Il Tirreno

Illeciti alle cave, altri cinque indagati

di Melania Carnevali
Illeciti alle cave, altri cinque indagati

La maxi inchiesta della Procura e della Forestale partita a Carrara si sposta a Massa nei bacini di Valsora e Madielle

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MASSA. Marmettola non smaltita, boschi spariti per far spazio ai ravaneti, corsi d’acqua seccati per sempre. C’è questo, e molto altro, al centro dell’inchiesta sugli illeciti ambientali coordinata dalla Procura, che da Carrara (dove è partita) si è adesso spostata oltre Foce, a Massa, facendo salire gli indagati a quattordici. Cinque, infatti, gli imprenditori del marmo iscritti nel registro degli indagati in questa fase dell’inchiesta, la terza da quando è iniziata nel maggio scorso, dopo i primi controlli a Miseglia e a Torano (entrambe a Carrara). Nel mirino della giustizia, come già scritto dal Tirreno, sono finite altre cinque cave, una a Carrara e quattro a Massa, dove gli agenti del corpo forestale hanno fatto sopralluoghi e sequestrato documenti.

Sono la cava Canal Bianco della Escavazione Marmi Canalbianco Alto srl di Franco Barattini, a Torano, cava Madielle Marianna, il cui concessionario è la Pellerano Marmi srl (la ditta esercente però è la Ideat Marmi di Marco Ricci), cava Madielle di Giovanni De Angelis, cava Valsora Palazzolo, il cui concessionario è Turba Cava Romana srl di Giorgio Turba, cava Valsora di Giuliano Angeloni. Proprio quest’ultima è tempo al centro di una lunga battaglia ambientale per la scoperta, in quella zona, di un’oasi di rarissimi tritoni alpestri apuani. La cava è infatti rimasta inattiva fino al 2010: negli anni di inattività la pioggia, depositandosi sul fondo impermeabilizzato (per inciso: impermeabilizzato dalla marmettola), ha formato un laghetto, proprio nel piazzale di cava, che è stato colonizzato dai tritoni. A dicembre la commissione paesaggio del Comune di Massa ha espresso, anche per questo, parere negativo alla proroga della pronuncia di compatibilità ambientale (Pca) per il progetto di escavazione della cava. In altre parole: la cava potrebbe chiudere.

Ma il problema, per chi indaga, non è, o non è solo, il tritone. Al centro della maxi inchiesta ci sono accertamenti in campo paesaggistico, idraulico e di gestione di rifiuti. «L’apertura di un registro di indagati - fa sapere il procuratore capo, Aldo Giubilaro - è solo un atto dovuto che ci permette di indagare. Non è detto che a fine indagine gli indagati siano le stessi della fase iniziale».

Intanto è già in fase di conclusione la prima fase dell’inchiesta, quella a Miseglia «dove è chiara la natura degli illeciti ambientali», fa sapere il comandante provinciale della Forestale, Carlo Chiavacci, «in alcuni casi -aggiunge - preoccupanti». A partire proprio dalla gestione della marmettola, lo scarto di lavorazione del marmo che continua a finire inesorabilmente nei nostri corsi d’acqua, andando a gravare, peraltro, anche nelle tasche dei cittadini con i costi maggiorati della depurazione delle acque. Stando alle indagini la quantità di marmettola prodotta non coincide con quella smaltita in discarica. Poi ci sono i ravaneti, ossia i pendii dove si accumulano i detriti delle cave, non più permessi perché una delle cause del dissesto idrogeologico nel territorio. Gli imprenditori del marmo (generalizzando) hanno sempre sostenuto che fossero tutti storici, in altre parole vecchi, non alimentati da anni. E invece no: grazie ai rilievi laser scanner e a quelli aerei della Regione Toscana, la Guardia forestale ha potuto accertare che alcuni di loro, negli ultimi anni, sono cresciuti, sia in altezza sia in larghezza. Ma non finisce qui, perché si scopre adesso che alcuni ravaneti sono stati realizzati al posto di boschi, aree vincolate dalla legge Galasso, e di corsi d’acqua, adesso spariti sotto i detriti, aree appartenenti al demanio idraulico. In entrambi i casi servivano autorizzazioni paesaggistiche di cui però non c’è traccia. Quindi nonostante il reato iniziale (quello di aver creato vere e proprie discariche in aree vincolate) sia prescritto, persiste perché nessuno ha mai provveduto a mettersi in regola.

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