Il Tirreno

Prato

Violenza contro i lavoratori

Prato, botte agli operai in sciopero: la procura indaga la filiera della moda

di Mario Neri

	L'aggressione agli operai
L'aggressione agli operai

Dopo l’aggressione a Montemurlo, perquisizioni e fascicolo per intermediazione illecit

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PRATO. È come scucire un abito e scoprire che sotto la fodera elegante c’è stoffa marcia, cucita con filo che si spezza al primo strappo. Il distretto tessile pratese vive così: in superficie il marchio “made in Italy”, nelle viscere turni di dodici ore, paghe da fame, minacce e, martedì scorso, persino pugni e calci contro operai in sciopero.

L’episodio di via delle Lame a Montemurlo – un operaio bengalese di trent’anni finito in ospedale dopo l’aggressione subita dalla titolare della stireria-confezione Alba srl e dal marito – ha rotto un argine che già scricchiolava da tempo. Non si tratta più solo di sfruttamento, ma di violenza diretta, ostentata, ripresa in un video che mostra la donna colpire con furia e l’uomo picchiare con la sigaretta accesa tra le labbra. Scene che ricordano altri pestaggi avvenuti nel distretto, dalle squadracce notturne ai picchetti davanti ai capannoni cinesi, segno che la violenza non conosce nazionalità ma appartiene a un sistema. Per la procura di Prato, guidata da Luca Tescaroli, non si può archiviare come l’ennesimo scontro di periferia. Le indagini hanno imboccato due direzioni: da un lato i reati di lesioni e violenza privata per l’aggressione al picchetto, dall’altro l’intermediazione e lo sfruttamento del lavoro. È la prima volta, dopo anni di denunce sindacali, che il tema della filiera entra a pieno titolo in un fascicolo giudiziario. I carabinieri hanno eseguito una serie di perquisizioni sia nella sede della Alba srl che in alcune ditte committenti. Sono state acquisite carte, contratti, documenti fiscali e computer. In procura si susseguono le audizioni di persone informate sui fatti, testimoni, lavoratori.

Il cuore dell’inchiesta è proprio lì: nella catena che porta il lavoro dai grandi marchi della moda fino alle mani degli operai pachistani, bengalesi e afgani seduti alle macchine da cucire. Ogni passaggio intermedio lima i costi, fino a scaricare il peso sui salari e sui corpi degli ultimi. Per il Sudd Cobas il nodo non è tanto Alba srl – «un ingranaggio del sistema» – ma chi sta sopra, i committenti, gli intermediari italiani che smistano ordini e garantiscono ai brand forniture a prezzi compressi fino all’osso. Su questo terreno si muove anche la politica locale. Il sindaco di Montemurlo, Simone Calamai, ha annunciato accertamenti sui committenti e la convocazione di un tavolo con la loro presenza e quella del sindacato: «Faremo tutto ciò che è possibile affinché vengano rispettati i diritti contrattuali dei lavoratori. Non ci può essere spazio per l’illegalità e per la violenza». Lo dice da sindaco e da presidente della Provincia di Prato, sottolineando che «gli enti che rappresento rifiutano ogni forma di sfruttamento e aggressione».

Le categorie economiche

Dal fronte delle categorie economiche, interviene perfino il presidente nazionale di Confindustria, Emanuele Orsini: «Noi siamo la Confindustria del dialogo, non per la violenza». Confartigianato e Cna parlano di «clima di tensione crescente» e invocano nuovi strumenti di controllo: incrocio di banche dati, monitoraggio dei consumi energetici e idrici, verifiche sugli indicatori finanziari. «Solo così – spiegano i presidenti Giusti e Melani – si potranno escludere dal distretto le realtà illegali che sporcano la reputazione di centinaia di aziende sane». Perché il rischio, lo ammettono, è che l’intero distretto paghi la reputazione di pochi capannoni fuori legge.

Ma la ferita è più profonda, perché riguarda il tessuto civile di una comunità che convive con lo sfruttamento da troppo tempo. Lo ha detto la diocesi di Prato, con parole che suonano come un monito: «Le voci di denuncia sono opportune, ma rischiano di essere sterili. Senza una presa di coscienza comunitaria non è possibile un cambiamento positivo». La Chiesa chiede una «fase nuova», un impegno collettivo per costruire una cultura del lavoro che non abbia più come fondamento il massimo ribasso. Già nei mesi scorsi il vescovo Giovanni Nerbini aveva promosso un ciclo di incontri per coinvolgere associazioni cattoliche, sindacati, cittadini. Da quel percorso nascerà un documento con proposte concrete su lavoro, giovani, immigrazione, sicurezza. Intanto il Sudd Cobas non arretra. «I pugni contro gli operai – scrive in un comunicato – sono il dito che indica la luna: il sistema malato che governa le filiere della moda». Per questo domani porterà la protesta a Prato, con una manifestazione che partirà dal Serraglio per raggiungere il Palazzo dell’Industria. «Il problema è nelle mani dei committenti – ripete Luca Toscano – Devono decidere se rimanere la causa del problema o diventare parte della soluzione».

La politica finora lontana

E la politica nazionale? Finora ha assistito da lontano, salvo qualche interrogazione parlamentare. Marco Biagioni, segretario del Pd pratese, annuncia che domani il partito sarà in piazza «con gli operai». Poche parole, ma il segnale è chiaro: questa volta la battaglia non può più essere lasciata solo agli operai picchiati davanti a un capannone.
 

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