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L’intervista

Grande Fratello in crisi, l'ex concorrente toscano: «Per aumentare lo share potrebbero richiamarmi...» – La bestemmia, la notorietà e cosa fa oggi

di Paola Silvi

	Guido Genovesi ha partecipato all'edizione del 2024
Guido Genovesi ha partecipato all'edizione del 2024

Guido Genovesi, di Pontedera, ha partecipato all’edizione del 2004: «Noi eravamo spontanei, ora tutti recitano una parte. La crisi? Il linguaggio del reality è ovunque»

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«Per aumentare lo share potrebbero richiamarmi dentro almeno un paio di giorni». Con l’ironia che da sempre lo caratterizza Guido Genovesi, pontederese, per tutti “Guidino”, il toscano più famoso ad aver abitato nelle stanze del “Grande Fratello”, riflette sul brusco calo degli ascolti dell’ormai ultraventennale format di Mediaset che sta facendo (letteralmente) i conti con i numeri, con il rischio flop sempre più concreto.

Partiamo dall’inizio: lei è stato protagonista della quinta edizione, quella del 2004. Perché decise di partecipare?

«Stavo facendo la Ssis, il corso di specializzazione per l’abilitazione all’insegnamento e un amico che conosceva bene uno degli autori del Gf mi propose di fare le selezioni. Provai, fu una casualità. Non avevo neppure un’idea approfondita di che cosa si trattasse ma il non sapere è stato croce e delizia».

Che cosa ricorda di quelle settimane?

«Sono entrato a settembre e sono stato buttato fuori per aver bestemmiato il 2 novembre. Il programma andava bene, con quasi sei milioni di ascolti, più del 40% di audience».

Il Grande Fratello è stato un trampolino di lancio per la sua carriera?

«Indubbiamente mi ha fatto conoscere. Appena uscito ricevevo centinaia di lettere di persone che mi consolavano e mi raccontavano della loro vita. Tra queste anche quella di un prete e di una scambista. Ma anche oggi la gente continua a fermarmi, ricorda quanto si divertiva a seguirmi in tv. Mi contattano sui social, mi chiedono di rientrare».

Nel periodo successivo due film, uno con Veronesi e l’altro con Pieraccioni, un po’ di televisione locale.

«Dopo tre anni il Gf era già un capitolo chiuso. Mi sono rimesso a studiare. Ho preso una laurea triennale, scritto un libro e poi la magistrale in Filosofia. Qualche mese fa ho aperto “Giulivo”, un ristorante a Vicopisano in società con il mio amico Gabriele Vitale».

Ma a distanza di tempo lei resta ancora popolare?

«E questo è sintomatico. Prima la gente rideva, si appassionava, ora è annoiata da un meccanismo che è sempre uguale da 25 anni, tra bellone e belloni, trame amorose stereotipate e dinamiche da soap opera. In realtà oggi non c’è più nemmeno la necessità di spiare. Sui social l’intimità si serve su un piatto d’argento. Chiunque può avere il proprio reality, se lo costruisce sul web. In un mondo dove tutto è disvelato, non c’è più stupore, ognuno può mostrare la propria irrilevanza, come diceva Umberto Eco».

La sua tesi dal titolo “Il mondo digitale e la smaterializzazione del reale” approfondiva proprio questi aspetti?

«Esatto. E l’idea che oggi siamo tutti opinionisti. A prescindere dalle competenze. Questo è un rischio anche per la democrazia. Se chiunque ha una narrazione che può diventare vera, scompare l’importanza del parere dell’esperto. Non ci sono più punti di riferimento e i valori si annullano. Prima per aver successo andavi in tv, ora il processo si è invertito. Devi già essere un influencer per essere chiamato».

Il Gf allora è cambiato molto?

«A quei tempi vivevamo in “cattività”, non sapevano niente di ciò che succedeva fuori. Ora si entra e si esce di continuo. Inoltre le trame su cui si basa il format sono facili da gestire, mancano di imprevedibilità, perdono di spontaneità. Gli ex tronisti recitano una parte, noi no. Anche la bestemmia è stata sdoganata. Quando successe a me il caos fu reale. Mediaset fu multata. In questa società dello spettacolo il bene e il male, il vero e il falso sono due facce della stessa medaglia. E questo riguarda tutti i media».

Che cosa significa?

«Che il registro del reality si è esteso a tutta la tv. I battibecchi, le urla, che erano tra le componenti specifiche del Gf per esempio, sono ovunque, anche nei talk show, nei dibattiti politici. Lo spettatore è arrivato a un livello di saturazione. La società dei media è diventata spot. Ogni esistenza è telepresente a sé stessa: viviamo come se avessimo mille telecamere puntate su di noi e gli ingredienti del reality si sono spalmati nell’esistenza quotidiana».

I talent però continuano a fare ascolti...

«Si, perché c’è la musica che è un linguaggio universale e c’è una gara. Per il resto la tv non è più un traguardo ambito, al suo posto ci sono i social». 

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