Il Tirreno

Meningite in Toscana, migliaia di portatori sani e un problema: non sanno di esserlo

di Stefano Taglione
Meningite in Toscana, migliaia di portatori sani e un problema: non sanno di esserlo

Si scoprono solo con il tampone ma di questi esami ne sono stati fatti solo 2300. Gli esperti: andrebbero vaccinati tutti

4 MINUTI DI LETTURA





Era un “killer” silenzioso, ma non sapeva di esserlo. Si è presentato insieme al figlio negli ambulatori della Croce bianca di Querceta, in Versilia, alla ricerca del suo medico di famiglia. Faceva fatica a respirare. Sudava, aveva dei conati di vomito. E si era spaventato. In verità, lo si è scoperto due giorni dopo, in quel momento era anche un portatore sano del meningococco B. Non del ceppo più pericoloso (che è la variante St11, quella toscana, del C) ma pur sempre di un batterio potenzialmente letale per chi gli stava intorno. Lui ne era immune – ora è ricoverato in una struttura specializzata di Firenze per altre ragioni che nulla avrebbero a che fare con la meningite – ma gli altri, chi vive con lui e chi gli è stato vicino negli ultimi giorni, probabilmente no.

Di portatore sano in Toscana non ce n’è soltanto uno. Sono molti di più e fra una settimana la Regione dirà esattamente quanti (su di loro l’Agenzia regionale di sanità ha compiuto un apposito e dettagliato studio). Sono dei “killer” silenziosi, perché dalla malattia sono immuni, ma possono trasmetterla. «Se consideriamo tutti i ceppi possiamo quantificarli nel 3-4% della popolazione regionale – spiega il professor Gianni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità – ma i portatori sani possono esserlo anche per poche settimane, perfino per qualche giorno, dato che in poco tempo generalmente riescono a debellare l’infezione. Non è facile individuarli proprio per questo motivo: oggi sono io, domani sei tu. Non è detto che contagino qualcuno, anche se potenzialmente ognuno di loro può trasmettere il batterio. Per quanto riguarda il meningococco di tipo C, invece – continua Rezza – il periodo in cui una persona diventa effettivamente portatrice sana è più breve. È una dinamica molto più veloce». Il presupposto affinché si realizzi il contagio non è comunque facile. Fra lui e un’altra persona, infatti, deve esserci un contatto diretto. «Sì, avviene per via diretta – rimarca Rezza – tramite un bacio oppure bevendo dallo stesso bicchiere. Quando un portatore sano viene individuato si fa la profilassi e va vaccinato. Così, poi, non lo è più».

[[atex:gelocal:il-tirreno:versilia:cronaca:1.14598204:gele.Finegil.StandardArticle2014v1:https://www.iltirreno.it/versilia/cronaca/2016/12/21/news/meningite-paura-per-un-portatore-sano-profilassi-per-una-squadra-del-118-1.14598204]]

Il 3-4 per cento dei 3.744.398 toscani – il dato è quello dell’Istat aggiornato al primo gennaio – corrisponde a 112.000 - 150.000 persone. Secondo la Regione i portatori sani si nascondono maggiormente nei ragazzi fra gli 11 e i 20 anni. Lo conferma l’assessore regionale alla salute, Stefania Saccardi. «Abbiamo inviato una lettera alle scuole, li vogliamo far vaccinare tutti», dice. Secondo il dottor Francesco Menichetti, primario del dipartimento di malattie infettive dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana – sul fronte dei portatori sani «serve un progetto molto più approfondito». Anche se la Regione – come detto – il 28 dicembre presenterà uno studio proprio su questa tematica. «I dati preliminari – commenta Menichetti – ci dicono che in Toscana per ogni caso di malattia ci sarebbero 25 portatori sani contro i 100 della media nazionale. Serve senz’altro una vaccinazione intensiva e completa nel gruppo degli adolescenti, fino ai 20 anni: così negli altri paesi è stato sconfitto il meningococco C».

[[atex:gelocal:il-tirreno:regione:toscana:1.14607112:Video:https://video.gelocal.it/iltirreno/dossier/meningite/10-risposte-sulla-meningite-in-toscana-come-mai-colpice-cosi-duramente-la-nostra-regione/72548/74028]]

Ma cosa fa la Regione per stanarli? Per scoprirli in maniera certa esiste un unico metodo: il tampone faringeo. Per ora soltanto chi si è vaccinato o sottoposto a profilassi ha avuto la possibilità di farlo (2.300 volontari). È su questi pazienti che si basa lo studio presentato fra Natale e Capodanno. Ma sui portatori sani non esiste una vera e propria ricerca in atto e i fari sono puntati sulle vaccinazioni. «Su di loro non abbiamo grandi numeri – rivela Saccardi – e il tampone faringeo lo utilizziamo solo per le indagini epidemiologiche, non per farlo a tutti. L’importante è il vaccino, la copertura».

Ci vorrebbero troppi soldi, probabilmente. E – sempre secondo la Regione – è una ricerca che comunque rischierebbe di essere poco efficace, visto che le persone «si accendono, poi si spengono», sostengono alcuni medici. Che cosa intendono dire? Che i portatori sani sono tali per pochi giorni, forse per qualche settimana. Non sono cronici. Devono essere sottoposti al tampone faringeo proprio in quella fase della loro vita, non in altri momenti. E, forse, da Firenze un’estensione massiva viene considerata una pratica che ha molti più costi che benefici. Anche se magari potrebbe aiutare in termini di prevenzione, perché Michele Silicani – l’infermiere della Croce bianca di Querceta che intervistiamo nell’articolo a destra e che ha visitato proprio un portatore sano – grazie agli esami effettuati sul suo paziente (che comunque si è presentato in ambulatorio per altri motivi) ha potuto fare la profilassi e prevenire ogni rischio di contagio. Ma l’unico antidoto per cercare di non diventare portatori sani è il vaccino. La curiosità non serve: è sottoponendosi all’antidoto che si può evitare di incorrere nel batterio o, eventualmente, di trasformarsi in “killer” silenziosi.

Primo piano
Il caso

Pisa, caos in un’aula dell’Università: lezione interrotta da studenti Pro Pal e il prof fa denuncia