Giovane detenuto si toglie la vita nel carcere di Prato: è il terzo in sette mesi
Disperata corsa in ospedale per un sinti di 26 anni. Poco più di 24 ore prima c’era stato un tentativo di rivolta nella casa circondariale
PRATO. Un giovane detenuto si è tolto la vita sabato sera, 27 luglio, impiccandosi nella sua cella nel carcere della Dogaia. Si tratta del terzo suicidio che si verifica nella casa circondariale da fine dicembre, a conferma di un malessere che non riguarda solo il carcere di Prato.
Il suicidio dopo la protesta
La tragedia si è consumata poco più di 24 ore dopo che una ventina di detenuti aveva inscenato una plateale forma di protesta rifiutandosi di rientrare in cella dopo la socialità, rompendo le lampade al neon e barricandosi dentro una delle sezioni. Solo a tarda notte, dopo una lunga mediazione con la polizia penitenziaria e la direzione del carcere, la protesta era rientrata.
Inutile il tentativo di salvarlo
Il detenuto suicida aveva 26 anni ed era di etnia sinti, secondo quanto risulta al sindacato Uilpa. Gli agenti della polizia penitenziaria lo hanno trovato appeso nella sua cella e un’ambulanza lo ha trasportato in codice rosso all’ospedale Santo Stefano per una disperata manovra di rianimazione, ma alla fine i medici si sono dovuti arrendere all’evidenza e hanno dichiarato il decesso.
Secondo il sindacato Uilpa della polizia penitenziaria la vittima aveva alcune condanne definitive e sarebbe uscito dal carcere nel 2032. «Si tratta del 60° suicidio di un detenuto nel corso dell’anno, cui vanno aggiunti 6 appartenenti alla polizia penitenziaria che si sono tolti la vita. Una carneficina mai vista in precedenza – dice Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa – Così, mentre per il sottosegretario al Ministero della Giustizia, con delega ai detenuti, Andrea Ostellari, le carceri sono regolamentari e non c’è sovraffollamento, il guardasigilli, Carlo Nordio, parla di problema del sovraffollamento da affrontare con raziocinio. Esattamente quel raziocinio che non si rinviene nelle loro affermazioni contrastanti e nelle farneticazioni del sottosegretario, spintosi, evidentemente, fino a smentire il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che solo qualche giorno fa aveva definito la situazione penitenziaria indecorosa per un paese civile».
«Sono 14.500 i detenuti in più rispetto ai posti disponibili – aggiunge De Fazio – e, nel solo 2023, sono stati ben 4.731 i reclusi nei confronti dei quali la magistratura di sorveglianza ha dovuto riconoscere rimedi risarcitori per trattamento inumano e degradante. Risarcimenti, peraltro, la cui procedura viene attivata solo da chi è nelle condizioni di pagarsi un avvocato».
«Il governo ha intenzione di battere ogni macabro record? – si chiede polemicamente Riccardo Magi, segretario di Più Europa – Perché né Meloni né Nordio vogliono vedere questa strage silenziosa? Tornino sulla terra e intervengano con urgenza. Ci sono molte proposte depositate, da quella a mia prima firma sulle case di reinserimento a quello a prima firma Giachetti. Da parte della maggioranza manca la volontà politica».