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San Miniato, ex presidente del Tuttocuoio appende (e poi rimuove) la lapide del fratello di Mussolini: «Con tutti i problemi che ci sono...»

di Nilo Di Modica
La lapide “In memoria di Arnaldo Mussolini” e il consiglio comunale di San Miniato
La lapide “In memoria di Arnaldo Mussolini” e il consiglio comunale di San Miniato

La scritta con tanto di fascio littorio sul muro esterno della sua casa

14 novembre 2024
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SAN MINIATO. “In memoria di Arnaldo Mussolini”. Una scritta sul marmo bianco, corredata da un fascio littorio (di fattura forse più recente) scatena la polemica politica fra Stibbio e il consiglio comunale.

Il ricordo del fratello del Duce, già direttore del giornale Il Popolo d’Italia e in tutto complice del regime, scomparso per cause naturali nel 1931, era comparsa a metà settembre sul muro di un’abitazione nella frazione sanminiatese, in via San Bartolomeo, ben visibile dalla via. Ad apporla il proprietario Andrea Dolfi, imprenditore della zona, già presidente del Tuttocuoio, finito al centro di un dibattito che nelle ultime settimane si era fatto più aspro, fino alla decisione di togliere la lapide.

Questione che però era diventata nel frattempo argomento di un’interrogazione al sindaco dibattuta in consiglio ieri pomeriggio, grazie a un intervento della lista Filo Rosso, di Veronica Bagni. «Una lapide che sappiamo essere stata già rimossa, ma che è stata apposta sulla pubblica via a poca distanza da dove peraltro cadde il partigiano Corrado Pannocchia – ha ricordato Bagni in consiglio –. Tutto questo in un Paese la cui Costituzione si dichiara antifascista e che nelle sue disposizioni transitorie prevede il reato di apologia di fascismo». Di qui la richiesta al primo cittadino di eventuali autorizzazioni pervenute che giustificassero la della lapide.

La reazione di Dolfi: «Con tutti i problemi che ci sono»

Dolfi l’avrebbe trovata in casa durante dei lavori di ristrutturazione. «Non era mia intenzione buttarla in politica, per me è un fatto storico e credo che la Storia sia qualcosa di importante – dice Dolfi. – La lapide l’ho trovata facendo dei lavori, mi è sembrato che fosse qualcosa che meritasse di essere esposta come parte della storia del Paese. Da allora ho ricevuto telefonate, segnalazioni, persone che mi hanno chiesto di toglierla. Mi sembra incredibile che qui a Stibbio, con tutti i problemi di degrado, parcheggi selvaggi e incuria, si sia deciso che quella lapide fosse in cima alla lista delle cose di cui occuparsi».

L’intervento del sindaco

Alle orecchie della consigliera Bagni, come anche del Comune, la notizia era arrivata proprio da vari residenti di Stibbio. Della questione, nelle settimane scorse, aveva cominciato a occuparsi anche la locale sezione dell’Anpi. Decisiva, infine, la pressione esercitata da vicini e residenti. «Non ci sono vincoli riguardanti il centro storico o l’abitazione. L’affissione, anche alla luce di una verifica fatta con la Soprintendenza, appare legittima – ha risposto il sindaco –. Ciò premesso l’amministrazione comunale ritiene inopportuna l’affissione a causa di un contenuto, anche simbolico, esecrabile e anticostituzionale, che offende la memoria storica del nostro territorio e in particolare la comunità di Stibbio, che 80 anni fa si distinse per impegno e militanza nella Resistenza. Parole che Simone Giglioli ha unito al ricordo di uno dei primissimi atti fatti dalla giunta appena insediata dopo la Liberazione, che nel ‘44 decise di cambiare il nome della piazza adiacente al palazzo comunale, intitolata proprio ad Arnaldo Mussolini «fratello di Benito e teorico clerico-fascista», dedicandola invece a Giuseppe Mazzini. «La risposta del Comune alla nostra interpellanza è del 30 ottobre e intorno al 4 novembre la lapide è stata tolta – precisa Luca Bini, di Filo Rosso –. Siamo contenti, ma la dinamica della vicenda ha del curioso».
 

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