Il Tirreno

Pistoia

Il caso

«L’Istituto storico della Resistenza è di parte» e il sindaco Tomasi finisce nel mirino: la lettera di protesta di 46 docenti


	Da sinistra Bianchi, Clemente, Galimi, Causarano e Cavaciocchi a Firenze
Da sinistra Bianchi, Clemente, Galimi, Causarano e Cavaciocchi a Firenze

Pistoia, il primo cittadino incalzato dopo le affermazioni di un consigliere comunale di maggioranza

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PISTOIA. Sicuramente Alessandro Tomasi ne avrebbe fatto volentieri a meno. Proprio ora che si attende il lancio ufficiale della sua candidatura a presidente della Regione, il sindaco si ritrova chiamato in causa da ben 46 docenti universitari, che in una lettera – spedita ieri e contemporaneamente presentata alla stampa a Firenze – gli chiedono conto delle «affermazioni infondate e offensive» espresse dal consigliere comunale di maggioranza Iacopo Bojola (Forza Italia - Amo Pistoia) sul lavoro dei ricercatori dell'Istituto storico della Resistenza di Pistoia nel corso della seduta dello scorso 12 maggio.

Dichiarazioni dalle quali nessuno della maggioranza di centrodestra, tanto meno il sindaco, prese le distanze. «Siamo preoccupati nel constatare l'allarmante attacco alla ricerca e alla didattica della storia», si legge in apertura della lettera. Il documento è firmato da 46 professori delle Università di Firenze, Siena, Pisa ma anche Roma Tor Vergata, La Sapienza, Bologna, Padova e della Calabria.

Il caso è scoppiato dopo la bocciatura della proposta del gruppo di opposizione Pistoia ecologista progressista di un progetto per fornire informazioni ai cittadini con cartelli o codici Qr sulla storia coloniale italiana ricordata nei nomi di alcune strade pistoiesi (viale Adua, via Macallè, via Tripoli), iniziativa che avrebbe dovuto avvalersi della consulenza scientifica dell'Istituto storico della Resistenza di Pistoia e dell'Università di Firenze. Nella proposta si suggeriva di dotare di adeguata cartellonistica anche la mitragliera del sommergibile della Regia Marina “Scirè”, che da alcuni anni è ospitata all’interno della Fortezza Santa Barbara. Nel dibattito, i gruppi di maggioranza si schierarono subito contro la proposta, agitando – in alcuni casi – il fantasma di una “cancel culture” come se la volontà fosse quella di cambiare nome alle strade, cosa in realtà non contenuta nella proposta.

Iacopo Bojola, capogruppo di Forza Italia - Amo Pistoia, mostrò invece di apprezzare l’idea della cartellonistica esplicativa, anche se – a suo parere – occorreva ampliare la portata dell’iniziativa a fatti e personaggi della storia complessiva della città. E, soprattutto, se l’informazione fosse stata «realmente culturale» e non affidata all’Istituto storico della Resistenza e alla Società pistoiese di storia patria. In particolare, secondo Bojola, «l'Istituto della Resistenza del momento… può essere coordinato da brave persone, ma che hanno un'impostazione culturale assolutamente non obiettiva, legittima ma non obiettiva». Aggiungendo che «ci dovrebbe essere una commissione di storici e non di personaggi che si improvvisano tali perché hanno un richiamo ideologico più che culturale, perché si parla più di ideologia che di cultura».

Nel dibattito, nessuno della maggioranza è intervenuto sull’argomento, neanche il sindaco Alessandro Tomasi, presente a tratti in aula, nonostante che la consigliera comunale Pd Antonella Cotti l’avesse invitato espressamente a farlo.

E durante le dichiarazioni di voto Bojola (unico consigliere di maggioranza a parlare) ha rincarato la dose, spiegando che l’Istituto storico della Resistenza di Pistoia è portatore di una «visione di parte, legittima ma di parte, come si vede leggendo le relazioni dell’istituto, più interessato alle attività del Pci che alle gesta di eroi della Resistenza come Silvano Fedi e Manrico Ducceschi». Al voto, cui Tomasi non partecipò, la proposta venne respinta.

E proprio da quel silenzio del primo cittadino parte la lettera dei 46 docenti, che chiedono a Tomasi «di voler chiarire la sua personale posizione come sindaco». È stato «un episodio isolato», «parole sfuggite, delle quali ci si può scusare» oppure «un vero e proprio attacco alle istituzioni di studio, di ricerca e formazione che si richiamano alla Resistenza e alla lotta di Liberazione»? «Perché, se di questo si trattasse – conclude la lettera – crediamo sia doveroso da parte nostra andare oltre una richiesta di chiarimenti e avviare invece una più ampia denuncia anche a livello nazionale».

La lettera è stata presentata ieri alla stampa a Firenze dai docenti Pietro Clemente, Roberto Bianchi, Pietro Causarano, Francesca Cavaciocchi e Valeria Galimi, presenti anche presidente e direttore dell’Istituto storico, Giovanni Contini Bonacossi e Stefano Bartolini. «Per molti di noi è stato un piccolo shock quando abbiamo ascoltato le registrazioni di quanto era stato detto», ha spiegato Pietro Clemente.

Da qui la necessità di «una richiesta esplicita al sindaco di dissociarsi da quello che era stato detto». Nessuna volontà di cancel culture sottolinea, «è l'opposto, le strade non si cambiano ma si raccontano».

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