Il Tirreno

Santucci: se si va avanti così, le aziende dovranno licenziare

di Massimo Braglia
La stretta di mano tra Fabrizio Santucci e la sindaca Serena Arrighi al forum del Tirreno dello scorso mese e, a destra uno scorcio delle cave
La stretta di mano tra Fabrizio Santucci e la sindaca Serena Arrighi al forum del Tirreno dello scorso mese e, a destra uno scorcio delle cave

Troppe norme contro le imprese, la produzione si dimezzerà

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CARRARA. «O resettiamo, e si ridiscute di tutto, oppure la strada è segnata: le imprese del marmo saranno costrette a licenziare, nel giro di poco tempo: non sto parlando certamente di quelle quattro-cinque che hanno materiali pregiati e che riusciranno comunque a stare sul mercato, ma la stragrande maggioranza andrà in difficoltà».

Fabrizio Santucci, presidente del gruppo lapideo di Confindustria, torna a intervenire sui temi d’attualità del settore. Nei giorni scorsi aveva bollato come “sballati” i nuovi valori dei materiali escavati presi come base per il calcolo della tassazione adesso la sua riflessione è complessiva e parte da un assunto: «Sono seriamente preoccupato», spiega al cronista.

«Al di là dei valori del marmo con quotazioni che sono totalmente sballate e lo dimostreremo, è la somma di tutto quello che succede che mi preoccupa in prospettiva. Da una parte abbiamo un mercato che si è contratto, anche del 20-30 per cento, e non ci sono prospettive di ripresa per il 2025; dall’altra abbiamo la legge 35 della Regione, che con i suoi paletti, lo sappiamo, rallenta di parecchio le produzioni al monte: per cui se eravamo alcuni anni fa a un milione e duecentomila tonnellate, adesso siamo a 600mila, ma io mi aspetto che nei prossimi due o tre anni si passi addirittura scendere alla soglia delle trecentomila tonnellate».

Non le sembra un’esagerazione?

«Lo vedremo, ma secondo me no, perché comunque tutto ormai è un problema, non è il singolo fatto che costringerà le imprese a rallentare, è la combinazione di diversi elementi che abbiamo a sfavore che faranno sì che le produzioni diminuiranno. E questo cosa vuol dire? Che per far tornare il conto economico le imprese dovranno non assumere ma licenziare, perché in un’azienda il costo maggiore è quello del lavoro. Sono riflessioni mie, che ho messo insieme semplicemente con carta e penna, partendo da dati di fatto. E purtroppo non credo di sbagliarmi, i numeri sono quelli. E alla fine la legge regionale 35 otterrà l’opposto di quello che doveva essere l’obiettivo, quindi non maggiore occupazione e sviluppo del territorio, ma perdita di posti di lavoro».

Ricorda ancora: «La legge ti impone: il 50% in loco, la lavorazione degli informi, e ne abbiamo già parlato, non sono argomenti e imposizioni sostenibili. Non mi riferisco, sia chiaro, alle aziende più solide, quelle poche che hanno materiali di pregio, perché quelle continueranno sempre ad operare, ma alle altre, soprattutto le più deboli e che non hanno marmi così appetibili sul mercato; non si può lavorare, come succede in alcuni casi, per un margine di cinque euro a tonnellata, succederà che qualcuno cercherà di riquadrare solo i marmi migliori da segare, e il resto lo lascerà lì, sul monte. E questo significa tonnellate in meno, meno lavoro sul territorio, perdita di posti. Parliamoci chiaro su un bilancio di un'impresa quello che pesa di più è il costo del lavoro, che incide per circa il 70%, ed alla fine, ribadisco, sarà quella la voce su cui andranno a incidere».

La soluzione?

«Secondo me bisogna ripartire da zero e rivedere tutto. Così non si può andare avanti. La Regione e il Comune decidono, noi subiamo: non può funzionare così, non possiamo subire. Altrimenti non si va avanti. È inutile, insisto, che ce la vogliamo raccontare su quelle quattro imprese che hanno marmi importanti e che vivono il periodo d’oro, ma le aziende sono tante, al monte e al piano, il mercato è fermo, e vedrete che purtroppo avrò ragione io nel giro di tre anni. Quindi secondo me la soluzione è tornare al tavolo, ma ragionare in maniera diversa, non si può riprendere la discussione su informi, valori medi e sui temi su cui si è già discusso. Quello che serve secondo me è un discorso complessivo, concertato tra Regione, Comune e imprese, in cui ripartire da zero e discutere davvero su tutto. Quello che sarà deciso d’ora in poi, questa è la mia convinzione, dovrà essere nel senso di programmare un’economia che sia sostenibile per le aziende, per l’ambiente e per il sociale. Bisogna considerare tutti gli elementi in campo, non uno solo. Una concertazione in cui leggere nei dettagli anche i numeri delle imprese, tutte le voci di bilancio, considerare anche i momenti difficoltà. Se i numeri non stanno in piedi, ribadisco che per molte aziende la strada sarà solo una: tagliare i posti di lavoro. Dobbiamo ragionarci ora prima che sia troppo tardi, questo è il mio appello».

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