Il Tirreno

Pistoia

Il caso

Omicidio Cini, fermato il cognato: «Alessio ucciso per soldi e bruciato mentre era ancora vivo»

di Lorenzo Carducci
Nella foto grande la zona vicino alla casa di Ferruccia, in alto a destra la vittima Alessio Cini, sotto Daniele Maiorino
Nella foto grande la zona vicino alla casa di Ferruccia, in alto a destra la vittima Alessio Cini, sotto Daniele Maiorino

Per la Procura il movente è economico, legato all’eredità della figlia della vittima. Le intercettazioni: «L’indagato parlava da solo in auto ripercorrendo l’aggressione»

20 gennaio 2024
3 MINUTI DI LETTURA





AGLIANA. Secondo gli inquirenti il movente sarebbe economico: quello di beneficiare in qualche modo dell’eredità che sarebbe spettata alla figlia 14enne della vittima, sua nipote, che abitava con lui dopo la morte del padre, riuscendo così a sistemare i propri problemi finanziari. Undici giorni di indagini alla ricerca della verità. È il tempo servito alla sezione operativa della compagnia dei carabinieri, su coordinamento della Procura della Repubblica e del sostituto procuratore Leonardo De Gaudio, a individuare Daniele Maiorino che al momento risulta l’unico indiziato come presunto responsabile dell’omicidio di suo cognato Alessio Cini, operaio tessile di 57 anni, di Prato trovato senza vita e semicarbonizzato la mattina di lunedì 8 gennaio nella corte dell’ abitazione tra Ferruccia e Ponte dei Bini, in via Ponte dei Baldi. Lo stesso tempo servito all’indagato, secondo la Procura, a incastrarsi da solo, ripetendo a se stesso in prima persona le fasi dell’omicidio con un flusso di coscienza registrato mediante intercettazione ambientale nella sua auto.

Con frasi come “L’ho colpito”, “l’ho bruciato” e così via. Daniele Maiorino, 58 anni compiuti da tre giorni e titolare di una ditta individuale nel settore degli infissi, marito della sorella dell’ex moglie di Cini nonché dirimpettaio di quest’ultimo, abita con sua moglie e sua figlia al piano terra della villetta dove al primo piano viveva l’operaio tessile assieme alla figlia. Su decreto emesso dal pubblico ministero, dal pomeriggio di giovedì l’uomo si trova in carcere in stato di fermo che entro le 12 di lunedì dovrà essere convalidato dal giudice per le indagini preliminari il quale potrà inoltre accogliere l’eventuale richiesta di applicazione di misure cautelari da parte del pm. Nel comunicato con cui ha diffuso la notizia, la Procura precisa come a carico dell’indagato siano emersi gravi indizi circa la commissione dell’omicidio volontario con l’aggravante della crudeltà e senza escludere al momento la premeditazione.

Una crudeltà evidente fin dai primi risultati dell’autopsia effettuata dai medici legali Walter Calugi e Ilaria Marradi, secondo i quali Cini sarebbe stato colpito violentemente alla testa con una spranga o con un bastone di legno – arma del delitto mai trovata – per poi subire forti calci al torace e dopo ancora essere cosparso di liquido infiammabile e dato alle fiamme. Secondo le analisi era in gravissime condizioni ma ancora vivo. «Siamo partiti prima dall’analisi delle videocamere di sorveglianza (della casa della vicina che ha chiamato i soccorsi, nda) per vedere chi in quei momenti si fosse mosso da una parte all’altra – spiega il procuratore capo di Pistoia Tommaso Coletta -. Così abbiamo escluso alcune persone e ci siamo concentrati su altre, poi dall’ascolto delle intercettazioni ambientali siamo arrivati agli elementi indiziari a carico di questa persona». «Parlava da solo ad alta voce in auto, ripercorreva le varie fasi dell’omicidio – continua Coletta – com’era avvenuto, con quali modalità, la fase dell’abbruciamento e ammetteva a se stesso di aver commesso questo fatto. Nella sua convinzione avrebbe avuto la gestione del patrimonio della nipote, erede di suo padre. Sembra che dal punto di vista economico l’uomo non stesse particolarmente bene». L’avvocata Katia Dottore Giachino di Prato, nominata legale di fiducia da Maiorino già prima dell’interrogatorio della notte tra giovedì e ieri, sottolinea la scarsa qualità dell’audio delle intercettazioni: il fermato sosterrebbe di aver detto in auto “L’hanno ammazzato”, non “L’ho ammazzato” e l’assenza dell’aggressione nei filmati delle videocamere. Aggiunge poi che il suo assistito nega ogni accusa. «Lui imputa a terzi la responsabilità di quest’omicidio e si ritiene innocente – spiega la difesa di Maiorino -. Ha riferito che all’ora dell’aggressione si trovava in casa, stava dormendo e si è svegliato solo quando il cane ha abbaiato ai soccorritori».

Smentisce inoltre sia il movente ereditario sia di essere alle prese con problemi economici irrisolvibili: «Come tutti gli artigiani ha ammesso l’alternanza tra buoni momenti e altri di mancanza di momentanea liquidità – puntualizza l’avvocata – ma non per importi enormi».


 

Primo piano
La tragedia: la ricostruzione

Rogo al poligono di Galceti, le vittime hanno provato a domare le fiamme con l’estintore: chi sono, cos’è successo e le testimonianze

di Paolo Nencioni