Il Tirreno

Pontedera

Tribunale

Bientina, operai pagati due euro l’ora: imprenditore a giudizio per sfruttamento

Aula di tribubale (foto d'archivio)
Aula di tribubale (foto d'archivio)

La mamma è stata dichiarata irreperibile: anche lei finì nel mirino dell’attività della Guardia di finanza

02 giugno 2023
3 MINUTI DI LETTURA





BIENTINA. Lei, la mamma, non è stata rintracciata e la sentenza del gip è stata quella di non doversi procedere per mancata conoscenza del processo. Lui, il figlio, è stato rinviato a giudizio. Prima udienza nel febbraio 2024.

I due sono accusati di sfruttamento della manodopera per aver pagato meno del dovuto una ventina di lavoratori alle formali dipendenze della ditta “Angela”, ramo pelletteria a Bientina. La donna, Wang Meiqin, 63 anni, difesa dall’avvocato Alessandro Gava, è rientrata da tempo nel suo Paese. Se dovesse essere trovata il procedimento penale a suo carico riprendere un iter sospeso per irreperibilità. Il figlio, Hu Yongquan, 36 anni, “Federico”, (difensore Nunzio Giudice) era l’amministratore di fatto della ditta intestata alla mamma. Nessuno si è costituito parte civile.

Arrestato nel 2018 nell’operazione “Moonlighting”, diretta dal sostituto procuratore Miriam Pamela Romano, l’uomo è accusato, in concorso con la madre, di aver sfruttato sedici cinesi e quattro pakistani. Intestazione formale alla mamma dell’imputato, mai vista in zona, e attività gestita dal figlio con metodi che dopo il carcere adesso diventano un atto d’accusa processuale. Per dare il senso della vicenda è utile ricordare l’esito dei pedinamenti della Guardia di finanza. Lo vedevano accompagnare i dipendenti in banca dove, dopo aver cambiato l’assegno, gli restituivano metà dello stipendio, a volte anche di più. Ed erano cifre di gran lunga inferiori a quelle per le quali avevano lavorato. Nessun clandestino nella pelletteria “Angela”, da parecchi anni su piazza con i suoi prezzi stracciati nel settore di cinture e borse. Quello che usciva dalla pelletteria non era un prodotto dozzinale. I margini di guadagno iniziavano proprio dalle paghe miserrime consegnate agli operai. E dalla “Angela” la merce prendeva altri orizzonti, più nobili e ricaricati nei prezzi verso società del settore conciario nelle province di Firenze, Lucca, Pisa e Prato. Erano i committenti della pelletteria di Hu, aziende importanti che avevano pure vinto appalti con il ministero della Difesa per la fornitura di articoli per uniformi, dalle fondine ad altri accessori. Le indagini hanno escluso conoscenza dello sfruttamento e responsabilità delle aziende che commissionavano i pezzi all’imprenditore cinese. La presunta avidità del titolare incrociava il bisogno degli operai. E per almeno un anno il risultato è stato quello raccontato dai lavoratori che avevano accettato la situazione nella speranza del permesso di soggiorno. «Lavoriamo dodici ore al giorno per due euro l’ora – avevano messo a verbale i pakistani -. Ma il contratto prevede quattro ore giornaliere con una retribuzione di 7, 5 euro all’ora». Hu teneva una contabilità parallela per pagare il nero ai dipendenti. E anche quando aveva saputo degli accertamenti non solo aveva continuato a sfruttare i lavoratori, impiegandoli nel capannone anche di notte, ma li avrebbe pure minacciati di licenziamento.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Primo piano
La protesta

Carrara, in migliaia allo sciopero dopo le frasi choc dell’imprenditore Franchi. La sorella di una vittima sul lavoro: «Sono qui per difendere chi non può più farlo»

di Luca Barbieri