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Il caso

La “guerra cinese” a Prato, così è nata l’inchiesta che imbarazza il Pd. Ed è il giorno degli interrogatori

di Paolo Nencioni
La “guerra cinese” a Prato, così è nata l’inchiesta che imbarazza il Pd. Ed è il giorno degli interrogatori

Tutto è partito dalle indagini sui contrasti nella logistica

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PRATO. È un mostro a tre teste, una specie di Cerbero, la creatura mitologica che vigilava sull’ingresso degli inferi, l’inchiesta che nel giro di un anno ha “bruciato” l’ex comandante della Compagnia dei carabinieri, Sergio Turini, e la sindaca Ilaria Bugetti, scottati dalle relazioni pericolose con l’imprenditore Riccardo Matteini Bresci. E come le tre teste di Cerbero, che rappresentavano il passato, il presente e il futuro, anche l’inchiesta dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia ha illuminato il passato (i rapporti tra Matteini Bresci e Turini) , il presente (quelli con la sindaca Bugetti) e promette di illuminare il futuro con il terzo ramo di questa indagine, quello più importante, quello che ha dato origine a tutto.

Da almeno tre anni la Dda indaga su quella che all’inizio è stata chiamata la “guerra delle grucce” e poi è diventata la “guerra della logistica”, i contrasti tra gruppi imprenditoriali e criminali cinesi per il controllo del settore. Era sugli incendi dei pronto moda e poi dei magazzini della logistica che indagavano già nel 2022 i magistrati fiorentini quando si sono imbattuti nelle conversazioni telefoniche tra Matteini Bresci e Turini, e poi in quelle che hanno messo nei guai la sindaca Bugetti. Così sono nate le due “costole” dell’inchiesta che hanno riempito le pagine dei giornali. Il “fascicolo madre”, quello sulla guerra cinese, è rimasto sullo sfondo perché finora non ha prodotto risultati, ma se e quando li produrrà, potrebbero essere anche più eclatanti di quelli emersi finora. Dentro ci sono gli imprenditori cinesi, ma quasi certamente anche i loro rapporti con gli italiani.

Il 14 settembre 2022 presero fuoco due pronto moda cinesi in via Gora del Pero, tra cui il Vivi Style. Stando alle indagini dei carabinieri, quell’incendio era legato alle minacce subite dal titolare del Vivi Style a partire dal mese di luglio, quando alcuni cinesi si presentarono davanti a un capannone di via Milano, a Montemurlo, e dopo una lite dettero fuoco anche a quello. Quel capannone era stato scelto dal titolare della Vivi Style per produrre grucce in società con un connazionale, ma qualcuno non era d’accordo. Lo stesso imprenditore in precedenza era scampato per miracolo a un agguato in stile mafioso all’interno del Ristorante Internazionale di via Roncioni e prima dell’incendio di via Gora del Pero gli avevano bruciato un’altra fabbrica.

Il 6 luglio dell’anno scorso un commando cinese ha tentato di uccidere un connazionale all’interno del locale notturno Number One di via Scarlatti (cinque cinesi sono già stati condannati per l’agguato), poi il 15 luglio è bruciato il capannone della Xin Shun Da in via Nottingham e a febbraio ci sono stati gli attacchi incendiari alla nuova sede della Shun Da in via dei Confini, alla Acca di Seano e alla Elt Express di via di Maiano a Campi Bisenzio, seguiti da altri due incendi a Madrid e Parigi. È un filo rosso che arriva da lontano, perché Zhang Di, il titolare della Elt Express, è il figlio di Zhang Naizhong, già coinvolto dieci anni fa nell’inchiesta China Truck (altri contrasti nella logistica cinese).

Indagare su queste dinamiche, col passare del tempo, è diventato sempre più difficile perché non c’è un gruppo criminale egemone, le alleanze sono variabili, gli interessi sono più forti e i soggetti da controllare sono sfuggenti, come tutto quello che ruota intorno al “distretto parallelo” cinese. La chiusura di questa indagine non è dietro l’angolo, dunque conviene concentrarsi sul presente, sull’interrogatorio a cui oggi a Firenze sarà sottoposto Riccardo Matteini Bresci dal giudice per le indagini preliminari Alessandro Moneti. L’imprenditore rischia seriamente il carcere e dunque, per alleggerire la propria posizione, potrebbe essere tentato di raccontare qualcosa che non ha ancora raccontato, mettendo nei guai altre persone. Per questo in molti guardano al Palazzo di giustizia di Novoli con un po’ di comprensibile preoccupazione. Sabato, intanto, i magistrati della Dda hanno sentito per ore Daria Orlandi, presidente di Anci e Cassa Edile, già intercettata nel corso delle indagini, e mercoledì sentiranno l’ex consigliere regionale Nicola Ciolini.

Già in occasione dell’inchiesta sui rapporti tra Matteini Bresci e il tenente colonnello Turini erano emersi i contatti con alcuni imprenditori cinesi, che però poi sono rimasti solo sullo sfondo, ma è molto probabile che presto questi fatti torneranno di attualità, non tanto per i contributi elettorali ricevuti dalla sindaca Bugetti da alcune aziende a conduzione cinese, tutti registrati, regolari e alla luce del sole (anche se non è stato così semplice farli venire alla luce del sole) , quanto per altri affari tra cinesi e italiani che forse così regolari non sono stati. 
 

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