operassero nel settore della manutenzione , era quella di di acquisire informazioni approfondite sulla “vita manutentiva” del carri e dei loro componenti».

L’Eba emette il proprio provvedimento – viene ricordato – l’Autorità tedesca «era a conoscenza di sette incidenti ferroviari accaduti in Germania, Austria, Svizzera e Olanda, tutti dovuti a cedimenti degli assili delle sale montate. Cedimenti alla cui origine c’erano rotture da fatica derivate da corrosione e/o danneggiamento di altro tipo delle superfici. L’Eba aveva anche individuato, quali misure atte a ridurre il rischio di rottura e, quindi, di deragliamento del treno, il rigoroso rispetto delle regole tecniche esposte nell’ordinanza medesima». Regole relative alla manutenzione della sale montate (ruote più asse del treno)

Un quadro all’interno del quale, proseguono i giudici della Suprema Corte, «si pone anche il tema della fondatezza della tesi accusatoria, recepita dai giudici, di un dovere dell’impresa ferroviaria di richiedere l’esecuzione della cosiddetta procedura di cabotaggio, corrispondente a un dovere del gestore di rete di vigilare sulla osservanza di quello».

C’è un passaggio della pronuncia dei giudici di Cassazione che è determinante anche per il futuro e per l’intero sistema ferroviario: «Il ruolo dell’impresa ferroviaria», scrivono i giudici, «è tutt’altro che passivo». Perché «gli sono attribuiti diritti di controllo dello stato del carro».

Il quadro che emerge è quello di un sistema ferroviario europeo e italiano che ben sapevano a quali rischi i carri merci trasportanti ,materiali pericolosi erano esposti quando si trattava di materiale in arrivo dalla Germania. Tanto che – viene ricordato – nell’agosto 2007, due anni prima dei lutti e delle ferite inferte a Viareggio – Rete ferroviaria italiana emanò la nota numero 624 «con la quale era stata segnalata a Trenitalia la criticità consistente nella difficoltà di “rintracciabilità” e validità del materiale rotabile in servizio». Detto tutto questo, conclude la Cassazione, «non risulta superata dai rilievi dei ricorrenti l’affermazione della Corte d’Appello seconda la quale nel 2005 era certamente noto agli operatori del settore il rischio di rottura degli assili per l’esistenza di corrosioni o danneggiamenti non eliminati nell’attività di manutenzione». E che «questa conoscenza si accrebbe nel 2007». Gli ultimi due anni di vita per 32 persone.


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