Il Tirreno

L’inchiesta

Piombino, truffa delle finte caparre: due arresti e quattro denunce – I nomi e le accuse

di Claudia Guarino

	Truffa delle finte caparre: l'indagine della squadra mobile di Livorno (foto d'archivio)
Truffa delle finte caparre: l'indagine della squadra mobile di Livorno (foto d'archivio)

Gli indagati si sarebbero presentati come intermediari per le aste intascando quasi un milione di euro. Ai domiciliari un 54enne di Piombino e un 31enne di Venturina: chiesto il riesame

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PIOMBINO. Si sarebbero presentati come intermediari immobiliari e, sostenendo di supervisionare le procedure per l’acquisto di edifici all’asta giudiziaria, sarebbero riusciti a farsi consegnare centinaia di migliaia di euro di caparre. Salvo poi impiegare questi soldi per supportare fatture false e per una serie di lussuosi acquisti.

Gli arrestati e le accuse

È secondo questa ricostruzione dei fatti – resa possibile attraverso le indagini della Squadra mobile della questura livornese – che qualche giorno fa la polizia, eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare disposta dal giudice, ha arrestato il 54enne piombinese Giovanni Gerbasi e il 31enne venturinese Simone Giannini. Accusati di truffa, auto riciclaggio (il secondo) e riciclaggio (il primo), sono entrambi stati posti agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. Altre quattro persone della zona sono inoltre indagate a piede libero per favoreggiamento nell’ambito della stessa inchiesta. Ma andiamo con ordine.

Come agivano

Le indagini della Squadra mobile, coordinate dal sostituto procuratore Massimo Mannucci, sono iniziate nell’ottobre del 2024 dopo le denunce presentate da due cecinesi. I malcapitati, nello specifico, hanno raccontato alla polizia che alcuni intermediari immobiliari, così quanto meno si erano presentati, prospettando l’acquisto di immobili di prestigio in aste giudiziarie avrebbero chiesto e ottenuto somme di denaro – in contanti o tramite bonifici bancari – a titolo di acconti, caparre o diritti di registrazione degli immobili.

Le denunce

Ma i cecinesi, non ottenendo riscontro dopo il versamento delle somme, hanno iniziato a sospettare di essere state raggirate e temendo che, in realtà, quel denaro non fosse stato utilizzato per le procedure d’acquisto, si sono rivolti alla polizia, sporgendo denuncia. I poliziotti della Squadra mobile, indagando sui flussi di denaro, hanno reperito elementi per collegare i due arrestati all’impiego di oltre 800mila euro in operazioni fiscali di vario genere supportate – questa è l’accusa – anche da fatture false e in acquisti di autovetture di lusso poi rivendute. Nel corso di una serie di perquisizioni, effettuate a Piombino e a Venturina, i poliziotti del commissariato di Piombino e gli agenti della mobile hanno sequestrato, oltre a due auto di lusso, vari documenti e telefoni cellulari scoprendo, così facendo, una terza vittima.

La richiesta del riesame

Tutti questi elementi sono stati poi posti all’attenzione del giudice che ha disposto gli arresti domiciliari per i due indagati sulla base del pericolo di reiterazione del reato. I legali degli indagati (l’avvocato Diego Innocenti per Giannini e l’avvocato Franco Ciullini per Gerbasi, entrambi del foro di Grosseto) hanno d’altra parte chiesto il riesame della misura, che sarà discusso nei prossimi giorni a Firenze. «Le condotte contestate – dice l’avvocato Innocenti – risalgono al 2024 e si ritiene che la misura disposta sia fuori tempo massimo». Dato il tempo trascorso, dunque, secondo la difesa non ci sarebbero più le esigenze cautelari che motivano l’arresto. «Preciso inoltre – aggiunge il legale – che la misura non è collegata alla presunta truffa, ma all’accusa di auto riciclaggio e a quella di riciclaggio».

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