Ingannata da un italiano e uccisa dai nazisti: il nipote dovrà essere risarcito
La verità sull’eccidio di Valla e il tradimento che costò la vita a Giorgetta Pigoni
FIVIZZANO. La uccisero i tedeschi, ma fu un italiano a tradirla. Usandola come merce di scambio per salvare i suoi familiari. Si chiamava Giorgetta Pigoni, aveva 24 anni e con la cugina Beppina Gerini, 17enne, fu tra le vittime dell’eccidio di Valla: una rappresaglia durata dal 17 al 19 agosto 1944 ordinata dal maggiore delle Ss Walter Reder che alla fine lasciò sul campo 159 morti. L’ordine era di uccidere dieci italiani per i 16 tedeschi ammazzati qualche giorno prima dai partigiani.
Per una vita il fratello di Giorgetta, Leo Pigoni ha lottato per la memoria della sorella a cui è dedicata, insieme con la cugina, una piazza a Ceserano. Morto nel 2016 a coltivare il ricordo e non solo ci ha pensato il figlio. Come nipote della vittima dell’eccidio ha intentato una causa alla Germania e il Tribunale civile di Genova gli ha riconosciuto circa 140mila euro di risarcimento. Soldi che, una volta passata in giudicato la sentenza, potranno essere liquidati dal fondo per il ristoro istituito presso il ministero dell’Economia e delle finanze. Finora le decine di condanne inflitte allo Stato tedesco per la responsabilità dell’esercito del Terzo Reich nelle rappresaglie post armistizio dell’8 settembre 1943 sono rimaste sulla carta. Ma il verdetto resta un punto fermo nel futuro duello a distanza con la Germania.
«La morte della signora si colloca nel contesto della strage che ha registrato l’uccisione di almeno 103 (centotre) persone – in prevalenza donne, anziani e bambini, abitanti di San Terenzo uccisi in massa a colpi d’arma da fuoco in Valla nel primo pomeriggio del 19 agosto 1944, ad opera di militari tedeschi» si legge nella sentenza. Pacifico il fatto storico accertato anche con gli atti del processo che si è tenuto al Tribunale militare di Roma e con la consulenza di uno storico. Quello che è stato riconosciuto è il danno iure hereditatis. In sostanza il danno parentale subìto da Leo Pigoni per la perdita della sorella viene “ereditato” dal figlio, nonché nipote di Giorgetta.
A ucciderla a colpi di mitra furono i tedeschi al comando di Walter Reder, il boia di Marzabotto (760 vittime) . Ma il responsabile della morte di quelle due vite innocenti fu un italiano. Giorgetta e la cugina Beppina quel pomeriggio del 19 agosto 1944 mentre prendevano acqua alla fontana del paese, furono raggiunte da un signore di mezz’età, descritto come basso e tarchiato. Era il direttore di un ente pubblico a Fivizzano. Chiese alle due giovani se potevano aiutarlo a portare alcune valigie perché doveva raggiungere la moglie malata in un podere vicino. Con quella scusa lo seguirono da Ceserano fino alla fattoria di Valla, nelle campagne di San Terenzo Monti. Per effetto della rappresaglia innescata dall’uccisione di 16 tedeschi in quelle ore erano decine gli ostaggi. Tra questi anche i familiari e i prossimi congiunti del direttore. L’uomo con l’inganno portò le due giovani ai tedeschi chiedendo la liberazione dei suoi cari: la moglie, la nipote che teneva fra le braccia una bambina di appena un mese e i due cognati. Secondo quanto riportato nei resoconti dell’epoca l’ufficiale nazista sarebbe stato irremovibile: «Camerata, tu ne hai portato due e due te ne faccio prendere, scegli, hai pochi minuti...». Il direttore indicò la figlia e la nipotina. Giorgetta e Beppina vennero prese dai tedeschi. Dopo circa un’ora le raffiche di mitra chiusero l’ultima giornata di sangue dell’eccidio. l