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Pistoia

Berti fa sussultare i referendari

Berti fa sussultare i referendari

Ciampolini: parole incredibili. Bruni: capisco ma non concordo

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PISTOIA. «È una cosa incredibile che ci siano sindaci del Pd che fanno queste affermazioni» esclama Giuliano Ciampolini, del Comitato "Due Sì per l'acqua bene comune". «Comprendo le preoccupazioni di Renzo Berti, ma non le condivido» commenta Paolo Bruni, segretario comunale del Pd, convinto assertore dei "quattro sì convinti e decisi" ai referendum del 12 e 13 giugno, in linea con le posizioni nazionali del suo partito.  Non sono passate inosservate, insomma, le dichiarazioni del sindaco Renzo Berti a "Il Tirreno" sui referendum per l'acqua pubblica. Al sì al primo quesito, quello sulle modalità di affidamento del servizio, Berti affianca un "no" nella seconda scheda, quella che mira ad abolire la remunerazione del 7% del capitale investito nelle società dell'acqua. Sulla stessa linea del sindaco di Firenze Matteo Renzi e di alcuni altri primi cittadini (Sesto San Giovanni e Borgo San Lorenzo, ad esempio), ma in contrasto con le scelte del presidente della Regione Enrico Rossi e soprattutto del partito a livello nazionale, schierato compattamente per tutti sì.  Non solo: Berti ha anche spiegato che senza la remunerazione del capitale garantita dalle risorse provenienti dalle bollette, rischiano di rimanere sulla carta interventi importanti come la ristrutturazione del bacino di Gello, un'opera pubblica attesa da decenni a Pistoia per garantirsi autosufficienza idrica. «Per rifare l'invaso - ha detto Berti - occorrono trenta milioni. Chi ce li dà? Il rischio è che se si cancella la remunerazione del capitale non diminuirà il costo delle bollette e avremo meno acqua dai rubinetti».  Ma l'assunto che si debbano caricare sulle bollette i costi degli investimenti è proprio uno di quelli nel mirino dei referendari. «La verità - ribatte Ciampolini - è che questo sistema non funziona. Lo dimostra proprio Publiacqua: i maggiori investimenti sono stati fatti dal 2000 al 2006, quando nel capitale dela spa non c'erano altro che gli enti pubblici. Da quando, nel 2006, nell'azionariato sono entrati Acea (l'azienda dell'acqua del Comune di Roma, ndr) ed attraverso di essa privati come Caltagirone e il Monte dei Paschi, l'entità degli investimenti è diminuita. Invece nella tariffa va computato solo il costo del servizio e gli interessi sugli investimenti. Il loro costo va invece riversato sulla finanza pubblica. Si trovano soldi per fare le autostrade, i ponti di Messina, le missioni militari, perché non per l'acqua? Comunque il sì al referendum non metterà a repentaglio Gello: semplicemente, se vincono i sì ci sarà un vuoto legislativo che dovrà essere colmato».  Invece Paolo Bruni non nega che il problema sollevato da Berti un qualche fondamento ce l'abbia. «Ma non credo ci sia il rischio concreto di non fare una struttura come Gello. Ci sono interpretazioni diverse, rispetto a quella del sindaco, di una vittoria dei sì. Penso alla proposta di legge che ha annunciato il presidente della Regione Rossi, che dovrebbe coinvolgere i cittadini nel capitale di queste società. In ogni caso dopo la vittoria del referendum sarà comunque necessaria una legge e se il Pd a livello nazionale si esprime con 4 sì, avranno in mente una soluzione anche a questo problema».

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