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Commercio: il report

Black Friday e negozi in rosso: così vanno ko i centri storici. I numeri in Toscana zona per zona

di Alessandro Pattume
Un negozio con il cartello Black Friday (foto Imagoeconomica)
Un negozio con il cartello Black Friday (foto Imagoeconomica)

Dalle vetrine fisiche a quelle online, non si placa la desertificazione: titolari divisi tra chi dice no alla settimana degli sconti e chi la cavalca

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Ammaliati dalle promesse del Black Friday ma intristiti dalla moria dei negozi di quartiere. Stuzzicati dal bombardamento di promozioni online ma indignati se non c’è un alimentari sotto casa. Ogni anno è la stessa storia. Mentre a novembre si riempiono i carrelli degli store e si spulciano le liste dei desideri, si fa anche il computo dei negozi di vicinato che chiudono, condannando a lenta agonia centri storici e paesi. Una delle contraddizioni più grandi e forse ineluttabili dell’era digitale, acuitasi ancora di più dopo il Covid.

Primi per il Black Friday

L’86% degli italiani è a caccia delle occasioni proposte dalla lunga settimana dello sconto. Lo dice l’analisi “Black Friday Survey 2024” realizzata da Pwc, che pone il Bel Paese in cima al podio della partecipazione al maxi-evento collettivo degli affari di novembre, partito come appuntamento tutto americano del venerdì dopo il Ringraziamento e diventato nel tempo evento globale lungo una settimana. Condotta su un campione di 10.000 persone di cinque Paesi europei (Francia, Germania, Irlanda, Italia e Turchia), l’analisi dice anche più della metà degli italiani intervistati (54,3%) prevede di spendere tra 101 e 500 euro. Lo farà soprattutto nel campo dell’elettronica (46%), dell’abbigliamento per adulti (35%) e della casa (23%). Un’inversione di tendenza che secondo il rapporto suggerisce la propensione per 9 italiani su 10 a investire in prodotti durevoli e funzionali invece che in beni “voluttuari”. Volendo, potrebbe trattarsi anche del lento spostamento dell’attenzione verso la qualità e il valore, sostiene il rapporto.

Desertificazione

In un recente report, Confesercenti parlava esplicitamente di un altro spostamento, quello delle vetrine dei negozi dalla strada alla rete. E raccontava, numeri alla mano, di una crisi strutturale che ha portato l’Italia alla perdita di 140mila negozi in dieci anni (2014-2024), di cui 46.500 proprio dei negozi di vicinato: forni, alimentari, fruttivendoli, edicole e tutti gli altri esercizi che alimentano la vita di quartiere. Solo in Toscana se ne sono persi 3.500 in dieci anni, faceva il punto un altro studio, questa volta di Confcommercio insieme a Isvg l’estate scorsa. Erano 16.445 nel 2012 mentre l’ultima rilevazione, quella del 2023, ne registra 12.963.

A Firenze ne sono spariti più di mille, a Livorno 530, a Pisa 304. Le due città costiere, insieme con Arezzo, sono quelle che registrano la flessione maggiore. Nell’ultimo decennio le chiusure hanno superato il 24% contribuendo a una grande trasformazione economica e sociale di cui ancora non si definiscono i contorni. D’altro canto, riportava però Confesercenti, negli ultimi dieci anni le imprese della digital economy sono cresciute di quasi l’80%, con un balzo del 208% proprio dei negozi di commercio al dettaglio di ogni tipo, passati in dieci anni da 13mila a 27mila unità. Un incremento che si è tradotto in pacchi, piccoli e grandi, portati da un capo all’altro della penisola ad ogni ora del giorno e della notte. Trecentosessantacinque giorni all’anno. Nel 2016 in Italia i corrieri hanno consegnato circa 300 milioni di pacchi mentre nel 2023, con un incremento del 204%, sono stati 905 milioni. E se la Lombardia è la regione che si serve di più degli e-commerce (166 milioni di pacchi nel 2023), la Toscana è all’ottavo posto con 59 milioni di pacchi, dopo Piemonte, Veneto, Campania, Lazio, Emilia-Romagna e Sicilia.

C’è chi dice no

Nato negli anni Sessanta ma diventato fenomeno di massa globale solo con l’avvento delle piattaforme di vendita online, adesso il Black Friday è addirittura uscito fuori dalla rete invadendo anche i negozi fisici. E da sempre l’entusiasmo e la trepidazione per la caccia all’occasione sono accompagnati anche da una buona dose di indignazione e di resistenza. Resistenza etica, soprattutto, come quella di alcuni brand che decidono di devolvere tutto o una parte dell’incasso del venerdì nero a favore della sostenibilità ambientale oppure che annunciano di non partecipare proprio al periodo degli sconti. È il caso, per rimanere in Toscana, dei negozi di abbigliamento Poli di Grosseto, che per la prima volta hanno deciso di non aderire agli sconti di novembre per rispetto dei clienti che vengono tutto l’anno. Chi invece dà battaglia è l’Uncem, l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani. “Il Black Friday è solo nei negozi del tuo territorio” è il nome della campagna che da tre anni a questa parte porta avanti contro la desertificazione commerciale delle aree montane.

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