Il Tirreno

Toscana

L'intervista

Femminicidio di Pamela Genini: il racconto dell’amica toscana che l’aveva vista poche ore prima

di Sabrina Chiellini

	Elisa Bartolotti con Pamela Genini
Elisa Bartolotti con Pamela Genini

La 29enne è stato uccisa dall’ex compagno a coltellate a Milano

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PISA. «Ho acceso il telefonino la mattina presto e ho saputo che Pamela era stata uccisa, non mi sembrava possibile». Uno choc. Il giorno prima Elisa Bartolotti, 32 anni, toscana d’origine, la sua famiglia abita a Pontedera, mentre lei da qualche anno vive tra la città della Vespa e Lugano, dove ha ripreso gli studi universitari in psicologia. Elisa il 14 ottobre scorso ha perso un’amica che per lei era come una sorella. Con Pamela Genini, 29 anni, uccisa dall’ex compagno, si conoscevano da anni, con lei aveva collaborato alla promozione di un brand di costumi da bagno: “EP SheLux” con le loro iniziali. Il giorno prima del femminicidio Elisa era stata a pranzo con lei. Pamela aveva pubblicato le sue ultime storie su Instagram: il racconto di un momento tranquillo: il panorama, il lavoro al pc con accanto Elisa e l’inseparabile cagnolina Bianca. Poche ore dopo il sangue ha cancellato tutto: Pamela è stata massacrata a coltellate da Gianluca Soncin, 52 anni, a Milano.

«Pazzo? Sì lo sei (riferendosi a Soncin, ndr) . Ma non credo abbastanza da non sapere quello che stavi facendo. Spero solo che se esiste una giustizia la pagherai per avermi tolto chi per me era una sorella»: la prima reazione di Elisa su Instagram. Poi il crollo emotivo, la rabbia, il dolore, la mano tesa di un’associazione Scarpetta Rossa Aps a cui Elisa ha chiesto aiuto.

Dopo l’uccisione della sua migliore amica lei ha scritto: “tornerò in prima fila per Pamela”. Come?

«Con la mia testimonianza. Dalla storia di Pamela, che purtroppo è uguale a tante altre, si possono cogliere segnali importanti, da non sottovalutare. Dopo la sua morte ho iniziato un percorso psicologico per elaborare il lutto, non è facile».

Sapeva che Pamela aveva problemi con l’ex?

«Di solito lei mi confidava tutto, sapevo dei suoi ex, così come mi aveva raccontato, nel 2024, di avere conosciuto Gianluca. Posso dire che ero la sua amica del cuore, quella a cui chiedere consigli. Non amava parlare troppo delle sue dinamiche relazionali con Gianluca. Una volta, dopo che si erano conosciuti, me l’ha presentato a Milano. Lì non mi fece alcuna impressione negativa, anzi faceva il brillante. Dopo si è chiuso, è diventato schivo e riservato».

Sapeva della gelosia?

«Sono venuta a saperlo dopo. L’unica cosa che avevo notato è che Pamela mi chiamava solo in determinati orari, aveva attivato i messaggi effimeri, aveva chat che si cancellavano subito. Poi ho saputo che lui non voleva che vedesse le amiche, la stava isolando».

Pamela ne parlava?

«In genere no. Abbiamo lavorato insieme quando mi sono occupata, durante il covid, di promuovere sui social una linea di costumi per l’azienda di cui lei era la titolare. C’era grande confidenza tra di noi ma di questa sua difficoltà non sapevo».

Non si è confidata nemmeno quando vi siete viste a pranzo per l’ultima volta?

«No. Quella sera sono andata a letto presto e ho spento il telefono, i messaggi li ho visti alle 7 del giorno dopo. Non ci credevo, ero incredula. La cosa strana è che quel giorno l’ho trovata tranquilla. Forse voleva solo stare tranquilla, senza pensare. Era venuta a Lugano per iscriversi all’Università».

Lui l’aveva già aggredita?

«Sì, i giornali ne hanno scritto. Lei mi aveva inviato delle foto per dirmi che l’aveva aggredita e che non ne poteva più: “Non lo sopporto più”. Le avevo suggerito di andare a denunciarlo, aveva dei graffi sotto gli occhi. Poi però due giorni dopo sono andata a Milano e Pamela ha minimizzato l’accaduto, ha cambiato versione. Solo dopo la sua morte ho capito, grazie anche a Scarpetta rossa che mi segue, che potrebbe essere stata una reazione istintiva, di paura. Quando dici a una donna di denunciare, può anche essere che si prenda paura e non denunci più. Se una donna è spaventata, perché è già stata minacciata, come poi è emerso per Pamela, si chiude in se stessa, forse per paura. Se avessi saputo le avrei detto di rivolgersi a un’associazione, di farsi aiutare, di “staccarsi” piano, piano, di rivolgersi a una psicologa. Questi soggetti qui, come Gianluca si è dimostrato, sono pericolosi e quando li lasci diventano violenti. Reagiscono male, troppe donne ne pagano le conseguenze».

Il 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Abbiamo visto che però c’è bisogno di un cambiamento culturale.

«A mio avviso c’è bisogno di ripartire dalle scuole, dai giovani, facendo non solo educazione sentimentale ma una vera e propria educazione al rispetto reciproco, al rispetto all’interno delle relazioni. Gli adolescenti oggi vivono in modo particolare le relazioni. Tant’è che i casi di femminicidio e di violenze sono in aumento tra i giovanissimi, tra i 16 ai 22 anni. C’è bisogno di potenziare l’utilizzo del braccialetto elettronico e di favorire l’ascolto. Pamela aveva denunciato, era stata in ospedale, aveva detto che era stata minacciata. Ma nessuno l’ha chiamata».

A giorni parteciperà a un incontro su questo tema? Come lo farà?

«Sì, lo farò insieme all’associazione che mi segue. Parleremo del caso di Pamela per imparare a riconoscere i campanelli di una relazione tossica».

Quando una donna deve cominciare un percorso di tutela?

«Non si deve arrivare alle minacce, a quel punto è già tardi. Quando cominciano i divieti e l’isolamento è già una situazione a rischio da cui una donna deve mettersi in salvo». 


 

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