Agricoltura, Nardella: «L’Europa ci restituisca i nove miliardi sottratti all’Italia»
Il deputato Ue ed ex sindaco di Firenze: «C’è il rischio di blocco dell’innovazione toscana»
Il fatto che sia slittata a gennaio la firma del trattato Ue-Mercosur, per il quale la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha accettato di verificare se esistono le condizioni per assicurare maggiori garanzie e tutele per le imprese agricole, non placa la rabbia degli agricoltori italiani, e con loro toscani, che nella giornata di giovedì scorso ha travolto Bruxelles.
L’ondata di protesta si è trasformata in uno tsunami e ad ora il comparto vive nella più completa incertezza. Testimone di quanto accaduto nei pressi dei palazzi dell’Ue e della fase di precarietà rispetto al futuro di milioni di aziende è l’europarlamentare ed ex sindaco di Firenze Dario Nardella, il quale è il responsabile Agricoltura e Sviluppo rurale per il gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo.
Onorevole Nardella, cosa c’è dietro le immagini che l’altro giorno ci sono arrivate da Bruxelles?
«C’è essenzialmente il fatto che il tema agricolo e alimentare è tornato centrale nel dibattito politico, con prospettive ancora molto incerte per l’Italia in generale e la Toscana in particolare. La protesta dei trattori, alla quale ho preso parte, ha rappresentato il sentimento diffuso di rabbia e insoddisfazione di tutto il mondo agricolo. Ci sono stati degli episodi di violenza ovviamente da condannare, che non fanno certamente bene alle recriminazioni della categoria, ma quel fiume di maggioranza pacifica che ha sfilato ha indubbiamente lasciato il segno».
La nuova Politica Agricola Comune (Pac) messa a punto da von der Leyen è proprio totalmente da rigettare?
«Le proposte di questa estate della Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen (nuova Pac con la creazione di un fondo unico) sono state come una bomba in una situazione già precaria per l’agricoltura e l’industria agroalimentare messe sotto pressione dai dazi americani di Trump, dall’esplosione dei costi di produzione e dalla concorrenza sleale extraeuropea. L’impatto sulla sola Toscana sarebbe di una riduzione di 300 milioni di euro di risorse per l’agricoltura (con un taglio complessivo di 9 miliardi per tutta l’Italia). Per questo come coordinatore dei Socialisti e Democratici in Parlamento Europeo ho partecipato alla manifestazione per dire no alla riforma di von der Leyen: no al taglio del 20% della Pac, no al fondo unico che accorpa diverse voci del bilancio europeo nazionalizzando la spesa e la politica agricola».
Quale potrebbe essere la ricetta alternativa?
«Noi proponiamo di togliere l’agricoltura dal cosiddetto fondo unico di partenariato nazionale-regionale che nella proposta è un grande calderone dove ci sono diverse misure, dalle politiche regionali e di coesione, all’innovazione e competitività, all’agricoltura. Si deve tornare ai due pilasti della Pac: gli aiuti diretti e lo sviluppo rurale. Grazie a questi pilastri la Toscana è cresciuta con il piano regionale di sviluppo rurale che ha consentito agli agricoltori di investire su innovazione e sostenibilità ambientale. Se passa la proposta von der Leyen si fermerà l’innovazione nell’agricoltura toscana. Inoltre chiediamo il reintegro del taglio del 20% ai fondi della Pac che rappresenta per l’Italia una riduzione di 9 miliardi di euro che il governo non è in grado di compensare. Un danno che si somma già al miliardo di euro di perdite a causa dei dazi americani del 15% (un miliardo l’anno) che colpiscono l’export agroalimentare».
Come valuta il rinvio della firma dell’accordo Ue-Mercosur?
«Il Consiglio europeo avrebbe potuto evitare il rinvio che getta ulteriore incertezza su un’Europa che appare così inaffidabile e lenta di fronte ai partner internazionali. Abbiamo avuto mesi per discutere, nel corso dei quali il governo italiano avrebbe potuto lavorare a una mediazione insieme ai francesi per creare le condizioni di chiudere la firma dell’accordo con Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay. È vero infatti che gli agricoltori hanno bisogno di garanzie sull’attuazione di questo accordo, come le clausole di salvaguardia, il rispetto della reciprocità degli standard produttivi delle due parti, l’aumento dei controlli dei prodotti importati in Ue. Ma dall’altro lato non possiamo respingere questo accordo dopo 25 anni di trattative e soprattutto dopo i dazi degli Usa, perché l’Europa ha bisogno di aprire a nuovi mercati. Per le filiere toscane come il vino, l’olio extravergine di oliva, i formaggi, il Mercosur può rappresentare un’occasione vera, con un aumento di 200 milioni di euro l’anno per il nostro export. A questo punto si metta una data certa per la firma dell’accordo e si garantiscano le clausole che chiedono gli agricoltori per tutelare la loro produzione una volta azzerati i dazi con i paesi Mercosur».
Come si muoverà la sua parte politica?
«Il tema del cibo e dell’agroalimentare deve essere una delle priorità dell’agenda politica del centrosinistra e del Pd. È un settore che intreccia molte questioni economiche e sociali, dalla sicurezza alimentare allo sviluppo dell’industria agroalimentare, dalla sfida del cambiamento climatico alla promozione delle filiere agricole produttive di qualità. Per questo sarebbe fondamentale che il centrosinistra lanciasse un grande appuntamento nazionale sulla politica del cibo, per evidenziare tutti i limiti di un governo che punta tutto su ideologia e conservazione in un Paese in cui l’agricoltura è sempre più in affanno e sotto pressione».
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