Il Tirreno

Fotografia

“Oceani” di David Doubilet: oltre 80 scatti mozzafiato in mostra a Firenze per scoprire il profondo blu

di Sabrina Carollo

	Una delle foto esposte a Villa Bardini a Firenze
Una delle foto esposte a Villa Bardini a Firenze

Fino al 12 aprile l'esposizione del pioniere della fotografia subacquea a Villa Bardini

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La più temibile tra gli animali ritratti in mostra è una medusa australiana, candida, elegante e sinuosa, fotografata con un gambero tra i tentacoli. Pare che nonostante l’aspetto - o la pubblicità negativa -, al suo confronto nemmeno l’impressionante sequenza multipla di denti squalo bianco o lo sguardo subdolo del coccodrillo americano dovrebbero inquietarci tanto. Le immagini di David Doubilet, fotografo newyorkese e pioniere del genere subacqueo che dal 1971 collabora con il prestigioso National Geographic, raccontano il mondo sommerso degli oceani aprendoci lo sguardo su una realtà che conosciamo ben poco, nonostante occupi il 70 per cento della superficie del pianeta.

Le sue strepitose fotografie sono ora visibili nella mostra “Oceani. David Doubilet” allestita fino al 12 aprile 2026 a Villa Bardini di Firenze - un gioiello nel gioiello. Oltre ottanta le immagini di grandi dimensioni esposte nelle undici sale dell’edificio, realizzate dal fotografo nei mari di tutto il mondo, dai Caraibi alle Filippine, dall'Indonesia all'Australia, fino all'Antartide: grazie al suo lavoro non solo possiamo osservare animali che altrimenti molto difficilmente potremmo ammirare, ma le immagini sono realizzate con una qualità estetica e uno sguardo poetico decisamente unici.

Si prova tenerezza davanti al pesce pagliaccio, guardingo nel suo anemone, si rimane affascinati dal misterioso drago marino; ci conquista la simpatia placida delle tartarughe, si rimane stregati dal ritmo quasi visibile del movimento dei pesci cardinale e ipnotizzati dalle forme bizzarre dei nudibranco che paiono usciti dalla matita di un fumettista. Ancora, l’occhio accarezza l’immensità del blu marino catturato dall’alto, interrotto solo dal rosso intenso di un biplano in volo; pare un dipinto astratto il turbinio di colori creati dai pesci Anthias e Chromis che nuotano attorno a un corallo, così come le nuvole di atheriniformes tra le mangrovie cubane.

«Parlare di David Doubilet è raccontare la storia della fotografia subacquea stessa, visto che lui ha scattato la sua prima foto a dodici anni, lo stesso anno in cui Jacques-Yves Cousteau, suo ispiratore, mise a punto una delle prime macchine fotografiche anfibie», ha commentato Marco Cattaneo, direttore di National Geographic e curatore della mostra. Molte immagini sono realizzate con la sofisticata tecnica dell’over/under, o split shot, che permette di catturare in un unico scatto una scena sopra e sotto la superficie dell'acqua, di cui Doubilet è stato praticamente il padre: è emozionante poter ammirare due mondi a confronto nello stesso momento. Di questo metodo impegnativo, che richiede un'attrezzatura specifica a cominciare da obiettivi super grandangolari o fish-eye, per compensare il differente indice di rifrazione dell'aria e dell'acqua, il fotografo ha dichiarato «Non ci sono scorciatoie per questa tecnica».

Dal nome di questa procedura si sviluppano poi i vari temi della mostra, giocata sugli opposti: warm/cold, close/far, scary/cute, bright/dark, threat/care e many/few, a raccontare ambienti distanti e situazioni molto diverse tra loro. E poi la grande immagine, ottenuta combinando 38 scatti, della carcassa di un sottomarino tedesco affondato al largo del North Carolina durante la seconda guerra Mondiale: lungo 67 metri, il relitto che giace a 35 metri di profondità è ora diventato casa per un numero imprecisato di specie marine.

C’è lo scatto, ormai entrato nella storia della fotografia, della subacquea Dinah Halstead circondata da un anello di barracuda nelle acque di Papua Nuova Guinea, nel 1987; e le tante, allarmanti immagini dedicate alle conseguenze devastanti dell’azione umana, dallo sbiancamento dei coralli dovuto all’innalzamento delle temperature negli oceani all’inquinamento da plastiche e spazzatura in luoghi remoti che potrebbero invece essere paradisi naturali, alla mattanze di delfini e alla pesca su scala industriale.

Perché negli anni, Doubilet e la moglie Jennifer Hayes, biologa marina e a sua volta fotografa subacquea, sono diventati campioni del mondo marino, denunciando la grave crisi ambientale che sta investendo il pianeta e i suoi oceani e le conseguenze che ha sull’equilibrio degli ecosistemi. È lui stesso che racconta come non soltanto gli esseri umani siano voraci consumatori di pesce, ma che anche gli animali che vengono allevati per poi essere macellati sono causa dello svuotamento dei mari, come per esempio i maiali, i primi consumatori di pesce al mondo. «È una mostra che emoziona, che parla a tutti indistintamente, e che fa riflettere sulla fragilità del nostro pianeta», ha commentato Maria Oliva Scaramuzzi, vice presidente di Fondazione Cr Firenze, principale promotore dell’esposizione. A corredo dell’esposizione viene proiettato anche un breve video in cui il fotografo viene seguito durante una giornata di lavoro nei mari, in compagnia della moglie.
 

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