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Ardit Curri è San Martino 26

di Claudio Mollo

	Lo chef (secondo da sinistra) con lo staff del suo ristorante nel cuore di San Gimignano
Lo chef (secondo da sinistra) con lo staff del suo ristorante nel cuore di San Gimignano

Dall’Albania alla Toscana antica

23 maggio 2024
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Nella splendida cornice di San Gimignano, un ristorante accogliente, dove tranquillità e raffinatezza si fondono sapientemente con la natura circostante. Nelle vecchie cantine di uno dei più antichi palazzi della città, Ardit Curri, albanese di origini ma italiano d’adozione, porta avanti da anni una cucina gourmet tecnica e ragionata che attinge alle tradizioni territoriali toscane senza però rinunciare a intriganti fusioni tra altri territori e culture alimentari. Una visione che Ardit, ha da sempre accarezzato e sviluppato con impegno, nel suo ristorante, il "San Martino 26", che porta il nome dell’omonima via sulla quale si affaccia. Una location elegante, dall’atmosfera riservata e soffusa, composta da più ambienti dislocati su 3 livelli, con privé e cantina situati nel piano interrato. E’ composto da sale con pareti in pietra e soffitti in mattoni. Lampadari in cristallo e pavimento in travertino, tutto ristrutturato con materiali naturali e originali dell’epoca. A soli 37 anni è considerato uno tra i massimi esponenti della cucina d’autore in Toscana, un artista che segue l’ideologia dell’unicità e dell’innovazione. A 16 anni si trasferisce in Italia, ad Arezzo e poco dopo inizia a frequentare con impegno la scuola alberghiera "A Vegni - Capezzine" di Cortona che lo fa innamorare del mondo del cibo. Da Cortona a San Gimignano il passo è breve e, inizialmente nei periodi estivi, e poi definitivamente, rimane a lavorare con la famiglia Pernarella, nel loro conosciutissimo locale "Perucà".

Dopo la scuola, subito esperienze importanti, tra le quali spiccano i periodi di lavoro a fianco di Beatrice Segoni nel ristorante Konnubio di Firenze, l’indimenticabile esperienza con Terry Giacomello, del ristorante Inkiostro di Parma, poi una full immersion alla riscoperta delle sue origini culinarie con lo chef Bledar Kola del ristorante Mullixhiu di Tirana e una grande lezione sulle tecniche e la raffinatezza alimentare, con l’esperienza fatta all’Atelier di Joel Robuchon Saint Jermain de Pres, nell’allora 2 Stelle Michelin.

Il menu, che cambia spesso, in continuo aggiornamento, è pensato e ragionato per essere intrigante, a tratti provocatorio e sono diversi i piatti proposti con particolari contrasti gustativi e cromatici per un risultato in grado di appagare un po’ tutti i palati. In carta, subentrano periodicamente nuovi piatti che man mano vanno a delineare le novità che poi entrano a far parte del menu ufficiale, le stagioni hanno sempre la precedenza su tutto e questo movimento, permette di avere un intero nuovo menù, quasi ogni mese.

Ardit studia i nuovi piatti con il suo staff, i suoi giovanissimi chef: Elvis Dedi, Filippo Restelli, Ryuha Ito e Ririca Inomata. In sala con lui, figura molto preparata, Letizia Mecca, sommelier, di soli 23 anni.

A Letizia, l’arduo compito di gestire ben 850 etichette, tra i vini del territorio e tante altre etichette italiane e straniere, 180 di queste scelte, sono rappresentate da meravigliose e variegate bollicine, tra le quali campeggiano gli Champagne. Da un po’ di tempo, Ardit, imposta i nuovi piatti, provandoli in stretta collaborazione con Elvis Dedi, al quale poi, lascia il compito di portare avanti il lavoro di cucina insieme agli altri giovani collaboratori, mentre lui, si sposta in sala, dove ha scoperto che non c’è migliore figura per spiegare un menu e vendere la qualità di un ristorante, dello chef titolare, di colui che studia i piatti, trasmettendo dinamismo, ricerca e tanto altro, tutto condito con il cuore. La cucina del San Martino 26 è una cucina di altro profilo, di innegabile impronta creativa, dove termini come "destrutturato" e "fusion", trovano dimora in pregiati piatti, senza mai esagerazioni ed estremismi.

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