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In Toscana la spesa costa sempre di più: dal pane all'olio, quanto sono aumentati i prezzi e i motivi


	In Toscana la spesa alimentare costa sempre di più
In Toscana la spesa alimentare costa sempre di più

Coldiretti: «Gli agricoltori non c’entrano: nelle loro tasche solo 17 cent ogni euro»

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Il carrello della spesa corre e per i consumatori (anche in Toscana) si annunciano tempi duri. Partiamo dal dato sull’inflazione che, secondo le stime preliminari elaborate dall’Istat, a novembre accelera ancora, salendo a +1,4% (da +0,9% di ottobre). Secondo le stime preliminari, nel mese di novembre 2024 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, registra una variazione su base mensile nulla e aumenta dell’1,4% su base annua, dal +0,9% del mese precedente.

Il tasso di inflazione

La risalita del tasso d’inflazione risente in primo luogo dell’accelerazione dei prezzi dei beni energetici regolamentati (da +3,9% a +7,5%) e dell’attenuarsi della flessione di quelli dei beni energetici non regolamentati (da -10,2% a -6,6%). Un sostegno all’inflazione deriva inoltre dall’andamento dei prezzi dei beni alimentari, sia lavorati (da +1,7% a +2,4%) sia non lavorati (da +3,4% a +4,1%), dei beni durevoli (da -1,4% a -0,8%), dei servizi relativi ai trasporti (da +3,0% a +3,5%), dei beni non durevoli (da +0,9% a +1,3%) e, in misura minore, di quelli dei servizi relativi all’abitazione (da +2,3% a +2,5%) e dei servizi relativi alle comunicazioni (da +1,0% a +1,2%). Nel mese di novembre l’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera (da +1,8% a +1,9%), come anche quella al netto dei soli beni energetici (da +1,9% a +2,2%). La dinamica tendenziale dei prezzi dei beni registra un’inversione di tendenza portandosi su valori positivi (da -0,5% a +0,4%) e quella dei servizi accelera lievemente (da +2,7% a +2,8%). Il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni si riduce quindi, portandosi a +2,4 punti percentuali (dai +3,2 di ottobre). I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona accelerano su base tendenziale (da +2,0% a +2,6%), come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +1,0% a +1,8%).

Agricoltori anello debole

Quanto ai beni alimentari, ieri è intervenuta Letizia Cesani, presidente di Coldiretti Toscana, a ribadire che gli aumenti non possono essere imputati agli agricoltori che anzi rappresentano la parte debole della filiera. «Solo 17 centesimi su ogni euro speso dai consumatori in prodotti agricoli freschi - sottolinea Cesani - rimangono nelle tasche degli agricoltori. Alcuni anni fa erano 25. La remunerazione per l’agricoltore scende ulteriormente se si tratta di prodotti trasformati. C’è un disequilibrio chiaro ed evidente che penalizza le imprese agricole ed i consumatori che, guarda caso, stanno all’inizio e alla fine della filiera. Chi sta nel mezzo fa affari. È evidente una erosione progressiva dei margini agricoli rispetto a dieci anni fa».
«La sostenibilità economica - prosegue Cesani - è il primo pilastro di qualsiasi impresa, anche di quelle agricole che sono in grandissima difficoltà. Serve una distribuzione più equa lungo la filiera e bisogna soprattutto riconoscere agli agricoltori una giusta e adeguata remunerazione che non deve mai essere inferiore ai costi di produzione. Come? Applicando la direttiva contro le pratiche sleali».


La concorrenza sleale
La presidente di Coldiretti Toscana prosegue sottolineando come pesi appunto «il fattore della concorrenza sleale: le nostre imprese affondano per l’invasione di prodotti che arrivano dall’estero, soprattutto dai Paesi extra Eu, dove non si rispettano le stesse regole sanitarie, ambientali che ci sono qui, né i diritti dei lavoratori. Ecco perché stiamo chiedendo che sia applicato il principio di reciprocità: se vuoi vendere i tuoi prodotti in Italia e in Europa devi stare alle nostre regole. L’aumento dei prezzi dei beni alimentari ha poi un altro effetto: le famiglie, soprattutto quelle più fragili, che devono decidere se pagare l’affitto o mangiare, sono costrette ad abbassare la qualità dell’alimentazione, con ripercussioni per la loro salute. Noi crediamo che si debba ripartire da un rapporto più equilibrato tra gli attori della filiera».

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