Il Tirreno

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Il femminicidio

Femminicidio a Pisa, l'ultima lite e l'intenzione di lasciarlo dopo anni da segregata

di Andreas Quirici e Danilo Renzullo

	Il luogo del delitto (foto Stick), a dx, la vittima, Samantha Del Gratta e l'omicida, Alessandro Gazzoli
Il luogo del delitto (foto Stick), a dx, la vittima, Samantha Del Gratta e l'omicida, Alessandro Gazzoli

Si attende l'autopsia prevista oggi, i due figli di 20 e 18 anni affidati a un legale

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PISA. Anni di gelosia a cui Samantha Del Gratta aveva intenzione di dire basta. Era arrivata al culmine della sopportazione dopo un tempo infinito in cui non ha potuto trovarsi un lavoro, uscire da sola o avere una minima vita sociale. Il suo compagno, Alessandro Gazzoli, 50 anni, guardia giurata, la costringeva a un rapporto pressoché esclusivo con lui. E alla vigilia del 45° compleanno della donna, probabilmente al culmine di una lite nella loro camera da letto in cui lei gli avrebbe comunicato l’intenzione di lasciarlo, ha reagito sparandole alla testa. Per poi rivolgere l’arma contro se stesso e suicidarsi. È questo il quadro che emerge all’indomani della tragedia di Sant’Ermete a Pisa e che la mamma di Samantha, Gabriella Del Cistia, ha raccontato alle telecamere di un programma della Rai dalla sua porta di casa nel quartiere del Cep: «Alessandro era troppo geloso, sempre appiccicato. Bravo, ma ossessionato. Non le dava pace, non le dava tregua».

Sempre con lui

La mamma della vittima di femminicidio è assistita dagli avvocati Lucia Barsacchi e Giuseppe Carvelli. È proprio la legale a spiegare che «Samantha viveva un rapporto chiuso praticamente da sempre. Lui non la faceva uscire, non le consentiva di lavorare. Era geloso, possessivo anche se non violento. Almeno fino a martedì», rincarando la dose nei confronti del 50enne. Ma confermando il contesto tratteggiato dall’indagine della polizia che ritiene che la tragedia derivi da conflitti all’interno del nucleo familiare di cui erano a conoscenza i parenti. Secondo il racconto di mamma Gabriella, sua figlia le ha confidato l’intenzione di lasciare il compagno dopo 28 anni di relazione. «Lei non aveva amicizie. Stava sempre in casa. Ha sempre fatto tutto per i figli e la famiglia. Lui voleva essere sempre presente accanto a lei. Pochi giorni fa è venuta da me e mi ha detto “mamma, non ce la faccio più ad andare avanti in questa maniera. È troppo geloso e io non lo sopporto più”. E probabilmente hanno avuto una discussione. Era stufa del suo comportamento. Non era in grado di fare nulla. Probabilmente martedì è stata più decisa ed è successo quel che è successo».

Cinque bossoli

Secondo Barsacchi, «Samantha non voleva che i figli soffrissero e andava avanti nonostante tutto. Vedo spesso casi simili. Si pensa di poter sistemare le cose. Ma poi succedono le disgrazie. Alessandro era in ferie forzate dal lavoro dopo alcune liti ripetute negli ultimi tempi. Però aveva la pistola. E con quella ha ucciso la sua compagna». Una Glock 19 calibro 9x21 che Gazzoli deteneva legalmente, che utilizzava per il lavoro e che ha esploso cinque colpi nella camera da letto della coppia dove sono stati trovati i corpi senza vita. La Scientifica, infatti, ha trovato cinque bossoli nella stanza ipotizzando che uno corrisponda al colpo alla testa con cui l’uomo l’ha fatta finita. Mentre gli altri quattro li ha sparati verso la donna. L’autopsia di oggi sul corpo della donna chiarirà i dubbi, mentre su quello dell’uomo non sono previsti accertamenti.

Minuti al telefono

Tra il femminicidio e il suicidio la telefonata al 112 in cui la guardia giurata ha detto di aver appena sparato alla compagna e di essere intenzionato a togliersi la vita, ma di non voler far vedere la scena ai figli. Per questo chiedeva l’intervento delle forze dell’ordine, comunicando il fatto di aver lasciato le chiavi nella toppa della porta d’ingresso. Alcuni minuti al telefono in cui l’operatrice del numero unico per le emergenze ha cercato di tenerlo occupato, di dissuaderlo dal tragico gesto. Senza però riuscirsi. Poi l’arrivo dei poliziotti e la scoperta dei cadaveri. A cui è seguita la disperazione dei figli di 20 e quasi 18 anni, i quali ora sono stati affidati a un legale, ma in casa della nonna, per affrontare questa terribile fase della loro vita. 


 

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