Rogo alla Teresa moda, chiesti 4 anni e 10 mesi per i proprietari
Ultime battute del processo per la morte dei sette operai nel rogo della fabbrica dove lavoravano e vivevano. Requisitoria-fiume del pubblico ministero Lorenzo Gestri
PRATO. Sette ore e mezzo di requisitoria del pubblico ministero Lorenzo Gestri per arrivare a chiedere una condanna per lesioni aggravate, omicidio colposo plurimo e incendio colposo a 4 anni e 10 mesi di reclusione. Una richiesta di condanna uguale, e senza attenuanti, quella richiesta dal pm Gestri per Giacomo e Massimo Pellegrini, proprietari attraverso un’immobiliare di famiglia del capannone affittato alla Teresa Moda.
Una requisitoria fiume cominciata alle 9,30 con l'analisi punto per punto delle intercettazioni, delle testimonianze e dei documenti, quella del pubblico ministero Lorenzo Gestri sul processo per il rogo di via Toscana dove sono morti sette operai di origine cinese (Zheng Xiuping, 50 anni, Rao Changjian, 42, Lin Guang Xing, 51, Wang Chun Tao, 46, Dong Wenqiu, 45, Su Qifu, 43, Xue Xieqing, ) e che vede imputati i fratelli Giacomo e Massimo Pellegrini, soci dell'immobiliare Mgf .
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Il pm ripercorrendo i fatti salienti emersi durante il lungo dibattimento ha provato a far emergere che i due fratelli erano perfettamente a conoscenza del fatto che all'interno di quel magazzino c'erano dei dormitori, che era rimasta la stessa identica struttura a partire dal 2008 e che i lavoratori erano morti nel rogo proprio perché lì stavano dormendo.
Nella lunga requisitoria, in cui è stato citato anche Dostoyevsky con una massima sulla ricerca della verità, Gestri ha provato a dimostrare perché è impossibile sostenere che i fratelli non sapessero cosa c’era partendo dal fatto che non si sono presentati per raccontare la loro verità né durante le indagini né durante il processo davanti al giudice Giulio Fanales.
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Punto di partenza la testimonianza chiave della donna che gestiva l’aziendaTeresa Moda Lin You Lan e che ha raccontato in aula come imputata nel processo che l’ha condannata a otto anni e 8 mesi in primo grado e come testimone nel processo a carico dei Pellegrini di aver realizzato i dormitori nel 2008, gli stessi che poi sono andati a fuoco quel primo dicembre 2013. Ma che trova sostegno - sostiene il pm - in diverse altre testimonianze. Gestri ha riferito inoltre del sequestro, avvenuto un anno prima dell'incendio, di un magazzino (sempre di proprietà dell'immobiliare della famiglia) e dello sgomento di uno dei due fratelli Pellegrini per la situazione. «Aveva l'ufficio a 500 metri, possiamo credere che non sia mai andato a vedere cosa accadesse nell'altro magazzino, quello di via Toscana?»: ha domandato in modo retorico Gestri.
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Un viaggio a tappe lungo le fasi del dibattimento per ricordare anche come e dove le vittime sono state trovate per arrivare a dire che la morte è arrivata proprio perché stavano dormendo. Tutti tranne l'unico operaio superstite che riesce a uscire in pigiama e che nei primi video si vede mentre tenta di spengere le fiamme. E tranne colui, Su Qifu, che mentre la fabbrica brucia chiama la moglie. L'ultima telefonata per dire "sto morendo non riesco a uscire" e che dimostrerebbe anche, in base alla requisitoria di Lorenzo Gestri, che la via di fuga che portava nel tetto non era assolutamente percorribile e che l'inabilità per i lavoratori non è arrivata in 12 secondi come invece ha sostenuto il perito della difesa per la parte medica Brunero Begliomini. Quell'uomo sarà ritrovato, senza vita, con il braccio fuori dalle inferriate di una finestra sul retro. L'unico non carbonizzato.
Poi Gestri ha citato testimonianza per testimonianza, tutti coloro che negli anni erano entrati nel magazzino di via Toscana a trovare amici e parenti e che sostengono, uno dopo l'altro, che la struttura in cartongesso non era mai cambiata. E anche quei tecnici pratesi, dipendenti di aziende per la manutenzione delle macchine o verificatori dell'Asm o della Sori, che entrano in via Toscana e raccontano dei dormitori.
Un lungo elenco da cui si presumono anche fatti o testimonianze della presenza di Massimo Pellegrini nel magazzino, una volta per verificare le infiltrazioni del tetto (secondo Gestri lo dimostra anche una lettera dettagliata che invia a un'azienda che dovrebbe fare i lavori), un'altra volta quando Lin You Lan chiede di poter realizzare delle aperture sul tetto per arieggiare lo spazio di lavoro (che poi realizzerà l'imprenditrice saltando il pagamento di un mese di affitto) o quando l'operaio sopravvissuto riferisce di aver visto il proprietario del magazzino all'interno, proprio "al centro delle stanze".
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Per Gestri c'è un comportamento colpevole dei Pellegrini nella gestione degli immobili. Lo ripete più volte. «Una persona convinta di non aver fatto nulla corre dal suo magistrato o corre dal suo giudice e si difende», dice ripercorrendo i sequestri dei magazzini di via Cavour e di via Traversa del Crocifisso precedenti al rogo di via Toscana avvenuti per un uso improprio di quegli immobili. Proprio come in via Toscana. E’ stato a più di un’ora dal termine della requisitoria quando Gestri ha tentato l’affondo mostrando la trascrizione di un'intercettazione del 2014. Massimo Pellegrini risponde a un funzionario di un istituto di credito che chiede spiegazioni, con insistenza, sugli arresti domiciliari e continua a domandare all'immobiliarista sapesse qual era la situazione in via Toscana. Pellegrini tergiversa, poi risponde: "Se è così nessuno affitta niente (...)". Per Gestri una chiara ammissione della «consapevolezza degli abusi». Per il pm in via Toscana c’era «business a tutti i costi» e che quindi la colpa grave trova motivazione anche nel fatto «che se non avessero rifatto il contratto di affitto il 29 febbraio del 2012 non sarebbe successo dal momento che era inevitabile che avessero la chiara rappresentazione del rischio in quel capannone».
Al termine della requisitoria alle 19 passate e, solo con una breve pausa all’ora di pranzo, dopo la richiesta di condanna, la parola è passata agli avvocati di parte civile. Alla prossima udienza, fissata per martedì prossimo, sarà la volta agli avvocati della difesa per l'arringa. Poi la sentenza.
UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA: TUTTA LA STORIA