Stalli blu, dimostrarne la legittimità spetta all’amministrazione
Parcheggi a pagamento e multe: i consigli dell'avvocato Biagio Depresbiteris
Scrivo perché non ne posso più di queste multe assurde. Ho parcheggiato sotto casa, in una via piena di strisce blu, ho lasciato la macchina dieci minuti senza biglietto e mi sono trovato la multa. Ho fatto ricorso dicendo che in quella zona non c’è neanche un parcheggio libero, ma mi hanno risposto che dovevo dimostrarlo io! Ho letto su internet, però, che dovrebbe essere il Comune a provare che esistono parcheggi gratuiti. Ma allora qui ci prendono in giro?
Salvo
L’esasperazione del lettore de “Il Tirreno” è più che comprensibile.
Le strisce blu sono ormai ovunque: davanti ai supermercati, agli ospedali, nei centri storici e perfino sotto casa. E spesso, quando arriva la multa, si ha la sensazione che il sistema sia costruito solo per far cassa.
Ma dietro la sua domanda si nasconde una questione giuridica tutt’altro che secondaria: chi deve dimostrare la legittimità dei parcheggi a pagamento?
La regola nasce dall’articolo 7, comma 8, del Codice della strada, che impone ai Comuni di riservare un’adeguata area destinata alla sosta gratuita ogni volta che si istituiscono parcheggi a pagamento.
Non si tratta di un dettaglio tecnico, ma di un principio di equilibrio: se pagare diventa obbligatorio ovunque, la sosta non è più un servizio ma una tassa occulta.
Per questo la legge pretende che vicino alle strisce blu ci siano, almeno in parte, stalli bianchi gratuiti e accessibili a tutti.
Il Comune può sottrarsi a questo obbligo solo in casi eccezionali, come nelle zone pedonali, nelle aree a traffico limitato o in quelle di particolare rilevanza urbanistica, ma anche in questi casi serve una delibera della Giunta comunale che motivi con precisione la scelta. Senza quella delibera, l’istituzione di soli parcheggi a pagamento è illegittima.
Su questo punto la Corte di Cassazione è intervenuta più volte, l’ultima nel dicembre 2024 con la sentenza n. 34389, ribadendo che nel giudizio di opposizione a una multa per sosta non pagata spetta alla Pubblica Amministrazione provare l’esistenza dei parcheggi gratuiti o della delibera che ne giustifica l’assenza.
Tradotto: se il cittadino contesta la multa sostenendo che nella zona non esistono aree libere, non deve essere lui a dimostrarlo, ma è il Comune a dover produrre la documentazione necessaria — mappe, delibere, piani di viabilità — che confermi la legittimità del sistema. In mancanza di queste prove, la sanzione è destinata a cadere.
Questo principio, più volte riaffermato anche in passato (Cassazione 18575/2014 e 15678/2020), serve a riequilibrare il rapporto tra cittadino e amministrazione, impedendo che il primo debba difendersi a mani nude da un apparato burocratico che tende a darsi sempre ragione.
Se quindi si riceve una multa per mancato pagamento della sosta, è possibile presentare ricorso al Prefetto o al Giudice di pace, specificando che nella zona non vi sono parcheggi gratuiti e chiedendo espressamente al Comune di esibire la delibera che giustifica la presenza esclusiva delle strisce blu.
Non serve diventare investigatori né scattare fotografie: l’onere della prova è a carico dell’amministrazione.
La decisione della Corte di Cassazione non legittima quanti parcheggiano senza pagare, ma ricorda che anche le amministrazioni comunali devono rispettare le regole.
In sostanza, la sosta a pagamento, quando serve a regolare il traffico e favorire la rotazione dei veicoli, è uno strumento utile, ma non può trasformarsi in un prelievo obbligatorio mascherato.
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