Prato, festa musulmana in parrocchia e il vescovo fa lezione alla Lega
Le due europarlamentari Ceccardi e Sardone si dicono “basite”. La risposta di monsignor Nerbini: «Rileggete le encicliche di Giovanni Paolo II»
PRATO. C’è chi è più realista del re e chi vorrebbe essere più cattolico del vescovo. Per esempio le due eurodeputate della Lega Susanna Ceccardi e Silvia Sardone, che oggi, 6 giugno, si sono dette “sconcertate” e addirittura “basite” di fronte alla decisione della Diocesi di Prato di concedere, per la seconda volta in due mesi, il piazzale della chiesa di San Domenico per una ricorrenza della religione musulmana, in questo caso la Festa del Sacrificio.
Le parlamentari parlano di «ennesimo cedimento culturale». «Parlare di "integrazione" quando si concede l'uso di spazi ecclesiastici per cerimonie di altre fedi – aggiungono – non è rispettoso della nostra storia e delle nostre radici. Siamo di fronte a un'integrazione rovesciata, dove non sono gli ospiti ad adattarsi, ma è la nostra identità a dover fare passi indietro».
Un’interpretazione contestata radicalmente dal vescovo Giovanni Nerbini, che di dottrina cattolica e di dialogo tra religioni qualcosa dovrebbe saperne. «La scelta della Diocesi di Prato si pone in piena e perfetta continuità con il magistero della Chiesa Cattolica – spiega in una nota – San Giovanni Paolo II, sulla scia del Concilio Vaticano II, ha indicato tre esigenze fondamentali del dialogo interreligioso: la reciproca conoscenza, la scoperta e valorizzazione di ciò che è buono e vero fuori della Chiesa, la collaborazione. La scoperta e valorizzazione riguarda non soltanto i singoli non cristiani, ma anche gli aspetti delle stesse religioni. Nella Redemptor Hominis si parla dei “tesori della religiosità umana” e del “magnifico patrimonio dello spirito umano, che si è manifestato in tutte le religioni”. Nella Ecclesia in Asia San Giovanni Paolo II affronta il tema del pluralismo religioso: “L’Asia è anche la culla delle maggiori religioni del mondo, quali il giudaismo, il cristianesimo, l’islamismo, l’induismo. È luogo di nascita di molte altre tradizioni spirituali, quali il buddismo, il taoismo, il confucianesimo, lo zoroastrismo, il giainismo, il sikhismo e lo shintoismo… La Chiesa ha il rispetto più profondo per queste tradizioni e cerca di intrecciare un dialogo sincero con i loro seguaci. I valori religiosi che esse insegnano attendono il loro adempimento in Gesù Cristo”. Nell’enciclica Fides et Ratio (1998), al numero 2.2, vengono anche per la prima volta nel magistero, approfonditi e definiti gli elementi positivi delle altre religioni: essi sono la preghiera, i testi religiosi e i precetti morali. Tutto questo non sminuisce né svilisce la convinzione profonda di ogni credente che, secondo la tradizione, il cristianesimo è la religione della vera comunione con Dio, e non è una religione che parla “in nome di Dio”, “su” Dio, o “in vece sua”. Il mistero dell’incarnazione indica il punto di distinzione fondamentale del cristianesimo dalle altre religioni, e chiarisce il tema della rivelazione».
Insomma, una “lezione” che esalta la necessità del dialogo tra religioni ed è basata sulle encicliche di un santo, difficile da contestare, per chi si dichiari cattolico.
«Siamo venuti a Prato per lavorare, viviamo in questa città da tempo e abbiamo chiesto uno spazio per poterci riunire in preghiera – chiosa Omar Faruk a nome del Centro islamico bengalese – Ringraziamo la Chiesa pratese, il Comune e la Questura per averci dato questa possibilità». Con buona pace di Ceccardi e Sardone.