Pisa, si ammala sul lavoro per l’amianto: Inail condannata a pagare indennità e arretrati
L’Istituto chiamato in causa da un operaio di una vetreria
PISA. Per anni ha lavorato il vetro, in aziende diverse, ma sempre a contatto con l’amianto. E quando ha scoperto di essere malato il pensiero è andato proprio al periodo che lo ha visto esposto al materiale altamente pericoloso per la salute. Del resto la patologia a questo faceva pensare: un carcinoma uroteliale bilaterale. Eppure per l’Inail, al quale si era rivolto per ottenere l’indennità, tra il suo lavoro e la patologia non c’era una connessione. Così è servito un percorso giudiziario concluso pochi giorni fa: il Tribunale di Pisa ha condannato l’Inail ala riconoscere la rendita per malattia professionale e a pagare gli arretrati. A muovere l’azione legale contro Inail, con l’assistenza legale dell’avvocato Ezio Bonanni, un uomo di 73 anni residente a Pisa al quale, nel 2015 era stato diagnosticato il carcinoma uroteliale bilaterale. Patologia per la quale è stato sottoposto a due interventi chirurgici invalidanti. L’operaio, che dal giugno del ’71 aveva svolto le mansioni di magazziniere, movimentando materiali in amianto e in eternit, ed ancora dal ’74 al ’79, aveva lavorato in siti nei quali l’amianto era interposto tra le strutture metalliche e i manufatti di vetro. A fronte del no di Inail alla richiesta di una rendita si è rivolto all’Osservatorio Nazionale Amianto e al suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, che è riuscito a vincere il ricorso dimostrando il nesso di causalità tra l’esposizione all’asbesto e la malattia ed ha ottenuto anche circa 500mila euro di arretrati. Il tribunale con il giudice del lavoro, Rossana Ciccone, contrariamente a quanto sostenuto da Inail, ha riconosciuto una invalidità del 70% all’operaio condannando quindi l’Istituto a corrispondere la rendita, accogliendo le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio. «La sentenza è storica, l’amianto è stato ritenuto killer anche per i tumori delle vie urinarie, le sue fibre sono state ritrovate nelle urine dei lavoratori e nei carcinomi che hanno colpito l’operaio» conclude Bonanni. l