Il tragico incidente
Il comunicato del Cdr e la risposta dell’editore
L’assemblea dei giornalisti del Tirreno, riunitasi in data 18 settembre 2025, ha confermato all’unanimità (con 39 voti su 39 partecipanti) la massima fiducia nell’azione sindacale e giudiziaria intrapresa nei mesi scorsi col supporto dell’Associazione Stampa Toscana e della Federazione Nazionale Stampa Italiana, approdata lo scorso agosto davanti al Tribunale del Lavoro di Livorno.
La vertenza in corso è uno snodo vitale per il futuro del giornale, dei posti di lavoro, del presidio di democrazia sul territorio della Toscana occidentale rappresentato da questa testata da un secolo e mezzo.
Il Tirreno, come gli altri giornali italiani, sta soffrendo la crisi dell’editoria e della carta stampata che è una crisi di livello mondiale, dove i giornali sono ancora molto letti e rappresentano strumenti fondamentali di informazione di fronte al dilagare delle fake news, ma vengono sempre meno acquistati.
In questo contesto i giornalisti del Tirreno tornano a ripetere che non è possibile da parte dell’azienda reagire soltanto tagliando i costi perché questa strada porta inevitabilmente ad un peggioramento della situazione come i numeri hanno ben raccontato nell’ultimo quinquennio. L’equazione è semplice: più si tagliano le giornate di lavoro dei giornalisti e le pagine, meno appeal e qualità ha il prodotto e di conseguenza meno ricavi da edicola e da pubblicità arrivano. Questo circolo vizioso deve interrompersi. E non sono accettabili ipotesi di aumento della cassa integrazione, come quelle minacciate ancora martedì scorso nei corridoi del tribunale di via De Larderel dal rappresentante dell’azienda, e ancor meno accettabile è una riduzione delle edizioni e dunque della presenza del giornale sui suoi territori e nelle sue comunità, e della qualità e quantità delle notizie.
Da cinque anni, da quando la testata è stata venduta da Gedi a Gruppo Sae (ora Sae Toscana), i giornalisti e i lavoratori tutti del Tirreno si sono presi in carico (e continueranno a farlo) giganteschi sacrifici economici con senso di responsabilità e attaccamento alla testata, accettando di lavorare tra le nove e le undici ore al giorno senza ricevere straordinari, per amore del giornale e della professione e per rispetto dei lettori, con l’obiettivo di mandare in edicola quotidianamente un prodotto giornalistico dignitoso e ancora meritevole di essere acquistato. Lo stesso amore ci piacerebbe vedere nelle mosse imprenditoriali dell’editore, che finora non ha dimostrato la volontà di investire per tentare un rilancio, guardando invece soltanto al bilancio, appianato quasi esclusivamente in questi anni con i soldi dei lavoratori e con la vendita degli immobili del quotidiano compresa la storica sede di Livorno.
La battaglia sindacale, divenuta obtorto collo legale, non è una battaglia economica come erroneamente qualcuno vorrebbe rappresentare. È una battaglia in difesa dei posti di lavoro, del radicamento sul territorio di questa testata (vedi la ferma opposizione alla chiusura della redazione di Viareggio), del prodotto e dei lettori. È una battaglia in difesa dei corretti rapporti sindacali, troppo spesso calpestati dall’azienda, del contratto di lavoro, della dignità dei lavoratori e dei loro diritti, in primis quelli relativi a condizioni di lavoro che garantiscano la tutela dell’integrità fisica e della personalità morale dei giornalisti, messe a dura prova da orari infiniti quotidiani, da carichi di lavoro insostenibili e da un clima interno sempre più pesante. È in sintesi la battaglia in difesa del Tirreno e della libertà di informazione anche a livello locale in nome della quale i redattori, determinati e tutti insieme uniti come da tempo non accadeva, continueranno strenuamente a lottare a livello sindacale e legale.
L’assemblea dei redattori del Tirreno
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Comunicato dell’editore
Cari lettori del Tirreno, il giornale rappresenta per il nostro gruppo un quotidiano fondamentale e un grande problema. Abbiamo cercato in tutti i modi capitali sul territorio toscano per rafforzare SAE Toscana, la società proprietaria della testata, ma abbiamo avuto solo risposte negative. Solo i soci storici toscani, e alcuni istituti finanziari, che ringraziamo, hanno supportato sempre l'azienda, mentre nessuna sensibilità è arrivata da forze imprenditoriali e istituzionali della regione, se non piccolissimi contributi, una goccia nel mare. C’è bisogno di tutti, per salvaguardare la libera informazione, soprattutto sui territori. Non si può lasciare il cerino spegnersi nelle mani di editori puri e poi scandalizzarsi quando l’incendio divampa. Abbiamo lanciato appelli su appelli: Il Tirreno è patrimonio della comunità livornese e toscana da quasi 150 anni, bisogna che tutti si rimbocchino le maniche, non solo l’editore e i giornalisti. Siamo rimasti inascoltati.
Non è andata così per gli altri cinque quotidiani dislocati in altre regioni. In Sardegna, Emilia-Romagna e Lombardia abbiamo avuto ascolto, apprezzamento per il nostro lavoro e per i nostri progetti, per la qualità dell’informazione che esprimiamo come presidio libero e autorevole del territorio: ciò ha portato a supporto del nostro Gruppo capitali molto consistenti.
In Toscana non è andata così. La struttura de Il Tirreno da sempre ha generato enormi perdite che sono state coperte da tutti gli azionisti del Gruppo, ma questo non è più possibile. Nonostante l’applicazione degli ammortizzatori sociali si prefigura una perdita fine anno insostenibile, dovuta principalmente alla perdita di ricavi da edicola e mai come quest’anno da una fortissima perdita del mercato pubblicitario toscano. Nella totale indifferenza delle istituzioni, che pure dovrebbero tutelare la libera informazione e le voci del loro territorio.
Gran parte dei capitali investiti negli ultimi anni, soprattutto fuori dalla Toscana, sono andati a supportare Il Tirreno. Non è più possibile.
È necessario realizzare un diverso modello di giornale che riproduca più o meno il modello degli altri nostri quotidiani, tutti virtuosi, che consenta di poter chiudere l'anno con numeri positivi. Se continuassimo senza interventi rigorosi e strutturali, quelli lamentati dalla compagine sindacale addirittura rivolgendosi al Tribunale del Lavoro di Livorno, sarebbe la fine del giornale a brevissimo.
Ognuno degli azionisti e il management hanno fatto tutti i sacrifici possibili, rinunciando a compensi, a tfm, ecc. Siamo assolutamente consapevoli dei sacrifici che ha fatto il personale e la redazione. Ma non basta. Abbiamo provato tutte le possibili strade spingendo con tutte le nostre forze sull'attività commerciale: non è stato sufficiente. La crisi avanza ed è dovuta principalmente a un numero di giornalisti non più compatibile con le vendite del giornale in edicola.
Non possiamo permettere la morte di un giornale storico come il nostro quotidiano toscano, ma al contempo non possiamo permettere che SAE Toscana prosciughi ulteriormente le risorse delle altre nostre testate al momento in salute e che andrebbero in questo caso anche loro rapidamente in difficoltà.
Ma non ci arrendiamo. Aspettiamo la voce delle istituzioni, delle imprese, della società civile: che scendano in campo se tengono alla stampa libera del Tirreno. Noi faremo il nostro: ancora una volta l’Azienda dovrà tentare di salvare il giornale affrontando una nuova riorganizzazione necessaria per tenere i conti in ordine ed evitare il peggio, approdando a un nuovo modello di giornale che continuerà a raccontare la regione e i suoi territori. Chiederà un sacrificio ulteriore per tutti, ma siamo certi che ciò ci permetterà di tornare ad un futuro virtuoso e solido, assicurando forza e lunga vita al Tirreno.
Buon lavoro a tutti. Buona lettura a tutti voi.
Alberto Leonardis, presidente Gruppo SAE