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L’emergenza

Migranti, accoglienza al collasso in Toscana: «Rischio tensostrutture»

di Sara Venchiarutti
Migranti, accoglienza al collasso in Toscana: «Rischio tensostrutture»

I posti sono esauriti pressoché ovunque: lo dice Biffoni, lo dice la referente regionale per l’immigrazione dell’Arci Toscana

30 agosto 2023
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La “tendopoli” di Vicchio del Mugello è durata appena 48 ore. Ed è sempre rimasta vuota: i migranti che doveva ospitare – prima 16, poi 8, poi 5 – non ci sono mai entrati e nemmeno ci entreranno. La chiamata alla Misericordia di Firenze era arrivata domenica, verso ora di pranzo. «Avete a disposizione due tende da poter montare in un campeggio a Vicchio (nella foto)?». Nel pomeriggio le strutture erano già montate. Subito si è scatenata la polemica. Contro le tende. Soprattutto contro la gestione dei migranti da parte dello Stato. «Quelle tende – chiarisce il sindaco di Vicchio, Filippo Carlà Campa – erano una estrema ratio, da usare in caso di necessità per un breve periodo. Non sarebbe mai diventata una tendopoli fissa, sono contrario». La prefettura aveva passato un’intera giornata a reperire dei posti. Niente da fare. «Non avrebbero avuto dove dormire. E allora abbiamo risposto di sì alla richiesta di allestire queste tensostrutture». Alla fine, però, non serviranno: tutti gli enti avevano continuano a cercare una sistemazione diversa, anche con l’aiuto dei Comuni vicini. «Dopo un lavoro in sinergia di prefettura, sindaci e associazioni le persone previste a Vicchio hanno trovato un’altra sistemazione, più idonea. Sono davvero contento», conferma il sindaco.

L’emergenza però resta. Eccome se resta. Nella situazione attuale le “tendopoli” temporanee potrebbero spuntare ovunque, secondo il presidente di Anci Toscana Matteo Biffoni. Di più: «Si allargheranno non solo in Toscana – avverte Biffoni – ma dappertutto: il problema di gestire i migranti con soluzioni emergenziali, che si vogliano chiamare tendopoli o tensostrutture, c’è».

I posti sono esauriti pressoché ovunque. Lo dice Biffoni, lo dice la referente regionale per l’immigrazione dell’Arci Toscana – tra le associazioni più attive in questo settore – Silvia Bini: «I Cas sono al collasso un po’ dappertutto». Le Prefetture chiamano gli enti locali, fanno i bandi per reperire nuovi spazi. E non li trovano. Non trovano nemmeno chi li deve gestire.

Il sindaco di Firenze Dario Nardella aveva detto di no alla proposta di accogliere i minori nelle palestre della scuola. «È follia». Il presidente della Regione Eugenio Giani a Chiusi è ricorso a due appartamenti sequestrati alla criminalità organizzata, ricavando 30 posti. «Vedremo sul territorio regionale se ci sono altre situazioni simili a quella», dice Giani. In ogni caso ci vorrà del tempo. E risorse. «Ho avviato – continua – un monitoraggio per cercare degli spazi per incrementare i Cas. Ma lo Stato deve darci i fondi per adeguare gli immobili per l’accoglienza: è una competenza statale».

Al 15 agosto – ultimo dato disponibile dal ministero dell’Interno – i migranti in Toscana ospitati nei Cas sono 7.601. L’Anci ha difficoltà ad avere un dato complessivo, regionale, sui posti nei Cas. Nel frattempo ci sono stati gli sbarchi a Livorno (60 migranti), a Carrara. In quest’ultimo caso delle 196 persone arrivate 80 sono rimaste qui. I restanti sono stati trasferiti nelle altre regioni. Ma già solo nei Cas gestiti dalla Misericordia di Firenze «abbiamo arrivi incessanti, soprattutto nel fine settimana, da fine luglio. In questo periodo è insostenibile», conferma il coordinatore Enrico Sandrelli.

Ma non perché i numeri degli arrivi siano aumentati rispetto a diversi anni fa. «Abbiamo gestito presenze anche più importanti, solo che il sistema prima funzionava», assicura Bini (Arci Toscana). Il problema è che «dopo il decreto sicurezza voluto da Matteo Salvini (allora ministro dell’Interno, ndr) – spiega Bini – i posti per l’accoglienza straordinaria sono diminuiti del 60-70% in regione. A Pistoia ne avevamo 800, ora fanno difficoltà a metterne in piedi 400: non trovano né gli spazi, né gli enti gestori». Posti andati persi perché l’Arci, così come molte altre associazioni del terzo settore, se ne è andata da quasi ovunque. In poche parole: «È stato smantellato il sistema dell’accoglienza capillare e diffusa». Un po’ «perché con il decreto Salvini – spiega Bini – i Cas hanno avuto solo un ruolo di “guardiano”, e molte associazioni non li hanno voluti gestire perché non potevano portare avanti dei progetti reali di accoglienza. Molti centri, quindi, sono stati smantellati per questo». Un po’ c’entra l’aspetto economico: «Le nuove regole – aggiunge – premiavano economicamente i centri grandi. Ecco le ragioni per cui tutti i bandi vanno deserti».

A rendere insufficienti i Cas ci si è messo anche il decreto Cutro. Perché non è vero che in Toscana mancano i posti dell’accoglienza. «Nei Sai – dice Giani – ci sono dei posti liberi. Ma col decreto Cutro si è burocratizzato questo passaggio e si è impedito di passare dai Cas ai Sai per i richiedenti diritto asilo. E questo è uno sbaglio».

E il rischio è che di fronte all’emergenza immediata la risposta sia solo una: la tenda. Come è stato per un certo periodo a Vicchio. «Nessuno però mi ha chiamato per criticare questa scelta», assicura il sindaco. «La polemica – continua – non esiste: se avessi messo delle tende canadesi anni Settanta va bene, ma qui siamo in una struttura attrezzata. Le critiche erano per la volontà del governo di creare delle tendopoli». E sulla frase «se riuscissimo a fare ciascuno la propria parte, l’accoglienza diffusa sarebbe più abbordabile» nessun riferimento ai colleghi sindaci: «Citavo una frase di don Milani. Sono convinto che tutti la stiamo facendo», dice.

Per Biffoni «è lo sfogo di un sindaco di preoccupato e ha ragione: continuare a definire surreali le preoccupazioni dei sindaci è stato uno scivolone da parte del Ministero».

Chiara anche l’assessora regionale alla Protezione Civile, Monia Monni: «È il governo che assegna i migranti e deve offrire le risposte. Se si è costretti a mettere le tende vuol dire che il governo non ha pianificato la redistribuzione dei migranti».

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