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Mancata comparizione

Rischioso non presentarsi in Tribunale avendo ricevuto la convocazione

Rischioso non presentarsi in Tribunale avendo ricevuto la convocazione

La testimonianza obbligo giuridico: i consigli dell'avvocata Giulia Orsatti

18 novembre 2024
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Buongiorno, spettabile redazione. Ho ricevuto una raccomandata da un avvocato con la quale mi era richiesto di presentarmi in Tribunale per essere sentito come testimone in una causa civile. Non nego di essere tutt’ora nel panico, che cosa succederebbe se decidessi di non andare? E anche volendo andare, come faccio col lavoro?
Gianluca


Essere convocato in un’aula di Tribunale è un evento che può spaventare, soprattutto chi non è abituato a recarvisi per motivi di lavoro e ancor più chi è completamente estraneo al mondo del diritto. Tuttavia, non sempre il sentimento di panico è giustificato. Essere chiamato come testimone, infatti, è un’eventualità che può capitare quando veniamo individuati come soggetti informati su fatti ritenuti rilevanti ai fini di una decisione su una o più questioni che non attendono alla nostra sfera di interesse, ma sono oggetto di lite tra altri.

In particolare, il testimone è un terzo estraneo al processo nel quale viene chiamato a rendere la testimonianza e che, per definizione, non deve avere interesse in relazione all’oggetto del giudizio, ovvero rivestire determinate qualità soggettive che lo rendano inattendibile agli occhi del giudice.

La testimonianza, così come definita all’interno della nota pronuncia della Cassazione, di cui alla sentenza n.13693 del 31/07/2012, infatti, non è altro che “una dichiarazione di scienza resa da un soggetto terzo estraneo al giudizio, che fornisce la versione dello svolgimento di un fatto del quale afferma di essere a conoscenza. Deve avere ad oggetto fatti obiettivi e non apprezzamenti o valutazioni richiedenti conoscenze tecniche o nozioni di esperienza non rientranti nel notorio, ed i giudizi espressi dal teste sono rilevanti, cioè idonei a concorrere alla formazione del convincimento del giudicante, solamente quando sono inscindibili dalla descrizione del fatto”.

Nel corso del processo, invero, le parti sono chiamate a fornire la prova dei fatti che si pongono a fondamento dei diritti che intendono far valere o che - viceversa - ne dimostrino la relativa estinzione e modificazione.

Ebbene, tra i vari mezzi di prova messi a disposizione dal nostro ordinamento per ottenere il risultato sopra detto è compresa la testimonianza, la quale si configura come una prova “costituenda”. La stessa, infatti, non potrà che formarsi se non all’interno del contraddittorio, in udienza, direttamente dinanzi all’autorità giudiziaria.

La capitolazione della prova testimoniale, peraltro, segue regole stringenti: le domande da porre a ciascun testimone, infatti, devono essere formulate dalle parti a pena di decadenza, entro uno specifico termine perentorio. Affinché il giudice ammetta i capitoli di prova richiesti da ciascuna parte, poi, questi dovranno essere formulati in un determinato modo. Ad esempio, dovranno essere autonomi l’uno dall’altro, riguardare circostanze specifiche e temporalmente orientate, dovranno attenere a pareri oggettivi e non risultare meramente valutativi, e così via.

Occorre sottolineare, in ogni caso, che rendere una testimonianza costituisce un vero e proprio obbligo giuridico. Il testimone, una volta citato, ha infatti il dovere di presentarsi all’udienza stabilita, attenersi alle prescrizioni date dal giudice in relazione alle esigenze processuali e di rispondere secondo verità sulle domande che gli vengono sottoposte.

Nel rito civile, le sanzioni previste in caso di mancata comparizione di un teste senza giustificato motivo, ai sensi dell’art. 255 c.p.c., sono il possibile suo accompagnamento coattivo, qualora disposto, e la sua possibile condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria che si aggira tra un minimo di 100 e un massimo 1.000 euro.

Per tale ragione, il datore di lavoro non potrà impedire a un proprio dipendente di assentarsi dal posto di lavoro per recarsi in Tribunale a rendere una testimonianza e, infine, agli artt. 45-48 del Dpr 30 maggio 2002, n. 115, è previsto il diritto per i testimoni a ottenere un’indennità.

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