Il Tirreno

Toscana

La questione lavoro

Facchini di Mondo Convenienza in sciopero per il salario, i “sostituti” provano a forzare il picchetto

di Elena Andreini
Il presidio dei facchini in sciopero davanti al magazzino di Mondo Convenienza  a Campi Bisenzio
Il presidio dei facchini in sciopero davanti al magazzino di Mondo Convenienza a Campi Bisenzio

Doppia protesta al magazzino di Mondo Convenienza a Campi Bisenzio

02 giugno 2023
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CAMPI BISENZIO. È stata una giornata carica di tensione quella di ieri davanti ai cancelli di Mondo Convenienza di via Gattinella a Campi Bisenzio, dove i facchini montatori sono in presidio da giorni, sostenuti da SìCobas, per protestare contro il pesante carico lavorativo a cui sono sottoposti. Dopo due giorni di proteste, la situazione precipita alle 7 di mattina quando i camion dell’azienda tentano di uscire dal magazzino campigiano. A bordo facchini ingaggiati per sostituire momentaneamente quelli in sciopero. Davanti si sono trovati i manifestanti ad impedire il passaggio, con la polizia che in assetto antisommossa ha provato ad allontanare i contestatori seduti di fronte ai cancelli portandoli via di peso. La tensione sale per poi raffreddarsi di nuovo.

Alle 12.45 un nuovo tentativo di sgombero e, denuncia il sindacato di base, «tra i lavoratori alcuni hanno accusato malori e subito contusioni. Uno di loro è stato portato al pronto soccorso». Fin dalla mattina il clima è infuocato. Un continuo tira e molla con momenti di nervosismo.

Divisi dal cancello dell'azienda, i due gruppi di facchini montatori, tutti di origine straniera, si fronteggiano: fuori dal piazzale del magazzino i manifestanti che chiedono migliori condizioni di lavoro e dall'altro, all'interno, i facchini ingaggiati come sostituti e schierati con i cartelli «Vogliamo lavorare» pronti a salire sui camioncini per iniziare il programma di consegne.

«Per un anno ho lavorato con un contratto di pulizie e multiservizi – racconta Saleem Shoaib, facchino di origini pakistane che lavora nell’azienda da tre anni – senza contributi e con una paga base di 1.100 euro. Il lavoro che mi era stato richiesto di svolgere era pesante».

La situazione diventa incandescente. I facchini si siedono davanti ai cancelli, qualcuno si sdraia, altri sono pronti a sorreggere cartoni che recitano slogan per rivendicare i propri diritti: «1 giorno, 12-14 ore, 10 consegne, 6,80 euro all’ora lordi». E ancora: «Basta bugie, vogliamo i nostri diritti», «Se non c’è parcheggio devo i portare i mobili a piedi per 900 metri». Accanto ai lavoratori c’è anche la consigliera comunale fiorentina Antonella Bundu di Sinistra Progetto Comune.

Altri due lavoratori salgono sul muro dell’azienda e gridano slogan, sventolano la bandiera del SìCobas. Dall'altra parte, all’interno del piazzale, schermati gli altri facchini con i gilet fluorescenti, a sostenere due striscioni con la scritta «vogliamo lavorare». Il sole, nonostante non siano ancora le 10, brucia la pelle. Qualcuno porta bottiglie di acqua alle forze dell’ordine. C’è un nuovo tentativo di uscita dei camion e di nuovo i manifestanti si siedono sull’asfalto. Le forze dell’ordine cercano di allentare la tensione. La calma, almeno all’apparenza, torna. Poco prima delle 13 si riaccende però il nervosismo, con un nuovo tentativo dei camion di forzare il picchetto. Di nuovo, i manifestanti si siedono davanti ai cancelli, con le braccia intrecciate gli uni con gli altri per formare una barriera. Qualcuno filma quanto sta avvenendo.

I lavoratori si presentano come un argine davanti all'ingresso. C’è un nuovo sgombero, a fatica vengono spostati, qualcuno resta a terra. Tutto viene documentato dai telefonini e i video presto compaiono sui social.

«Sono passati almeno nove anni da quando, anche a Campi Bisenzio, i lavoratori hanno iniziato a denunciare l’inferno di chi lavora negli appalti – denuncia il sindacato SìCobas –. In questi nove anni poco o nulla però è cambiato. Per questo motivo, il sindacato e i lavoratori sono determinati ad andare fino in fondo nella lotta. Lo sciopero e il picchetto continueranno, quindi, ad oltranza».


 

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