Prato, condannato imprenditore italiano: aveva replicato il “modello cinese” dello sfruttamento
Due anni di reclusione per il titolare di un’azienda di stracci. Offese e scherzi di cattivo gusto nei confronti dei dipendenti africani
PRATO. Un imprenditore italiano ha applicato il “modello cinese” nella gestione dei suoi dipendenti, alcuni dei quali, di origine africana, sono stati anche oggetto di insulti razziali e in un caso minacciati con una pistola a salve. Per questo il Tribunale ha condannato Gennaro Iacomino, titolare della Gs International Business di via Bisenzio a Montemurlo, a due anni di reclusione e a una multa di 500 euro. I fatti si riferiscono al periodo compreso tra il 2019 e il 2020 e la condanna risale ad alcuni mesi fa. Ne dà notizia oggi, 17 giugno, il procuratore Luca Tescaroli con una nota.
Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, che hanno riguardato anche i familiari di Iacomino, poi assolti, l’imprenditore, titolare di un’azienda attiva nel settore della raccolta e del riciclo degli indumenti usati, avrebbe fatto contratti di falso part time ai suoi dipendenti: formalmente lavoravano 4 ore al giorno, ma di fatto ne lavoravano 9, con una veloce pausa pranzo nel capannone e stipendi compresi tra i 600 e i 700 euro, senza ferie o malattia. Per ogni giornata in cui non si presentavano al lavoro venivano loro decurtati 50 euro. Nella sentenza, il giudice ha scritto che la retribuzione era così bassa che in certi casi gli operai non riuscivano nemmeno a comprarsi da mangiare. Loro evidentemente non avevano molte alternative e hanno dovuto accettare queste condizioni. Non solo, lo stesso giudice parla di un «trattamento ghettizzante a matrice etnica». I lavoratori africani venivano tenuti a distanza dagli altri, adibiti alle mansioni più faticose e sottoposti a offese o scherzi di cattivo gusto. In un caso, come detto, sono stati minacciati dal padrone con una pistola, in realtà una scacciacani.
«Lo sfruttamento lavorativo – scrive il procuratore nella sua nota – rappresenta una condotta distorsiva del mercato del lavoro che deve essere contrastata con tutte le forze possibili per tutelare la dignità dei lavoratori e garantire, al contempo, una par condicio concorrenziale tesa a preservare le numerose imprese sane operanti nel nostro territorio».