La Regione chiude le cave nel Parco Apuane

La Regione chiude le cave nel Parco Apuane

Il presidente del Parco Alberto Putamorsi dice no: a rischio 1.500 posti di lavoro

16 febbraio 2014
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MASSA. Le attività di cava all’interno del Parco delle Alpi Apuane chiuderanno i battenti. Se non tutte, quasi. È quanto scritto, in sostanza nel nuovo Piano paesaggistico della Toscana, appena approvato dalla giunta regionale guidata dal presendente Enrico Rossi in cui è inserito un vincolo di non poco conto: abolire le aree estrattive all’interno dei parchi. O per essere più precisi: fermare tutte le escavazioni che sono in pieno nella zona parco, completamente circondate dall’area tutelata, e non confinanti con l’area contigua di Parco. Dunque, per quanto riguarda il Parco delle Alpi Apuane, quasi l’unico della Regione interessato da questo vincolo, si tratterebbe dell’80% delle cave, delle circa 45 attive. E a fare le spese di questa scelta, passata sul tavolo della giunta regionale (lo scorso 17 gennaio), ma che prima di diventare esecutiva deve essere approvata del consiglio regionale, sarebbero anche tutti i siti di marmo (sempre all’interno del Parco delle Apuane) di Massa, di Fivizzano, parte di quelli di Carrara e praticamente tutti quelli dell’Alta Versilia, dove si salverebbero solo le Cervaiole e il comprensorio dell’Altissimo.

Dovrebbero invece chiudere le cave della valle di Arni e del monte Corchia. Ovviamente la chiusura avverrebbe in modo graduale.

Ma il fronte del no alla chiusura “indiscriminata” delle cave è pronto a dare battaglia. Ed è lo stesso presidente del Parco, Alberto Putamorsi, a criticare senza mezzi termini la proposta del Piano paesaggistico. «Se fosse approvato dal Consiglio e dovessimo interpretare in maniera rigorosa e immediata quel vincolo – calcola – circa 1500 famiglie rimarrebbero senza magiare, considerando le 500, 600 persone che lavorano direttamente nelle cave e la filiera annessa. Il Parco – spiega - non si assumerà questa responsabilità e chi se la assumerà commetterà un errore».

C’è ancora un po’ di tempo, forse tutto l’anno, prima che il Piano passi al vaglio del consiglio, e Putamorsi spera che questi mesi servano per «curare in maniera dettagliata tutti gli aspetti, riducendo l’impatto che questo provvedimento avrebbe così com’è». Una piccola modifica c’è già stata in questi giorni. Nella prima bozza del Piano paesaggistico era stato inserito anche un secondo vincolo: vietato scavare sopra i 1.200 metri di altezza. Poi questo paragrafo è sparito dal testo attuale e il comprensorio delle Cervaiole, oltre i 1200 metri, se l’è scampata.

«Paradossalmente, il Piano allo stato attuale permette di salvare una cava impattante come quella delle Cervaiole» commenta Putamorsi. E il problema per il presidente sta nella logica in cui è stata pensata. «Se ci sono cave dannose a livello paesaggistico, e ci sono, l’ho sempre detto, ad esempio la Padulello Biagi, Casola, e la Focolaccia, bene esse vanno eliminate. Anche se ammetto che non sia facile far cessare le attività. Altra cosa è chiudere dei siti sulla base di un criterio astratto: è incomprensibile e sono contrario, ci vuole una verifica sul sito».

Secondo Putamorsi la Regione ha anche tradito i principi fondativi del Parco che «nasce con un patto tra le comunità locali e la Regione – spiega il Presidente - e il governo dell’area tutelata deve essere fatto in modo congiunto. Invece c’è stata un’azione unilaterale: stanno dettando le regole senza consultarsi con gli enti locali e il territorio».

Tiziano Baldi Galleni

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