Il Tirreno

Toscana

Lo scienziato pisano Marco Velli alla conquista del Sole: ha progettato la sonda superveloce

Camilla de Fazio
Lo scienziato pisano Marco Valli
Lo scienziato pisano Marco Valli

Il normalista, oggi docente in California, è uno dei cinque responsabili della missione della Nasa che partirà sabato 11 agosto. Ha progettato la sonda Parker Solar Probe, la più veloce mai costruita, che raggiungerà la stella nel 2024

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PISA. Il sogno di raggiungere il Sole è antico quanto l’umanità. Icaro, nonostante le sue ali di cera, non poté resistere alla tentazione di avvicinarsi pericolosamente alla nostra stella. A distanza di migliaia di anni dal mito greco, la mattina di sabato 11 agosto (ora italiana), la Nasa lancerà Parker Solar Probe, la sonda che più di qualunque altra si accosterà al sole. Il pisano Marco Velli, 56 anni, normalista, ricercatore della NASA, professore all’università della California (Ucla) è uno dei cinque scienziati responsabili della missione alla quale lavora dal 2010. È uno scienziato che rappresenta le eccellenze italiane Toscane.

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Qual è lo scopo della missione spaziale?

«Vogliamo capire i fenomeni che si verificano nello strato più esterno del Sole, al livello dell’atmosfera, la corona. Sotto la corona c’è la fotosfera, la superficie visibile del sole che ha una temperatura di circa 6.000 gradi. Stranamente la corona ha temperature molto più elevate, parliamo di 2 milioni di gradi. Cerchiamo di capire il perché di queste temperature, e di studiare l’attività solare in generale. Il Sole ha un campo magnetico che immagazzina dalla stella un’enorme quantità di energia, diventa instabile e la rilascia in modo esplosivo, con l’equivalente di centinaia di milioni di bombe a idrogeno ogni ora nell’atmosfera. Si genera così il vento solare, un vento supersonico di particelle che si allontana ad altissime velocità dal Sole. L’intento della ricerca è di prevedere le tempeste magnetiche».

Quali sono le tappe del viaggio della Parker Solar Probe prima di raggiungere il sole?

«La sonda sarà lanciata l sabato 11 agosto. Prima di raggiungere il sole, per entrare nella sua orbita, la sonda più veloce mai costruita, deve rallentare. Sfrutterà quindi la gravità di Venere. Attirata dal pianeta ricadrà verso di esso e gli ruoterà intorno per poi usarlo come fionda e ripartire alla volta del Sole. A novembre si troverà già in territori mai esplorati da strumenti umani, a 25 milioni di chilometri dal Sole, sei volte più vicino della Terra. È solo nel 2024 che la Parker Solar Probe raggiungerà la sua minima distanza dalla stella, a soli sei milioni di chilometri dal suo centro. Da qui potremo avere immagini e dati inediti sui fenomeni che avvengono nella corona».

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Perché è così importante studiare la nostra stella?

«Per tanti motivi. È fondamentale per condurre nuove missioni spaziali umane per esempio. Se degli astronauti dovessero partire per Marte bisognerebbe proteggerli dalle tempeste magnetiche. Diventa, quindi, necessario conoscerle e prevederle. Ma anche per motivi più banali. Quando c’è una tempesta magnetica sul Sole, dopo alcuni giorni o ore, questa può influire sull’attività dei satelliti e dispositivi, come il navigatore, non funzionano.

L’umanità studia costantemente il Sole, è fondamentale per la sua avventura spaziale. Per questo ogni sonda, dalla prima lanciata nel 1957, monitora l’attività solare, anche se a distanza».

Come può la sonda avvicinarsi tanto al Sole senza bruciarsi?

«Grazie a un particolare scudo protettivo fatto di fibra di carbonio rivestito da una vernice ceramica che consente di resistere a temperature superiori ai 1.200 gradi. In questo modo gli strumenti di misurazione della sonda dietro lo scudo restano a una temperatura di circa 20 gradi. La sonda dispone anche di pannelli solari speciali. Man mano che si avvicina al Sole essi si ripiegano per non bruciarsi, restano esposte solo “le punte” che sono celle solari resistenti al calore sviluppate per questa missione. Il satellite dispone anche di motori che permettono alla sonda di restare stabile, sempre orientata con lo scudo al sole, per proteggere gli strumenti. Una volta a livello della corona la combinazione della forza gravitazionale del Sole e della pressione della luce solare tendono a far girare la sonda dal lato non protetto dallo scudo. È ciò che avverrà una volta che “la benzina” del motore sarà esaurita, la Parker Probe finirà proprio come Icaro, una cometa che brucerà fondendosi sul Sole.»

Cosa misurerà la Parker Solar Probe?

«Sulla sonda ci sono quattro suite di strumenti. Un telescopio, che osserva la corona, antenne e magnetometri che misurano il campo-elettro magnetico e dei misuratori di particelle, che hanno lo scopo di capire quali gas si trovano nella corona e a che temperatura».

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Cosa potrebbe andare storto durante la missione?

«Il lancio è sempre un momento un po’ delicato. La sonda è soggetta ad accelerazioni e vibrazioni fortissime, quindi nonostante i test effettuati c’è sempre il rischio che qualche strumento possa rompersi. Inizialmente gli strumenti e le antenne sono piegati: quindi, nei primi giorni dopo il lancio, devono aprirsi e i coperchi del telescopio devono venire via, un altro momento un po’ difficile. Poi, ci sono molte incognite, dovute al fatto che la sonda raggiungerà territori inesplorati. Senza contare che una forte tempesta magnetica vicino al Sole potrebbe distruggere il satellite».

Se tutto va bene, chi elaborerà i dati e le immagini ricevute?

«Ci sarà inizialmente un coordinamento tra i cinque scienziati responsabili della missione. Io mi occupo di ricerca di base e di integrare i dati provenienti dai responsabili delle quattro suite di strumenti, ognuna sotto la responsabilità di un scienziato supervisore. I dati verranno poi resi pubblici alla comunità scientifica di tutto il mondo con la pubblicazione in rete sui siti NASA dedicati. Come supervisore scientifico sarò tra i primi interpreti delle informazioni che riceveremo a novembre. Non vedo l’ora». —

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