Carrara, carabiniere accusato di aver molestato i dipendenti del bar di famiglia. L’accusa chiede la condanna
La pm chiede 3 anni e 6 mesi, una delle vittime era minorenne all’epoca dei fatti
CARRARA. Tre anni e sei mesi di reclusione. Questa la pena richiesta dalla procura per il carabiniere originario di Massa Carrara, ma in servizio nello spezzino (oggi sospeso), accusato di violenza sessuale nei confronti di quattro dipendenti del bar di famiglia, di cui una all’epoca dei fatti minorenne.
Secondo la procura, l’uomo avrebbe ripetutamente palpeggiato le ragazze (rappresentate dagli avvocati David Cappetta e Luca Pezzica) dietro al bancone e le avrebbe anche insultate davanti ai clienti.
I fatti risalirebbero a sette anni fa. Le dipendenti si erano confidate dapprima con lo zio di una di loro, anche lui carabiniere. Avevano parlato di molestie continue. Ma sarebbe stato un episodio a spingerle a parlare anche agli inquirenti. Un episodio emerso anche in aula. Un pomeriggio, una delle ragazze stava pulendo il wc, quando il militare si sarebbe affacciato sulla porta per usare la toilette. Alla richiesta di attendere qualche minuto lui si sarebbe spogliato. Alle attenzioni morbose si aggiungerebbero poi – secondo l’ipotesi accusatoria – insulti e commenti sgradevoli.
Secondo la pm, Elena Marcheschi, le quattro ragazze sono «attendibili». Hanno, dice in aula, «raccontato in modo preciso i fatti». Le incongruenze «sono minime e dipendono dalla distanza dall’accaduto. Inoltre, quando si tratta di condotte reiterate, è difficile collocarle perfettamente nel tempo». E non c’è dubbio, secondo la pm, che il comportamento del carabiniere nei confronti delle quattro ragazze si qualifichi «come reato» e, in particolare, come violenza sessuale. «Basta invadere e compromettere la libertà sessuale di una persona – ha ribadito in aula il magistrato, citando diverse sentenze della Cassazione sul tema -. La costrizione sta nell’insidiosità, nella repentinità. La persona offesa non può esprimere un dissenso o difendersi».
Nel formulare la richiesta della pena, la pm ha premesso di non ritenere «eccepibili le circostanze attenuanti generiche». Tuttavia ritiene («a fatica», dice) che «il comportamento possa rientrare nell’ipotesi attenuata di minore gravità». Questo è dovuto al grado di «intrusione nella sfera sessuale». Tuttavia crede che la pena non possa essere ridotta dei due terzi (il massimo consentito) per diversi motivi: «Per la ripetitività, per il fatto che l’imputato appartiene all’Arma dei carabinieri, per la differenza di età».
Da qui la richiesta di tre anni e sei mesi. Mercoledì pomeriggio, l’avvocato difensore Riccardo Balatri ha iniziato la sua arringa partendo da una contestazione sull’incidente probatorio che, a detta sua, non sarebbe stato svolto a regola d’arte e avrebbe compromesse lo svolgimento del processo. «Il mio cliente era chiuso in una piccola stanza con la porta leggermente aperta – ha detto – e non poteva parlare con il suo avvocato». Inoltre il giudice non ha «ammesso una domanda che era l’unica domanda che si doveva fare. E cioè per quale motivo una delle dipendenti è tornata a lavorare al bar». Il collegio ha rinviato l’udienza a novembre per consentire al difensore di concludere l’arringa.