Il Tirreno

Firenze

La pittura jazz di Paolo Conte colora gli Uffizi

di Gabriele Rizza
La pittura jazz di Paolo Conte colora gli Uffizi

L’artista si racconta: «La composizione musicale mi regala eccitazione, la pittura mi dà calma e leggerezza»

3 MINUTI DI LETTURA





Non è il titolo di una canzone ma una citazione colta e palpabile. Perché quel "Nostalgia di un golf, un dolcissimo golf di lana blu" che incastona i 69 disegni, in gran parte inediti, realizzati da Paolo Conte dagli anni Settanta ad oggi, in mostra fino al 7 gennaio nelle sale dell’arte grafica appena inaugurate della Galleria gli Uffizi, stabiliscono un diretto contatto, una vicinanza emotiva, una sottile linea rossa con lo stile svagato, lucido e sornione, del musicista astigiano, cantautore universale ma anche, come sappiamo, delizioso "disegnatore". Sono piccole superfici colorate e in banco nero come tante copertine di 45 giri di una volta. Ritratti, jazzisti al lavoro, scorci metropolitani dal sapore sironiano, i treni, le macchine, le carrozze, vampe di movimento come uscite dalle tavolozze futuriste, un mondo fumoso da sigarette al mentolo, fantasie del tango e stralunate milonghe che molto hanno di felliniano stupore quando non intrise di traiettorie moderniste ed espressioniste (Egon Schiele sussurra i suoi orgasmi) rappresentato attraverso una grande varietà di tecniche, pennarelli, pastelli, acquarello. Il libro dei sogni di Paolo Conte, visioni che spesso hanno accompagnato l’uscita dei suoi album, ondeggia al ritmo del jazz, immerso nel clima sulfureo della avanguardie storiche, trova la sua esemplare rappresentazione nell’opera multimediale Razmataz, dallo stesso Conte definita una "storyboard sonorizzata": formata da una raccolta di disegni, accompagnati da musica e dialoghi, racconta un incontro-scontro tra diverse culture in una allucinata, caotica e seducente Parigi anni anni Venti. E alcune delle oltre 1800 illustrazioni che compongono Razmataz sono finite agli Uffizi in questa occasione, testimoni di un lavoro che non è da meno di quello squisitamente per il quale Palo Conte è giustamente e universalmente famoso.

«Ho già avuto occasione di confessare che il vizio della pittura e del disegno sia nella mia vita più antico di quello per la musica e le canzoni - spiega con la consueta ironia Conte - confessando anche che la composizione musicale manovra su di me in forma di eccitazione, mentre pittura e disegno mi danno calma e leggerezza. Dopo le mostre tenute in occasione della pubblicazione di Razmataz, la mia frequentazione delle belle arti si è fermata, anche per la legittima preoccupazione che quel tanto di notorietà acquisita come canzonettista potesse indurre a pensare che ne volessi approfittare per affrancarmi ad un’altra diversa ribalta. Così, allora, i miei lavori sono tornati nei miei cassetti, appunto come la nostalgia di un dolcissimo golf di lana blu». Gli fa eco il direttore degli Uffizi Eike Schmidt: «Tanti artisti sono stati musicisti e compositori di talento, e nella collezione di autoritratti vediamo che alcuni pittori si sono raffigurati con gli strumenti che suonavano, e che evidentemente costituivano un complemento così importante della loro personalità da doverli presentare accanto alla propria effigie. Ora la mostra di Paolo Conte vuole testimoniare la doppia anima artistica del grande musicista, e portare all’attenzione del pubblico questo aspetto forse meno noto, ma non meno fondamentale della sua creatività».

Il 7 gennaio, al termine dell’esposizione, Paolo Conte donerà al museo il suo "Autoritratto di un pirla" datato 1978 che entrerà così a far parte della celebre collezione della Galleria. «Gli siamo infinitamente grati per il dono - conclude Schmidt che cura la mostra insieme a Chiara Toti - che nella bizzarria autoflagellante del titolo ci ricorda la suprema ironia, la forza irriverente dei titoli e dei testi delle sue canzoni».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Agguato mortale
Le indagini

Prato, omicidio ai giardini di via Corridoni: fermati due giovani

Sani e Belli