Il custode è responsabile a meno che non riesca a provare il caso fortuito
Per il risarcimento del danno: i consigli dell'avvocato Domenico Nicosia
La scorsa estate, durante un viaggio in diverse città, sono caduta in modo piuttosto violento mentre visitavo un monumento. La caduta mi ha provocato danni permanenti al gomito e alle ginocchia e sono rimasta a letto per buona parte dell’estate. Ho scritto subito al Comune nel cui territorio è avvenuto l’incidente, chiedendo il risarcimento del danno, ma mi è stato risposto che non hanno responsabilità perché la custodia e la manutenzione del monumento non sarebbero di loro competenza.
Rossella, Calci
Il fondamento giuridico per la richiesta di risarcimento del danno da cose in custodia è posto all’interno dell’articolo 2051 del Codice civile. La norma dispone che: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. È bene precisare che si tratta di una responsabilità oggettiva imputabile indipendentemente dalla colpa o dal dolo dell’agente. Ciò significa che il soggetto chiamato a rispondere sarà tenuto a farlo in tutti i casi in cui non riuscirà a provare che l’evento dannoso si è verificato per un caso fortuito. Il Codice civile, oltre al danno cagionato da cose in custodia, ricomprende tra le ipotesi di responsabilità oggettiva i danni cagionati dall’esercizio di attività pericolosa, alcuni esempi derivanti dalla circolazione stradale e altre ipotesi di danni derivanti da rovina di edifici. Nel nostro ordinamento esiste una netta linea di confine tra responsabilità oggettiva e responsabilità soggettiva. Quest’ultima, al contrario della responsabilità oggettiva, è fondata sugli elementi di colpevolezza della persona che ha posto in essere l’evento lesivo con dolo o con colpa ai sensi dell’art. 2043 c.c. In particolare, nel diritto civile la responsabilità è oggettiva quando prescinde dall’elemento soggettivo dell’agente, in deroga al generale principio del “neminem laedere” che regola la responsabilità extracontrattuale. Pertanto, il verificarsi dell’evento lesivo potrebbe essere imputabile a un soggetto o ente per la mancata custodia della cosa. Quest’ultimo, per liberarsi dalla responsabilità oggettiva, ha l’obbligo di dimostrare che l’evento si è verificato per un caso fortuito, indipendentemente dalla propria volontà e al di fuori del proprio dominio, ovvero che l’evento dannoso si sia verificato unicamente sulla base di un elemento imprevedibile ed eccezionale che abbia interrotto il nesso causale tra l’obbligo di custodire la cosa e il danno che si è prodotto sulla medesima o che ne è derivato. Per converso, il soggetto leso ha l’onere di dimostrare, secondo il principio del nesso causale, che il danno (le lesioni riportate) sono state conseguenza diretta e immediata dell’evento (la caduta). Solo dopo aver dimostrato la sussistenza del nesso causale si potrà chiedere al soggetto responsabile il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2051 del Codice civile. A tal proposito, è opportuno precisare che il risarcimento del danno, in caso di lesioni personali, deve essere inteso come risarcimento integrale del danno patrimoniale comprensivo del danno morale, del danno esistenziale e del danno biologico. Per definizione, il danno morale è la sofferenza interiore e il turbamento d’animo patito dal soggetto leso; il danno biologico è la lesione all’integrità psicofisica che viene accertata in seguito a una perizia medico-legale; infine, il danno esistenziale consiste nel peggioramento dell’esistenza del soggetto leso nella propria quotidianità. Alla luce di quanto sopra esposto, il danneggiato, per ottenere il risarcimento del danno, deve dimostrare con prove documentali e con perizie medico-legali che il danno è stato conseguenza diretta e immediata dell’evento. Pertanto, solo in questo caso sussisterà una responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., salvo la prova, da parte di quest’ultimo, del caso fortuito.
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