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Toscana, il lavoro non basta per arrivare a fine mese: i poveri crescono sempre di più

di Francesco Paletti

	Un lavoratore agricolo (foto d'archivio)
Un lavoratore agricolo (foto d'archivio)

Il nuovo rapporto “A mani vuote” fotografa un paradosso: cresce l’occupazione ma anche i working poor. Un terzo di chi si rivolge alla Caritas ha un lavoro, ma non basta per vivere

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Poco meno di Pontedera e Piombino, ma anche più di Cecina e San Miniato. Sono 29.297 le persone fragili incontrate nel 2024 dalle Caritas della Toscana. Praticamente una città intera di poveri, sia pure di medio-piccole dimensioni. Sono tanti e, soprattutto, in continua crescita. Come una valanga che si allarga mano a mano che rotola a valle. Rispetto al 2023, infatti, sono aumentati del 3,9% (1.094 in più), portando per la prima volta in assoluto oltre quota 29mila il numero delle persone seguite dai servizi degli uffici per la pastorale della Carità delle diocesi toscane.

«È il valore più elevato da quando, nel 2007, sono iniziate le rilevazioni» si legge in “A mani vuote” l'ultimo rapporto di Caritas Toscana, presentato ieri mattina a Firenze alla presenza di monsignor Mario Vaccari, vescovo delegato della Conferenza episcopale toscana per la pastorale della carità, e dell'assessora regionale alle politiche sociali Serena Spinelli, oltre al delegato regionale Caritas monsignor Emanuele Morelli e ai curatori del rapporto Gabriele Tomei e Monica Pratesi, rispettivamente, docente di sociologia generale e ordinaria di statistica all'università di Pisa, entrambi soci di VoisLab, spin-off dell'ateneo.

È uno dei paradossi che emergono dalle pagine del rapporto Caritas. Perché la Toscana, in realtà, è una delle regioni in cui la povertà morde un po' meno: la popolazione a rischio di esclusione sociale, infatti, alla fine del 2024 era del 15,2%, un'incidenza tutt'altro che marginale e in crescita rispetto all'anno precedente (quando si fermò al 13,2%), ma anche nettamente inferiore sia alla media nazionale (23,1%) che a quella dell'area Ue (21%). La stessa Caritas, invero, invita alla cautela nell'interpretazione del “dato record” fatto segnare nel 2024: «Sicuramente indica il disagio crescente che tanti cittadini toscani in condizione di fragilità stanno vivendo, trovando nei servizi Caritas, aperti a tutti, una porta sempre aperta – spiega il delegato regionale don Morelli -, ma l'incremento è anche la conseguenza dell'aumento dei centri d'ascolto operativi capillarmente sul territorio regionale».

L'altro paradosso riguarda il mondo del lavoro. Perché in Toscana l'occupazione cresce: nel 2024 40mila occupati in più rispetto all'anno precedente, per un incremento medio del 2,3% che sale, addirittura, al 4% con riferimento alle posizioni lavorative a tempo indeterminato. E conseguentemente diminuisce la disoccupazione: dal 5,4 al 4,1% fra il 2023 e il 2024. Di nuovo, un dato nettamente migliore rispetto alla media nazionale (6,6%) e a quella dell'area Ue (6,1%). Eppure continuano a crescere anche i lavoratori che, pur avendo un'occupazione che spesso è regolare, si rivolgono alla Caritas perché “non ce la fanno”: sono più di un terzo (34%) delle oltre 29mila persone che l'anno scorso si sono rivolte agli sportelli dell'organismo pastorale. E quasi tutti (85,9%) hanno un contratto di lavoro regolare, anche se rimangono “working poor”, ossia lavoratori che percepiscono un reddito insufficiente a garantire un'esistenza dignitosa.

Il rapporto Caritas ha dedicato loro uno studio ad hoc, un affresco al tempo stesso crudo e illuminante su tale condizione. Ne hanno intervistati 568, tutti frequentatori dei servizi Caritas: il 50% di essi ha un contratto a tempo parziale e fra questi, il 41% è “woorking poor” in senso stretto, ossia ha un reddito mensile inferiore ai 726 euro. Conseguenza: il 60% degli intervistati vive in affitto e, fra questi, il 50% dichiara di non riuscire a pagarlo con regolarità. Non solo, il 36% rinuncia alle spese mediche, nella stragrande maggioranza dei casi (31%) per il costo dei farmaci e delle prestazioni diagnostiche. Quasi i due terzi degli intervistati (62%) non riesce a mettere da parte nemmeno un euro e, anzi, l'8% dice di spendere più di ciò che guadagna mentre il 17% ha fatto ricorso a prestiti, indebitandosi, per coprire le spese familiari. l

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