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Spalletti, i miracoli e san Cristiano Giuntoli

di Fabrizio Bocca

	Luciano Spalletti
Luciano Spalletti

apoli a gonfie vele in Champions e in campionato: sarà l’anno buono?

06 ottobre 2022
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Se Luciano Spalletti avesse evitato di farsi il segno della croce sul finire di Ajax-Napoli 1-6, probabilmente avrebbe contribuito a soffiar via quell’aura mistica e trascendente che inevitabilmente salta fuori in queste occasioni. Che sono sì eccezionali, ma non certo piovute dal cielo. Soprattutto quando si parla di Napoli e il luogo comune distorce qualsiasi realtà.

Il primo posto in Serie A e in Champions League e una raffica di gol a Liverpool, Rangers e Ajax tolgono all’impresa qualsiasi casualità o addirittura miracolismo e danno invece prova di una squadra all’altezza, oggi, delle più grandi. Domani, ovviamente, si vedrà: ma intanto…

Quel segno della croce però Spalletti se lo è fatto, in ossequio forse a quel gene trapattoniano che indubbiamente possiede, per comunanza di estrazione popolare, gestualità, lessico colorito e anche comportamento. Se il Trap spargeva ampolle di acqua santa davanti alla panchina, Lucio - così lo chiamano confidenzialmente - ringrazia il Signore per i gol di Raspadori, Di Lorenzo, Zielinski, Kvaratskhelia e Simeone alla Joan Cruijff Arena di Amsterdam. Non a caso Spalletti rientra nella categoria ormai sempre più numerosa degli “allenattori”, il cui mestiere è fare spettacolo nello spettacolo. Spalletti fa strani segni alla telecamera, litiga quasi sempre con gente della panchina avversaria, fa smorfie, agita il capo lucido come una palla da bowling. Sotto la scorza si nasconde comunque l’ottimo allenatore che ha sbancato lo stadio mito dell’Ajax col suo Napoli bum bum. «Abbiamo fatto calcio totale a casa di chi il calcio totale lo ha inventato», ha detto il Rinus Michels della Val d’Elsa.

Visto che siamo su uno strano campo dove il calcio si mescola al cinema, la coppia Aurelio De Laurentiis - Luciano Spalletti sembra la classica scena western del carro carico di nitroglicerina - “El Grinta” con John Wayne e Katharine Hepburn o “Giù la testa” con Rod Steiger e James Coburn… - su cui i due viaggiano pericolosamente, rischiando di saltare a ogni buca. Al cinema, quasi sempre vincono loro.

Il mondo del calcio ha una visione del presidente del Napoli come un alieno sceso a Fuorigrotta, dimenticando che l’imprenditore cinematografico non solo ha un’esperienza così ampia da andare da “Un Borghese Piccolo Piccolo” a “Natale sul Nilo”, dal cinema alto al cinepanettone, ma anche di essere ormai un uomo di football da 18 anni (2004). Per cui il tizio che usciva furioso dalla sala del sorteggio del calendario a Milano profferendo ai colleghi uno stentoreo «Siete tutti delle mr…e!» andandosene via inseguito da 100 fotografi sul retro del sellino di un giovanotto che passava da lì con uno scooter, è ormai diventato un imprenditore di calcio scafato e molto capace.

De Laurentiis è primo in A col Napoli e anche primo in B con il Bari. Certo se il Bari dovesse essere promosso il prossimo anno si dovrebbe procedere alla vendita obbligata, come fu lo scorso anno per la Salernitana di Lotito.

Ed è nella testa di De Laurentiis che è nato questo Napoli qui. La rivoluzione d’estate che ha epurato i beniamini del Maradona - Insigne, Mertens, Koulibaly, Fabian Ruiz - non solo ha comportato un notevole taglio del monte ingaggi (da 110 milioni a 73, pari al 34%), ma ha permesso di portare nel gruppo giocatori incredibili come il georgiano Kvaratskhelia e il coreano Kim, e soprattutto ha ricostruito uno spogliatoio in cui Spalletti, inizialmente lui stesso assai scettico sull’operazione, ha potuto ricostruire una squadra con i criteri che preferisce: agonismo, fisicità, carattere, calcio di qualità in velocità. Spalletti aspetta da anni quel grande successo che possa farlo considerare all’altezza di altri allenatori del suo rango, come Allegri o Conte. Se non si butta via potrebbe essere questo l’anno.

L’attuale boom del Napoli è stato possibile perché da 7 anni ha lo stesso direttore sportivo: Cristiano Giuntoli, 50 anni, fiorentino ha una visione del calcio tra l’antico e il moderno. Mentre molte società, come il Milan, vanno sul modello “Moneyball”, dal film di Brad Pitt sul manager Billy Beane nel baseball americano, ossia numeri, valutazioni scientifiche e banche dati (tipo la piattaforma Zelus), Giuntoli è ancora uno di quelli che crede nelle dritte, nella rete di informatori, nelle sue notizie, nei suoi occhi. Kvaratskhelia lo aveva già adocchiato ai tempi di Gattuso e prima che gli altri arrivassero alla Dinamo Batumi in Georgia, lui aveva già il contratto. Dieci milioni per un giocatore che ora varrà almeno cinque, sei volte tanto.

Non a caso adesso Giuntoli lo vorrebbe la Juventus, che tutte le ricostruzioni fino a ora ha fallito.

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