Ricordi di mare
Dal villaggio di pescatorii a luogo di villeggiatura. L'epopea di Marina di Grosseto fino ai giorni nostri
Il viaggiatore alla ricerca dei passi perduti nella Toscana meno nota giunge a Marina di Grosseto alla ricerca di una nuova vita. Come io stesso vi approdai di nuovo nei primissimi giorni dell’ottobre del 2019 alla ricerca di quella che Hegel chiamava la vita migliore. Ero appena uscito dal Centro di riabilitazione Toscana di Terranova Bracciolini. Perché i luoghi di mare, essendo luoghi posti su quell’eterno scorrere, rappresentato proprio dalle onde marine, sono luoghi mai fermi, continuamente cangianti, sempre all’origine del moto perpetuo. E poi il primo inizio di chi scrive fu lì, tra sabbie e pinete, a Marina.
Il luogo veniva da una storia nascosta, minore. All’inizio dell’era moderna, era un semplice avamposto della civiltà, proprio nel senso di Conrad. Segno di quell’avamposto di allora, è a tutt’oggi la piccola ma deliziosa fortezza rossa che fu fatta costruire dai granduchi di Toscana, fra il mare, la pineta, e quella sorta di rivo che taglia in due l’abitato, che si chiama ancora canale di San Rocco. Nei primi anni del secolo scorso, poi, Marina era soltanto un villaggio di pescatori, in gran parte costituito da povere abitazioni che davano proprio sulle dune di sabbia della spiaggia. Ma negli anni ‘20 del 900 furono scoperti i bagni di mare. Nacque la prima voga di farsi costruire i villini per la stagione de’ bagni. Marina divenne allora una Viareggio minore, un Forte dei Marmi portatile. C’era il mare, c’era il sole, ed era tutto quello che bastava.
Nacque nel luogo di mare il primo corso centrale, ai lati del quali erano sbocciate come funghi le prime villette liberty. Sembravano fermate del metro di Parigi. Occhieggiava in mezzo a quel grande stile floreale, che era lo stile della nuova gioventù europea, la rotonda dove la gioventù perduta locale andava per ballare, fumare una sigaretta, conoscere qualche bella ragazza, qualche giovinotto fascinoso, per incontrare gli amanti, per inseguire i baci rubati. A metà di quel corso perduto era sorta anche la chiesa dell’abitato, dedicata al Santo del paese, San Rocco. Lo stesso Santo del rivo, lo stesso protettore dei pescatori.
Dopo la prima guerra mondiale, ci fu il boom dei bagni. La gente affollava il bagnasciuga, in strani pantaloni e costumi lunghi. Era facile sognare amori marini, difficile metterli proustianamente in pratica. Io stesso, in uno dei miei primi amori marinesi, da adolescente roso dall’impazienza, era una ragazza Svizzera dal misterioso nome di Chandra. Negli anni ‘60, poi, Marina divenne famosa in tutta Italia per una serie televisiva di quella che allora era chiamata tra amici mamma Rai: “La famiglia Benvenuti”. Raccontava la storia di una famiglia che villeggiava a Marina. Protagonisti erano Enrico Maria Salerno, che faceva il pater familias e tra le star della produzione c’era un giovanissimo Giusva Fioravanti, che faceva il figlio maggiore. Pochi anni dopo l’Italia entrò nel periodo delle tempeste d’acciaio, degli opposti terrorismi. E il bel Fioravanti, dallo sguardo malioso, divenne ben presto il capo di un gruppo spietato di terroristi neofascisti che agiva nella capitale, i Nar. Per conoscere il suo operato, basta leggere “A mano armata” di Giovanni Bianconi.
Con quella serie Rai, Marina entrò nei suoi anni neri. Si aprirono gli anni ‘70 e fu il periodo in cui la cittadina di mare divenne una specie di piccola capitale della droga. Lo so bene, perché lo toccai con mano. In quegli anni più di una generazione di giovani marinesi si addentrò nel labirinto dell’eroina. Molti furono consumatori, molti altri ne divennero anche sensali e spacciatori. Alcuni marinesi cominciarono a commerciare in droga oltre Italia, addirittura molto lontano. Molti erano stati miei compagni alle elementari, amici di giochi infantili ed ignari tra pini e dune sulle spiagge d inverno. Più tardi li ritrovai in grandi prigioni di grandi città, o in strane strutture dedicate al recupero.
Se passeggio oggi attraverso il lungo mare della cittadina, sembra di essere in una nuova città brasiliana. Negli anni ‘90, in cui Grosseto aveva uno dei primi governi forzitalici in Toscana, fu costruito un grande porto. In quel periodo, erano ancora vivi in paese i ricordi di tipiche figure marinesi, come il Negus e Zazza’. In quegli anni, mi ero innamorato di una bella ragazza, Elisabetta, che era cresciuta anche lei a Marina. Essere cresciuto lì era un punto d’onore per me. Lo raccontavo ai miei amici, quando abitavo a Londra o Chicago. Tuttora, se voglio vedere il mio povero babbo, e parlare con lui, vado a Marina. So che è lì, che mi aspetta. Al bagno Giglio. Come tutte le cose profonde ed importanti aspettano li il viaggiatore, che non vede l’ora di reincontrarle, mentre luccicano al sole come le scaglie di mare. l
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