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Lucca, doping nel ciclismo: processo flop con 12 prescrizioni
L’indagine partita nel 2017 con la morte del giovane Rumsas
LUCCA. Sono passati più di otto anni, da quel 2 maggio 2017, il giorno in cui il cuore di Linas Rumsas, 21enne ciclista figlio dell’ex professionista lituano Raimondas, cessò di battere. Da quella morte sospetta scaturì una maxi inchiesta della procura di Lucca che nel febbraio dell’anno successivo portò a sei arresti e a una ventina di indagati. L’ipotesi di reato era pesante: associazione a delinquere "finalizzata a commettere delitti in materia di doping così da alterare le prestazioni agonistiche". Secondo gli inquirenti giovani e promettenti ciclisti venivano motivati all’utilizzo di sostanze dopanti – Epo, ormoni della crescita e antidolorifici a base di oppiacei – da dirigenti e preparatori di una squadra ciclistica locale, la Gran Fondo del Diavolo, all’epoca presieduta da Luca Franceschi.
L’inchiesta sollevò un polverone e su di essa la Procura investì tempo e risorse. Eppure, ieri tutto il lavoro di indagine si è concluso con un nulla di fatto. La giudice Nidia Genovese, presidente del collegio giudicante, ha pronunciato sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti dei 12 imputati. Ricordiamoli: si trattava di Narciso Franceschi e della moglie Maria Luisa Luciani, nella cui abitazione – secondo la prospettazione dell’accusa rappresentata dal pm Salvatore Giannino, ieri presente in aula – avveniva la somministrazione delle sostanze dopanti ai giovani atleti reclutati nella squadra dal figlio Luca Franceschi (che in precedenza aveva patteggiato una pena di due anni). A giudizio c’erano anche i familiari di Linas Rumsas: il padre Raimondas, ex professionista e terzo al Tour de France del 2002, e l’altro figlio, il fratello maggiore di Linas, Raimondas Junior, in passato già squalificato per doping. Secondo la procura i due si sarebbero prestati ad acquistare le sostanze dopanti. Tra gli imputati anche Michele Viola, ex preparatore atletico della Gfdd; e poi Stefano Del Carlo, ristoratore e ciclista amatoriale; Matteo Alban e Francesco Di Felice, all’epoca giovani ciclisti della Gfdd; Francesco Cittadini, ciclista amatoriale; Giovanni Petroni, corridore arrivato nei professionisti; i fratelli Colonna, Yuri e Nico, entrambi ciclisti. Tra i legali Stefano Del Corso, Giordano Marescalchi, Muriel Petrucci.
Procedimento chiuso, dunque, anche se è doverosa una precisazione: la sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dichiara l'estinzione del reato perché è trascorso il tempo previsto dalla legge senza che sia stata emessa una sentenza definitiva. Questo non equivale a un'assoluzione per il merito della questione, ma semplicemente al fatto che lo Stato non è stato in grado di concludere il processo entro i termini stabiliti dalla legge.
Giustizia lenta, dunque. Al di la del merito, è un esito che lascia perplessi per come è maturato. Del resto, dopo le conferenze stampa e i provvedimenti cautelari (procuratore capo Pietro Suchan, indagine condotta dalla squadra Mobile), l’inchiesta si era poco a poco sgonfiata, fino quasi ad arenarsi. Tra questioni preliminari, unificazioni delle posizioni in unico procedimento, eccezioni delle difese, il rinvio a giudizio dei 12 imputati è arrivato solo a febbraio del 2024, sette anni dopo il fatto. E la prescrizione ha fatto il resto. l