Il Tirreno

Toscana

Il racconto

Il papa toscano, quando Bergoglio venne per sanare una ferita aperta per troppi anni

di Francesco Paletti

	L'omaggio del Papa sulla tomba di don Milani a Barbiana
L'omaggio del Papa sulla tomba di don Milani a Barbiana

L'importanza della visita a Barbiana per riparare all'errore che la Chiesa fece con don Milani, trattato per decenni come "ribelle" e "disobbediente"

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C’è un aneddoto che Agostino Burberi, allievo della scuola di Barbiana e attuale presidente della Fondazione “Don Milani”, racconta spesso di quel 20 giugno 2017 in cui Papa Francesco decise di salire fin lassù per “incontrare” il Priore. Riguarda il “Santo Scolaro”, il mosaico del monaco con il volto coperto da un libro realizzato dagli alunni della scuola e che, dal 1961, occupa una nicchia della Chiesa di Sant’Andrea a Barbiana. Così decise di “battezzarlo” don Milani, il giorno in cui fu completato e illuminato (da un cero) per la prima volta. «E lei non lo racconti a nessuno – disse ridendo al professor Ammannati, uno dei suoi più stretti collaboratori – perché solo il Papa può fare i santi e se lo viene a sapere mi scomunica».

Il riconoscimento di un errore

Quel giorno di otto anni fa raccontarono l’episodio a Bergoglio che «guardò di nuovo il mosaico, e poi lo benedì sorridendoci», racconta spesso Burberi ai visitatori. Può succedere anche questo quando due giganti s’incontrano, benché vissuti a 50 anni di distanza l’uno dall’altro. Quella mattina del 20 giugno 2017, però, di fronte alla canonica e alla chiesetta di Barbiana, è accaduto molto più: con quella visita, infatti, Papa Francesco ha voluto sanare una ferita lunga più di mezzo secolo e spalancare finalmente le porte della Chiesa a don Lorenzo Milani.

Non più “ribelle” e nemmeno “disobbediente”, come spesso era stato raccontato fino a quel momento. Ma «un prete che ha vissuto la sua missione con piena fedeltà al Vangelo»: così lo definì il Pontefice. Ma dopo disse anche di più. Molto di più: «Non posso tacere che il gesto che ho oggi compiuto vuole essere una risposta a quella richiesta più volte fatta da don Milani al suo vescovo, e cioè che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale. Dal cardinal Silvano Piovanelli in poi, gli arcivescovi di Firenze hanno in diverse occasioni dato questo riconoscimento a don Lorenzo. Oggi lo fa il vescovo di Roma. Ciò non cancella le amarezze che hanno accompagnato la sua vita, ma dice che la Chiesa riconosce in quella vita un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa».

Poi la conclusione: «Il prete “trasparente e duro come un diamante” continua a trasmettere la luce di Dio sul cammino della chiesa. Prendete la fiaccola e portatela avanti». È stato quel giorno che ha cambiato, irreversibilmente, il rapporto fra don Milani, l’esperienza di Barbiana e la sua chiesa: quella di Firenze sicuramente, ma pure quella universale. È così, d’altronde, che spessissimo il papa argentino è entrato in relazione con la Toscana, attraverso i suoi profeti più radicali. Per valorizzarne l’opera e metterla al centro della pastorale della chiesa tutta.

La volta di Nomadelfia

Dopo Barbiana, è stata la volta di Nomadelfia, la comunità in cui “la fraternità è legge” rifondata da don Zeno Saltini a otto chilometri da Grosseto, dopo lo scioglimento di quella di Fossoli (Carpi) nel 1952. Papa Francesco l’ha visitata il 10 maggio 2018. Per incoraggiare e invitare i protagonisti di quell’esperienza a «continuare su questa strada, incarnando il modello dell’amore fraterno, anche mediante opere e segni visibili, ma sempre conservando lo spirito di don Zeno che voleva una Nomadelfia “leggera” ed essenziale nelle sue strutture: di fronte a un mondo che è talvolta ostile agli ideali predicati da Cristo, non esitate a rispondere con la testimonianza gioiosa e serena della vostra vita, ispirata al Vangelo».

Lo stesso giorno è andato anche Loppiano, la cittadella Movimento dei Focolari fra Figline e Incisa Valdarno, fondata da Chiara Lubich agli inizi degli anni’60 e divenuta nel tempo laboratorio di convivenza e dialogo ma anche di un approccio cristiano all’economia e a lavoro. «Sono voluto venire – disse appena arrivato – perché, come sottolineava colei che ne è stata l’ispiratrice, ossia Chiara Lubich, Loppiano vuole essere un’illustrazione della missione della Chiesa oggi, così come l’ha tracciata il Concilio Vaticano II».

Le altre visite in Toscana

Beninteso, Bergoglio è stato in Toscana anche per i grandi eventi della Chiesa italiana. Su tutti il convegno ecclesiale di Firenze del 2015 e in quell’occasione auspicò «una Chiesa italiana non potente, ma inquieta e vicina agli abbandonati perché la nostra sia una fede rivoluzionaria che cambia il mondo». A Firenze fu un bagno di folla per Francesco, che incontrò i fedeli anche allo stadio. Forse è anche per questo che, nel dicembre scorso, in occasione dell’udienza dedicata ai presepisti italiani, ha voluto incontrare i ragazzi del servizio semiresidenziale “La Farfalla” di Castelfranco di Sotto (Pisa). Proprio il loro è stato il presepe scelto dal Vaticano per essere donato al Papa.


 

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