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L’ex bomber Padovano assolto dopo 17 anni: «Un calvario iniziato con dei soldi prestati a un amico di infanzia»

L’ex bomber Padovano assolto dopo 17 anni: «Un calvario iniziato con dei soldi prestati a un amico di infanzia»

L’ex attaccante di Pisa e Juventus scagionato dall’accusa di traffico di droga: «Oggi il buio se n’è andato via, mi si è scaldato il cuore e sono scoppiato a piangere»

02 febbraio 2023
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PISA. Assolto definitivamente dopo diciassette anni. È quanto stabilito dalla sentenza del processo d’Appello bis a carico dell’ex bomber nerazzurro Michele Padovano, attaccante che ha giocato – tra le altre squadre – nella Juventus, nel Napoli e nel Genoa. Nel 1990 l’attaccante fece il suo esordio in Serie A con il Pisa, mettendo a segno 11 reti in 30 partite. Nel tempo ha vestito anche la maglia della Reggiana fra il 1993 e il 1995. Padovano è stato assolto a Torino dall’accusa di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Nel 2006, l’ex bomber – oggi 56enne e all’epoca direttore generale dell’Alessandria – era stato coinvolto in una vasta inchiesta della procura di Torino su un traffico di hascisc. In primo grado l’accusa aveva chiesto 24 anni. La Cassazione aveva poi annullato con rinvio la condanna a sei anni e otto mesi rimediata in Appello. La nuova sentenza nell’Appello bis, che ha scagionato definitivamente l’ex calciatore da ogni accusa, dopo un’odissea durata diciassette anni.

«Siamo davvero felici che l’esame approfondito della Corte d’Appello abbia finalmente restituito a Padovano la propria dignità e la propria vita – il commento degli avvocati difensori, Michele Galasso e Giacomo Francini – . Non abbiamo mai dubitato dell’innocenza del nostro assistito, che ha avuto la forza di continuare a credere nella giustizia pur in una vicenda così lunga, complicata e travagliata». Un’odissea che lo stesso Padovano aveva raccontato in un’intervista a Tuttosport, proclamando la sua innocenza: «Mi hanno arrestato quando ero il direttore generale dell’Alessandria. Subito ho pensato che si trattasse di “Scherzi a parte”. Poi, per i modi e i tempi che si allungavano ho capito che non era così. Ma non capivo». Dopo una perquisizione domiciliare, «alle 4 del mattino mi trasferiscono nel carcere di Cuneo in isolamento, dove resto 10 giorni. Non ho visto l’aria, il cielo, non ho fatto una doccia: c’era una turca e un lavandino. Mangiavo una mela. Poi nel carcere di Bergamo, reparto speciale».

Comincia l’agonia dei domiciliari e dell’obbligo di firma: «Sono finito nell’indagine perché ho prestato 36mila euro a un amico di infanzia che mi disse che gli servivano per acquistare un cavallo. In quello stesso periodo poi lui faceva anche altro ma io non c’entravo nulla con le sue altre attività».

L’ex bomber ha commenta la decisione dei giudici: «Sedici anni fa un clic ha spento la luce nella mia vita. Oggi il buio se n’è andato via, sono rimasto quasi accecato, mi si è di nuovo scaldato il cuore e sono scoppiato a piangere. Ringrazio la giustizia, i miei avvocati, mia moglie, mio figlio e quanti mi hanno creduto». 

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