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Sanità: la polemica

Beppe Grillo e i troppi esami in ospedale: che cos'è la medicina difensiva e perché fa discutere – Video


	A destra Beppe Grillo
A destra Beppe Grillo

«Il 50% degli esami che vengono effettuati in ospedale – dice Grillo – non serve a niente. Sono prescritti dai medici curanti su pressione dei pazienti. Il medico li prescrive solo per non correre rischi di fronte alle richieste insistenti dei pazienti». Ma è davvero così? Cosa c’è di reale nelle parole del fondatore del Movimento 5 Stelle?

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CECINA. Si chiama “medicina difensiva” e nel mondo di medici e dottori sta a significare l’insieme di quegli esami che il medico di base prescrive al paziente per non correre il rischio di problemi a livello legale. A spiegare meglio il fenomeno è Beppe Grillo, nel video in cui racconta i suoi giorni all’ospedale di Cecina per alcuni accertamenti nelle ultime settimane del 2023. «Il 50% degli esami che vengono effettuati in ospedale – dice Grillo – non serve a niente. Sono prescritti dai medici curanti su pressione dei pazienti. Il medico li prescrive solo per non correre rischi di fronte alle richieste insistenti dei pazienti». Ma è davvero così? Cosa c’è di reale nelle parole del fondatore del Movimento 5 Stelle?

L’ordine dei medici e lo scudo penale

«Il sistema vive una situazione aberrante, ci sono 10mila medici in meno negli ospedali, sul territorio mancano 14mila colleghi e il tempo da dedicare agli assistiti diminuisce perché aumenta il carico di lavoro. Così lo strumento della medicina difensiva diventa quello più praticato, anche se poi il 90% delle cause contro i colleghi si conclude in un nulla di fatto. Ma il tema di uno scudo penale per i medici torna prepotentemente, è un argomento che sappiamo sta a cuore al ministro Schillaci e dovremmo arrivare alla fine dei lavori della Commissione sulla colpa medica presieduta da Adelchi d'Ippolito. Speriamo quindi arrivi una proposta concreta per uno scudo penale per i medici». Così il presidente della Fnomceo (Federazione nazionale Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri), Filippo Anelli, commenta il racconto social di Beppe Grillo sul suo ricovero all'ospedale di Cecina e il passaggio sui troppi esami diagnostici che i medici prescrivono proprio per non aver problemi con i pazienti, per quella che appunto viene definita la “medicina difensiva”. 

Il parere di Bassetti 

«Le considerazioni di Grillo sulla sanità pubblica mi trovano d’accordo: troppa diagnostica figlia della medicina difensiva. Anziché tornare a fare i medici come si faceva una volta, mettendo la mano sulla pancia e visitando i pazienti, si prescrive una risonanza, una Tac e una ecografia. O molte altre cose. Se non si depenalizza l'atto medico credo che sarà difficile andare lontano». A parlare è Matteo Bassetti, direttore di malattie infettive del policlinico San Martino di Genova, intervenendo – anche lui – sul video di Beppe Grillo. «Non è un problema di quante prestazioni sanitarie possiamo fare ma della qualità e dell'appropriatezza, altrimenti le liste d'attesa diventano un pozzo senza fondo. Dovremmo cercare di spendere un po' meglio i soldi per la sanità pubblica», rimarca Bassetti.

Il farmacologo Garattini

Quando si parla di salute ricchi e poveri non sono uguali, ma per il farmacologo Silvio Garattini queste differenze non sono solo legate alle cattive abitudini o ai diversi mezzi che questi gruppi sociali hanno per prendersi cura di se stessi e del loro benessere, ma anche all'accesso ai servizi sanitari. «Sì, è vero che assistiamo a una forma di disuguaglianza. Ed è particolarmente evidente per esempio nei tempi di attesa, che possono essere evitati pagando», evidenzia commentando il video postato sui social da Beppe Grillo. «Il problema dell'intramoenia non è stato risolto – fa notare il presidente dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs – ed è una forma di ingiustizia, perché non è vero che tutti i cittadini hanno lo stesso diritto alla salute. Proprio in questi giorni è stato segnalato su un quotidiano uno dei tanti casi, quello di una persona alla quale è stato detto che aveva bisogno di fare ulteriori accertamenti per un problema di salute. Doveva fare due esami e, quando è andato a vedere le attese» per prenotarli, «uno glielo facevano a novembre 2024 e un altro nel 2025. Ma se pagava, l'appuntamento glielo davano subito. Il problema è che il costo era 350 euro e lui non aveva i soldi per pagare questa somma. Quindi doveva aspettare, punto e basta. Questo - prosegue Garattini - è in generale un indice del fatto che tutti coloro che hanno un livello basso in termini di determinanti socio-economici hanno una peggiore qualità di vita: hanno meno scolarità, meno reddito, meno attenzione alla propria salute. Sappiamo che fumano di più, che hanno più diabete, che sono più obesi perché non hanno attenzione alla propria salute e se devono andare a farsi curare non hanno i soldi per pagare l'intramoenia», conviene l'esperto, ripercorrendo la riflessione di Grillo. «Anche che ci sia una medicina difensiva è vero, ci sono molte evidenze - ragiona -. Questo dipende anche dal fatto che la gente si aspetta molto di più da quello che può fare la medicina rispetto a ciò che in realtà può fare. E quindi ritiene che se non viene guarita sia colpa del medico. Il medico fa tutto purché non gli dicano “non hai fatto questo esame” o “non hai dato questo farmaco”. E questo meccanismo naturalmente danneggia la persona e danneggia il Servizio sanitario nazionale, perché lo obbliga a fare cose che sono inutili». La disuguaglianza nell'accesso ai servizi sanitari, per Garattini, è dunque «uno dei veri problemi che abbiamo, e che poi la gente vive male. Ritorniamo in qualche modo all'epoca pre-Ssn. Io c'ero in quell'epoca - racconta - e mi ricordo che a chi aveva problemi di salute le mutue davano aiuto ma fino a un certo punto. Poi chi aveva soldi si poteva curare e chi non li aveva peggio per lui. Ed è quello che sta succedendo», all'atto pratico, nei casi segnalati di lunghe attese. Tutto questo però, avverte l'esperto, «non ci deve far ritenere che il Servizio sanitario nazionale sia inutile. Perché chi avrebbe i soldi per pagare una terapia antitumorale che oggi può costare 100mila euro? Chi avrebbe i soldi per farsi un trapianto di cuore o di rene? Chi avrebbe i soldi per un intervento cardiochirurgico importante? Il Servizio sanitario nazionale queste cose le fa tutte senza un carico sulle persone. Quindi non dobbiamo buttare via il Ssn perché ha dei difetti. Dobbiamo piuttosto cercare di curarli, e curare prima di tutto il Servizio sanitario nazionale e cercare di migliorarlo, però bisogna farlo». Come si risolve il problema? «Prima di tutto bisogna aumentare gli stipendi dei medici e degli infermieri di almeno il 30%. Questo eviterebbe di avere l'intramoenia - conclude -. Poi bisogna sistemare il nodo dei tempi d'attesa. E naturalmente bisogna fare molta informazione indipendente al pubblico, e ai medici, perché non facciano la medicina difensiva. Perché molti dei problemi delle liste d'attesa dipendono» proprio dalla iperprescrizione di esami per difendersi da qualsiasi rischio di tipo legale.

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